“Infinito spacio ha infinita attitudine, ed in quella infinita attitudine si loda infinito atto di existenza” aveva scritto Giordano Bruno nel primo dialogo “De l’infinito, universo e mondi”.
“Il culto dell’infinito, della lontananza, della relatività dello spazio unifica, come diverse reazioni a una comune emozione, molte conquiste – per altro divergenti – dei grandi nemici che convivono sotto l’etichetta del barocco romano”. Paolo Portoghesi in “Roma Barocca”
La pittura barocca ha rappresentato gli elementi chiave del dogma cattolico, sia in maniera diretta nelle composizioni bibliche o in modo indiretto nelle rappresentazioni mitologiche o allegoriche. Il tema più esemplificativo è quello classico della gloria e del trionfo pagano, legato all’apoteosi della Chiesa dei potenti ordini religiosi o delle famiglie cardinalizie. Altro basilare codice visivo di comunicazione è la meraviglia, sia nel modo naturalista sia nelle immagini più sostanzialmente decorative: l’intenzione di sorprendere si manifesta in un aspetto sociale molto frequente. Tutto ciò convoglia nel significato di decantare ogni accadimento in forma fastosa e teatrale, ancora una volta con la volontà di ribadire un’idea o un potere, passando dallo stupore, al coinvolgimento, al convincimento. Un ‘approccio monumentale e di alta mentalità, i pittori raffigurano un grande senso di movimento, impiegando spirali vorticose e diagonali verso l’alto e forti schemi di colore, allo scopo di abbagliare e meravigliare.
Dal 15 maggio fino al 3 ottobre a Palazzo Barberini 40 opere in esposizione esplorano il concetto di barocco. La rassegna, analizza il concetto di barocco, arte che nasce a Roma nei primi decenni del XVII secolo e che attraverso la spettacolare volta il “Trionfo della divina Provvidenza” di Pietro da Cortona, un affresco monumentale che ricopre la volta del Salone dei Ricevimenti del Palazzo Barberini, riassume aspetti totali costituenti la propria estetica: teatralità, magniloquenza, sorpresa e la rielaborazione del mito classico e delle realizzazioni di arte antica.
Quaranta capolavori dei più insigni Maestri dell’arte barocca: dallo stesso Pietro da Cortona a Gian Lorenzo Bernini da Valentin de Boulogne a Nicolas Poussin, da Anton Van Dyck a Domenichino, da Andrea Sacchi a Guido Reni e altri ancora. Dipinti, affreschi, specchi ed orologi che avevano la funzione di scandire il tempo del Palazzo e della famiglia, celebrando gli eventi più rappresentativi.
Il fil rouge è il Tempo, concetto studiato in ogni sua configurazione e profilo, nelle sue totali e varie interpretazioni, dal tempo dell’amore a quello scandito dalle stagioni, dal tempo della bellezza a quello dell’azione. Oltre alle opere pittoriche di dimensioni grandiose, anche spettacolari e sofisticati orologi elaborati in quel periodo, tutte creazioni giunte da musei italiani e stranieri.
I più rilevanti e prestigiosi musei hanno infatti dato capolavori in prestito, fra cui gli Uffizi di Firenze, il Museo di Capodimonte di Napoli, il Museo del Prado di Madrid, il Musèe Jacquemart–Andrè di Parigi, il Rijksmuseum di Amsterdam, il Kunsthistorisches Museum di Vienna, lo Staatliche Museen di Berlino, la National Gallery di Londra.
L’esposizione è a cura della storica dell’arte Francesca Cappelletti, direttrice della Galleria Borghese e della storica dell’arte Flaminia Gennari Santori, direttrice delle Gallerie Nazionali di Arte antica Barberini e Corsini.
“Questa mostra diventa anche una magnifica occasione per dare avvio ad una relazione e ad un confronto proficuo tra due musei che con il loro patrimonio sono certamente tra i più rilevanti nel racconto di un’epoca e della sua arte, nel contesto nazionale e internazionale”. Spiega dunque Flaminia Gennari Santori.
Non è pertanto insolito se Palazzo Barberini, l’archetipo del palazzo barocco, compiuto dai più prestigiosi architetti del Seicento, fra cui Carlo Maderno, Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini, accolga il pubblico con un nuovo spazio di mostre temporanee di 750 metri quadri in 8 sale al piano terra. Infatti il ripristino degli spazi dell’ala sud, con una spesa di 952626 euro, finanziati in virtù dei fondi Cipe, sono il prodotto di un importante progetto, dando così vita nell’edificio, a uno spazio culturale aperto secondo le esigenze dei visitatori.
L’esposizione è divisa in cinque sezioni.
Il tempo che conserva è il tempo che distrugge T. S. Eliot, Quattro quartetti Pannello di sala
Nello spazio introduttivo comprendente la sala uno e due sono ubicate due riproduzioni di tavole dall’Atlante dello storico dell’arte Aby Warburg, il “Bilderatlas” che riuniscono immagini fotografiche di molteplici composizioni d’arte. Nella sala due è presente un video esemplificativo sul barocco romano, soprattutto in relazione alle opere commissionate dalle famiglie Barberini e Borghese.
