The Show must go on…?

Lo spettacolo deve continuare…? Forse, questa affermazione, non deve essere sempre corretta. Certo c’è il pubblico, gli sponsor (=soldi), i diritti televisivi (=altri soldi), ma dall’altra c’è Jason Dupasquier, 19 anni, che perde la vita in pista. Durante le qualifiche della Moto3, all’uscita della curva dell’arrabbiata 2 sulla pista del Mugello, probabilmente per un apri-chiudi del gas inaspettato, Jason perde il controllo della sua KTM e cade a terra sbattendo violentemente, venendo subito investito dai due piloti che lo seguivano a ruota. Il quadro è apparso subito complicato e purtroppo in ospedale non c’è stato nulla da fare.

L’incidente fatale avviene in qualifica. L’indomani la gara si disputa regolarmente. Il suo team non gareggia in segno di rispetto. Un tweet da parte della Moto GP, uno striscione prima della gara. Pochi giorni fa arriva la notizia che la Moto3 ritira il numero 50, il numero di carena di Jason.

Forse un po’ poco, forse è giusto così, d’altronde non correre non sistema le cose.

Il motociclismo è pericoloso, si sa. Lo sanno anche i piloti che mettono il ginocchio a terra a oltre 100 chilometri orari. Però la passione è il cuore stesso che batte. Però quando un cuore di nemmeno vent’anni smette di battere, forse, fermare la giostra, scendere, riflettere sulla vita, sulla morte e, soprattutto, su come poter incrementare ulteriormente la sicurezza di questi ragazzi sarebbe doveroso. La sicurezza negli ultimi 30 anni è salita tantissimo negli sport motoristici, ma ogni pilota che muore è come un tragico passo indietro.

Questo passo però, se la giostra non si ferma mai, come si fa a farlo? Perdere i soldi di quella gara, per tutte le classi, rimborsare i biglietti, insomma autoinfliggersi una penalità e non una penitenza. Affinché non ci si fermi mai di migliorare gli standard di sicurezza. Di soldi, perché altrimenti di che cosa stiamo parlando di fronte ad un ragazzo, un collega che muore così, in un attimo? Perché lo spettacolo va sempre avanti? Perché quando morì Marco Simoncelli la gara venne fermata? Perché era della classe regina?

Quando morì Luis Salom nelle prove libere della Moto2 si corse, tuttavia venne modificato il tracciato, usando la configurazione del circuito della Catalogna riservata alla Formula 1.

Quando morì Tomizawa, sempre a 19 anni, ci furono polemiche sul perché non venne esposta la bandiera rossa e sul disputare o no la successiva gara della classe regina. La Moto2 proseguì. La MotoGP si disputò regolarmente.

Perché non si definisce una decisione standardizzata da prendere quando accadono, purtroppo, queste situazioni? Un pilota che muore è un cuore che smette di battere. Un pilota che muore è un ragazzo che smette di sognare. Non c’è classe o momento del weekend di gara più importante. Una vita persa. E nessuna gara dovrebbe essere più importante.

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares