Ancora una volta. Il maschilismo non dorme mai. Travestito, spesso traghettato da donne in modo inconsapevole, ma mai domo. Non bastano le cronache grondanti il sangue di femminicidi, non sono sufficienti gli episodi di cyberbullismo, di voyerismo telematico, di gogna mediatica e di odiatori fobici, il sessismo mira alle rappresentanze femminili di pregio: le donne e le istituzioni. Già, perché se una donna tra le mura domestiche va “posseduta”, fuori casa non va rispettata, ma vilipesa, sbeffeggiata, confutata e sminuita. Studi psicologici hanno osservato il rapporto sperequato nell’attenzione dedicata ad interlocutori di genere diverso durante riunioni d’affari, la valutazione opposta di medesime attitudini presenti in collaboratori e collaboratrici, percorsi di carriera non rispettosi delle diverse abilità. E quando non bastano i numeri ad attestare l’evanescente presenza femminile, giungono le pressioni sulla sparuta rappresentanza.
L’epoca moderna all’insegna della partecipazione democratica, si è dotata di principi universalistici di uguaglianza. L’art.3 della nostra Carta costituzionale sancisce la pari dignità sociale e l’uguaglianza di fronte alla legge, garantendo a ciascuno il pieno sviluppo dei propri talenti ed inclinazioni. A distanza di 70 anni questo articolo è ancora disatteso. Gli ostacoli che dovrebbero essere rimossi all’effettiva partecipazione delle donne all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese, persistono e sono le statistiche ad affermarlo, sono le nostre quotidiane esperienze a comprovarlo.
Tanti correttivi sono stati studiati, ma sempre con un tortuoso tentativo di applicazione, avversati in primis dalle stesse donne, che non hanno mai saputo fare del lobbismo una forza trasversale.
Anche la legislazione a presidio dell’autodeterminazione femminile subisce costantemente pressioni e limitazioni e rigurgiti revanscisti da parte di chi non riesce a dismettere il dominio del pater familias. Che siano ammantati da giustificazioni religiose, semantiche, economiche o folkloristiche hanno come comune denominatore il sopruso e la violenza di un essere umano su un altro…
Federico Mattia Ricci