Quel che chiamate spirito dei tempi è in sostanza lo spirito degli uomini nei qual i tempi si rispecchiano. J. W. Goethe, Faust
Nella sezione prima: “il Mito del Tempo”, il Tempo barocco è rappresentato come figura mitica. Nella mitologia greca Chronos è il dio del Tempo, figlio di Gea (dea della Terra) con il suo acerrimo antagonista il dio dell’Amore Cupido e Urano (signore del Cielo). Attraverso il racconto di svariate leggende, egli regnò nella prima età felice dell’umanità e fu sovrano delle isole dei beati. Nella sala tre appartenente a questa sezione abbiamo il primo tra gli esempi esposti di orologi antichi, un meccanismo silenzioso creato per essere leggibile al buio. Ricordiamo fra le opere più significative lo splendido dipinto di Antoon Van Dyck, “Il Tempo che taglia le ali all’Amore”, (1627 ca, Paris Istitut de France. Musèe Jacquemart-Andrè) e la tela di Giovanni Domenico Cerrini, “il Tempo svela la Verità”, (1666 ca, Museumslandschaft Hessen Kassel).
Ma intanto fugge, fugge senza rimedio il tempo mentre noi, presi dall’amore, ci soffermiamo su ogni dettaglio. Virgilio, Georgiche
Nella seconda sezione: “il Tempo e l’Amore”, la sala quattro custodisce “Amor sacro e Amor profano” di Guido Reni (1622 – 1623, Genova Galleria Nazionale di Palazzo Spinola), un orologio da consolle con “il Trionfo di Amore sul Tempo”, “l’Amore Vincitore” di Orazio Riminaldi (1624 – 1625, Firenze Gallerie degli Uffizi, Galleria Palatina) e altre rappresentazioni. Elemento identificativo di queste tele è il virtuosismo tecnico insito nelle immagini di accuratissime nature morte, sorprendentemente realistiche, in cui i modi del potere e del sapere, delle arti e della scienza, si piegano alla potenza dell’amore che annienta il Tempo.
Essendo questo principato elettivo posto quasi sempre in persone di grave età, si appoggia di continuo la corte alla speranza delle mutationi. Alessandro Ludovisi, Avvertimenti
Nella terza sezione: “il Tempo tra Calcolo e Allegoria”, la sala cinque contiene composizioni di eccezionale curiosità. L’allegoria diviene appunto compagna del Tempo; menzioniamo un disegno preparatorio di Andrea Sacchi per l’affresco dell’ ”Allegoria della Divina Sapienza” (1655 – 1658, Roma Gallerie Nazionali di Arte Antica, Palazzo Barberini) e due opere provenienti dalle volte affrescate del Palazzo, quella sempre di Andrea Sacchi e una di Pietro da Cortona. Ma oltre a ciò, dipinti, affreschi, specchi ed orologi scandiscono, in modo emblematico, la vita quotidiana del Palazzo, collocate nella parete di fondo: “le Quattro stagioni” di Guido Reni (1595 – 1642, Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte,) e “l’Allegoria del Tempo” di Guido Cagnacci (1650 ca, Lampronti Gallery).
Aveva tutta una collezione di orologi, che teneva sotto il letto. (…) Prima di andare a letto li caricava tutti, badando a mettere ognuno a un’ora diversa; a tal punto era ossessionato dal passar del tempo. Bruce Chatwin, il vicerè di Ouidah
Nella sezione quarta: “il Tempo Vanitas”, si esamina un ulteriore aspetto connesso allo scorrere del Tempo, quello appunto della Vanitas, dove la natura morta è l’interprete principale. Nella sala sei: teschi, clessidre, orologi, frutti ammaccati, fiori appassiti rammentano agli uomini la caducità della bellezza e la fragilità della vita umana. Ricordiamo “la Natura morta con spinario” di Pieter Claesz (1628, Amsterdam, Rijksmuseum), le tre nature morte di Christian Berentz provenienti dalla Galleria Corsini e il Totenuhrli (orologio con scheletro) con oro, smalti e pietre preziose, dove la piccola personificazione della morte è posta al centro di una base girevole. L’orologio è di Christian Giessenbeck (1640 – 1660, Zurigo, Museo Nazionale Svizzero).
La vera regola, cor mio bello, è saper rompere le regole a tempo e luogo, accomodandosi al costume corrente ed al gusto del secolo. Giovan Battista Marino, lettera a Girolamo Preti
Infine nella quinta sezione: “Fermare il Tempo, cogliere l’azione”, la sette, l’ultima sala celebra totalmente l’uomo barocco, il quale dà prova che l’arte è l’unico mezzo per intrappolare il tempo. Presente il grande capolavoro di Pietro da Cortona raffigurante in tutta la sua grandiosa teatralità il momento del “Ratto delle Sabine”(1630, Roma, Musei Capitolini – Pinacoteca Capitolina).
“Tempo Barocco” avrà un catalogo illustrato, edito da Officina Libraria, con un testo introduttivo delle curatrici, saggi di Francesca Cappelletti, Emilio Russo, Antonio Iommelli e Laura Valterio e le schede delle opere in mostra.
“Il tempo non fa rumore, non dà segno della sua velocità, scorre in silenzio, senza soste. Il tempo fugge, vola, stringe. Il tempo lo si può perdere o ammazzare, ma non fermare”. Seneca “Brevità della vita”