“TEATRO. AUTORI, ATTORI E PUBBLICO NELL’ANTICA ROMA”, LA SPETTACOLARE RASSEGNA NEL MUSEO DELL’ARA PACIS.

“Teatro. Autori, attori e pubblico nell’antica Roma”, è la bella rassegna che il Museo dell’Ara Pacis ospita dal 21 maggio al 3 novembre 2024.

Le opere descrivono la vitalità degli spettacoli teatrali, la loro popolarità, la difficoltosa esistenza dei suoi interpreti del passato nell’Urbe.

Il pubblico sarà guidato oltre la scena attraverso i meccanismi di produzione, i camerini degli attori, i palcoscenici e gli spalti dei teatri antichi.

Una grandiosa rivisitazione mediante un itinerario espositivo pieno di rarità, in cui i medesimi personaggi tramite interventi multimediali coinvolgeranno i visitatori raccontando le loro vite, la loro funzione di autori o performer in una società così simile e nello stesso tempo così differente dalla nostra.

La mostra è promossa da Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura, essa è curata da Orietta Rossini e Lucia Spagnuolo. I Media partner sono Rai Pubblica Utilità, Rai Radio 3 e la Repubblica.

La rassegna offre un viaggio tramite i secoli riguardante l’età augustea, parte delle radici greche, siciliane, magno greche, etrusche e italiche del teatro romano, dall’origine religiosa del “ludus” e dai primi palcoscenici in legno, per arrivare alle meraviglie della frons scenae dei monumentali teatri dedicati a decine di migliaia di spettatori, architetture che come il foro o i templi determinarono la forma urbis dell’impero.

Nella Capitale le rappresentazioni teatrali si svolgevano durante i giochi e le feste grazie a cerimonie religiose, trionfi militari, funerali di personaggi pubblici. L’istituzione di spettacoli pubblici realizzati dallo Stato romano ebbero molta rilevanza, la connotazione statale e ufficiale dell’organizzazione infatti fece in modo che i committenti delle opere fossero le autorità. Diversamente dal teatro greco il tratto distintivo civile o rituale si sostituisce al carattere di intrattenimento.

Narrava Tito Livio che, nel 364 a.C., per evitare una pestilenza il Senato romano fece andare a Roma danzatori, musici e mimi etruschi (ludiones), e per tanti storici fu da queste rappresentazioni che nacquero i Ludi Scaenici.

Tali manifestazioni, per lo più ritenute grevi divertimenti popolari, furono condizionate dai legislatori di quell’epoca. I temi immorali e gli attacchi a personalità di rilievo subirono lo sfavore delle autorità che le limitarono tramite leggi rigide a tutela dei costumi romani e con addirittura il divieto dei posti a sedere nei teatri.

“…. si dice che tra i tanti tentativi fatti per placare l’ira dei celesti vennero anche istituiti degli spettacoli teatrali, fatto del tutto nuovo per un popolo di guerrieri in cui unici intrattenimenti erano stati fino ad allora i giochi del circo. Ma a dir la verità si trattò anche di una cosa modesta, come per lo più accade all’inizio di ogni attività, e per giunta importata dall’estero. Senza parti in poesia, senza gesti che riproducessero i canti, degli istrioni fatti venire dall’Etruria danzavano al ritmo del flauto, con movenze non scomposte e caratteristiche del mondo etrusco. In seguito i giovani cominciarono ad imitarli, lanciandosi nel contempo delle battute reciproche con versi rozzi e muovendosi in accordo con le parole”. Tito Livio in Ab Urbe condita libri, VII, 2.

In seguito furono utilizzati teatri provvisori, per secoli infatti non venne realizzato un teatro stabile per l’ostilità della classe aristocratica che non voleva strutture potenzialmente aggregatrici di insurrezioni popolari.

I romani usarono il teatro come veicolo di romanizzazione, in virtù anche del suo valore metaforico di luogo delle libertà demografiche e politiche, per tale ragione non soltanto eressero nuovi teatri ma ripristinarono quelli già presenti, specialmente nell’edificio scenico dove dappertutto venne modificato secondo la tipologia romana con la scaenae frons colma di marmi colorati, rilievi e statue.

Vitruvio, insigne architetto romano che visse nel periodo di Augusto, nel suo manuale De Architectura, consigliava per l’edificazione di un teatro la scelta di un luogo: “dove la voce potesse giungere leggera senza essere ostacolata e rimbalzare indietro trasmettendo all’orecchio suoni confusi”.

Sempre secondo Vitruvio gli spazi ideali per il teatro erano quelli in cui la voce proveniente dal basso aumentava di volume per l’ascesa della stessa arrivando limpida e chiara: “si otterrà in teatro un effetto sonoro ottimale sfruttando al meglio l’effetto della voce”.

Dal III secolo a Roma cominciarono ad essere attuate tragedie influenzate dai modelli greci, sia di soggetto mitologico che storico di autori come Livio Andronico, Nevio, Ennio e Pacuvio nell’età repubblicana e Seneca per quella imperiale. Queste tragedie erano molto amate dal pubblico romano, ma anche una grande popolarità ottennero le commedie, genere in cui furono evidenziati personaggi come Plauto e Terenzio dei quali vi sono ancora al momento molteplici composizioni.

L’esposizione presenta oltre 240 reperti archeologici giunti da autorevoli musei tra cui il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e il Museo Archeologico Nazionale di Firenze.

Tramite sette sezioni che riattraversano la storia del teatro romano dalle sue origini italiche e greche alle monumentali architetture, la mostra introduce gli spettatori in un emozionante itinerario. Il percorso infatti è composto da grandi aree tematiche: il contesto religioso e politico del teatro greco, l’apporto dell’Etruria, la Magna Grecia ed i popoli italici al sorgere del teatro latino.

La prima sezione: Genesi, tratta l’entità del culto dionisiaco e il prestigio del teatro per la vita democratica di Atene.

I vasi presenti ritraggono scene di Kòmos, il corteo dionisiaco in origine orgiastico di bevitori e suonatori danzanti in genere nudi e a volte mascherati, da cui discenderebbero le prime forme di teatro e il termine stesso di commedia.

Il noto vaso di Pronomos del Museo Archeologico Nazionale di Napoli è indubbiamente il più significativo dei reperti a soggetto teatrale.

Dalle necropoli di Lipari arriva il più prezioso gruppo di terracotte sempre a soggetto teatrale, oltre 1000 pezzi di riproduzione locale, propri di un lasso di tempo compreso fra il IV secolo a.C. ed il 252-251 a.C..

L’individuazione di personaggi della tragedia e della commedia antica è il prodotto dello studio basilare di Luigi Bernabò Brea. Presenti le maschere di personaggi della tragedia troiana di Euripide: Ecuba e Taltibio.

L’idioma policromo con la raffigurazione del riconoscimento di Oreste è costituito in tessere in marmo e pasta vitrea su base di calce e polvere di marmo, fine II inizi III secolo. La scelta rappresenta l’episodio dell’incontro fra Oreste e Ifigenia, il mito messo in scena dalla tragedia Ifigenia in Tauride di Euripide.

Le maschere teatrali di Tarquinia per tutta l’età ellenistica tra il IV e il II secolo a.C., in zona tarquiniese, sono attestate da maschere in terracotta di piccolo formato giunte da differenti ambiti funerari e votivi. Essi testimoniano quanto il culto dionisiaco e la tradizione del grande teatro greco fossero penetrati in Etruria e quanto tale contesto sia stato fondamentale come collegamento per la posteriore produzione romana.

Descriviamo poi la seconda sezione: Radici italiche e magnogreche. Tra il IV e il III secolo a.C. Roma si impadronì della Campania, la Magna Grecia e la Sicilia, confrontandosi con popolazioni per le quali il teatro aveva un enorme consenso.

Ricordiamo Oinochoe con scena di Edipo e la Sfinge, una raffigurazione in chiave parodistica da Hilarotragoedia, ceramica apula a figure rosse (Lizzano Taranto). Tra le maschere presenti “Maschera di personaggio di farsa fliacica o Maccus riproduzione tattile, terracotta del II-I secolo a.C. da Taranto, stampa in resina 3D.

Nella terza sezione: La commedia a Roma, è mostrato in opus vermiculatum con maschera della Commedia Nuova: l’etera matura, formata da tessere in materiale lapideo con supporto di malta (10-50 d.C.). Ancora Fanciullo con maschera in marmo pentelico della prima età imperiale da Anzio.

La quarta sezione: La tragedia a Roma, ospita il frammento di fronte di sarcofago con Medea, Giasone e Creusa a Corinto, in marmo bianco (seconda metà del II secolo d.C.), di provenienza ignota.

La quinta sezione è denominata: I protagonisti e la musica. Nei teatri romani si esibivano ballerini, cantanti, omeristi che declamavano versi epici, e poi equilibristi, giocolieri, contorsionisti, ginnasti, artisti che potevano formare compagnie itineranti con i loro tecnici.

Riportiamo la Statua di Satiro danzante in marmo di età imperiale dalla Villa dei Quintili.

“La mia pista è la danza, la partenza e lo slancio del piede, la rapida mano e il volteggio …”. Nonno di Panopoli, Dionisiache, 19. 153-157.

Ancora esposto il Mosaico con scene di musica e danza, mosaico policromo fine II secolo d.C.. Tale rara opera di mimo è accompagnato da alcuni strumenti, ricostruzioni di archeologia sperimentale, creati su ispirazione di quelli riprodotti. Gli strumenti sono di Francesco Landucci Archeologia Sonora Sperimentale.

La Stele della Mima Bassilla è di calcare, del III secolo d.C. (210-235) di Aquileia, basilica dei S.S. Felice e Fortunato. Essa ha un’iscrizione in lingua greca alla memoria della mima Bassilla, rivolta all’attore Eraclide.

“A colei che in passato, in molte contrade e in molte città, colse sulla scena il successo risonante d’applausi per il versatile talento, manifestato nei mimi e nelle danze, a lei che spesso sulle scene morì, ma non in questo modo (…). I tuoi colleghi ti dicono: sta’ di buon animo, Bassilla, nessuno è immortale”.

In epoca romana lo spazio scenico è anche uno spazio musicante. Poiché sin dalle origini i testi teatrali erano non soltanto in versi ma includevano anche canti “a solo”, dialoghi cantati e interventi strumentali, la musica e i musicisti avevano una parte fondamentale.

“Canti di questo tipo erano accompagnati dalle tibie e accadeva che, appena udito il loro suono, molti tra il popolo sapevano dire subito cosa stessero per recitare gli attori”. Donato, Excerpta de comoedia, 8.11.

Esposta la Figura femminile che suona la cetra, terracotta realizzata a matrice, inizi II secolo a.C. da Taranto, dalla tomba in contrada Madre Grazie.

La sesta sezione chiamata L’architettura è dedicata all’eredità monumentale lasciata dal teatro antico tramite rovine architettoniche spesso imponenti e ancora operanti.

L’attraversamento della Roma repubblicana verso il regime imperiale vede anche l’edificazione dei primi teatri stabili nell’Urbe e la codificazione della loro forma. In poche decenni vengono costruiti i tre grandi teatri romani in muratura: il teatro di Pompeo, quello di Cornelio Balbo, anch’esso perso, e il teatro di Marcello, quasi contemporaneo, intitolato ad Augusto a ricordo dell’amato nipote.

Presenti infatti nell’rassegna tre meravigliosi plastici di tali strutture.

Il teatro di Pompeo, fu edificato nel 52 a.C. da Pompeo Magno, che vinse l’opposizione dei senatori tradizionali incorporando un tempio di Venere all’interno della struttura. Esso era un complesso totalmente in muratura, con tutti gli elementi costitutivi della struttura teatrale integrati in un unico organismo, che proprio per la sua peculiarità poteva vivere del tutto svincolato da situazioni orografiche e poteva occupare nella pianificazione urbanistica della città il posto più idoneo con l’orientamento più logico.

La collaborazione con la Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma ha consentito la creazione di uno splendido intervento video su tale teatro, che dopo l’evento rimarrà patrimonio delle Istituzioni curatrici.

Lucio Balbo, banchiere ed amico di Augusto determinò un nuovo teatro nella Capitale: il teatro di Balbo con l’annessa Crypta Balbi, nel 13 a.C.. Il monumento venne realizzato in pietra, con il bottino della sua vittoria sui Garamanti e lo fece costruire nel settore Sud Est del Campo Marzio, nella IX Regio all’interno dell’area in cui, nel 435 a.C., era stata edificata la Villa Pubblica cioè un parco con edifici templari dove ogni 5 anni aveva luogo il censimento del popolo romano.

Il teatro di Marcello è dedicato da Augusto al nipote Marcello e al momento si possono contemplare i bellissimi resti, è il primo teatro elaborato in modo compiuto nel 13 a.C., nel quale in realtà fin dal 17 a.C. venivano celebrati i Ludi Saeculares. L’edificio quasi certamente servì da esempio per la maggior parte delle strutture teatrali che nel giro di qualche decennio si propagarono nella Penisola, anche per la fondazione di nuove città o per la ristrutturazione di impianti urbanistici più antichi da parte dell’imperatore.

Sono in mostra le maschere architettoniche del teatro di Marcello. Durante gli scavi eseguiti alla fine degli anni Trenta del Novecento per l’apertura della via del Mare con il conseguente isolamento del teatro stesso, furono ritrovati vari frammenti di enormi maschere marmoree che ornavano le arcate del primo e del I e del II ordine.

L’attraversamento dell’antico si rivolge alla contemporaneità nella settima ed ultima sezione, dal titolo: Attualità del classico. Essa è attuata in collaborazione con il contributo del Dipartimento di Lettere e Cultura Moderne dell’Università di Roma Sapienza e dell’INDA (Istituto Nazionale del Dramma Antico), mediante una selezione di locandine storiche di spettacoli del teatro greco di Siracusa, montaggi video di messe in scena contemporanee e altre testimonianze materiali e fotografiche, ascrivibili particolarmente all’esperienza del “Vantone” di Pier Paolo Pasolini. L’itinerario termina attraverso una panoramica sulla vitalità del teatro classico, dal primo Novecento ai nostri giorni.

“Mi rapivano gli spettacoli teatrali, pieni di rappresentazioni delle mie stesse miserie di esche per il mio fuoco ….”. “In verità i teatri non mi seducono più …”. Agostino d’Ippona, Confessioni III,2, 2 e X, 35,56.

La mostra si evidenzia per il suo contenuto incredibile, non ponendosi limiti verso un fine didattico ed esplicativo e rivolgendosi verso un’esperienza di approfondimento culturale e artistico.

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