Unicità e diversità tutto in un solo vino: il Lambrusco

Unico solo nel genere ma, non nella pluralità di caratteristiche che lo contraddistinguono e che rendono questo vino una sinfonia di note musicali.

Riferendoci al Lambrusco possiamo capire meglio, al di là della semantica, come le molteplici peculiarità che lo denotano, possano riunirsi e definire un’unica identità.

Già solo l’origine stessa del termine “Lambrusco” si dipinge di una varietà di riferimenti storici e letterari. “Vitis Labrusca” per i Romani intesa come “ruscum” pianta selvatica e ancora con Ottorino Pianigiani, dal latino “làbrum”, ovvero margine (dei campi nello specifico) e da “rùscus”, pianta che punge il palato.

Il Lambrusco deriva dal vitigno “labrusca”, già noto agli Etruschi e ai Romani, ancor prima ai Galli Liguri. Catone ne parla nel II sec. a.C. nel “De Agri Cultura”.

Lucio Moderato Columella, Plinio il Vecchio, enciclopedico romano, e Discoride, medico e farmacologo greco, citano spesso la “labrusca” già nel I secolo.

Molteplici sono anche i “cultivar” che partecipano in purezza, alla creazione del vino stesso, tra cui le più note Sorbara, Grasparossa, Salamino, Reggiano, Modena. La diversità del loro gusto, colore, corposità li rendono unici nel loro genere.

Il Lambrusco di Sorbara è un vino frizzante dal colore rubino chiaro e intenso, poco strutturato e con acidità medio-alta, che si ottiene dalle uve a bacca nera raccolte nelle pianure a nord Modena. Presenta all’olfatto evidenti sentori fruttati e floreali, con una freschezza di profumi che dona un elegante equilibrio gustativo al palato.

Il Lambrusco Grasparossa è un vino frizzante nelle varianti rosso e rosato, disponibile sul mercato anche come spumante. Nasce ai piedi dei rilievi appenninici emiliani e prevalentemente nell’area meridionale della provincia di Modena, in un territorio collinare e particolarmente luminoso e ventilato. Il Grasparossa è un vino di colore rosso con sfumature violacee e ben strutturato, che in base alla tecnica di fermentazione usata può risultare secco o amabile. All’olfatto ha gradevoli note di frutta rossa, more e ciliegie molto intense, arricchite da sentori vegetali e floreali.

Il Lambrusco Salamino è un vino di colore rosso rubino intenso le cui uve, di media vigoria, provengono prevalentemente dall’area di Carpi, Mirandola e Modena. Si presenta fresco al palato, con una vivace spuma evanescente, e viene generalmente prodotto nelle versioni secco, amabile o dolce.

Lambrusco Reggiano ha un color porpora con riflessi violacei e si presenta raffinato, fresco ed accattivante. Profumo gradevole e fruttato, sapore rotondo e corposo con un spuma leggera, perfetto da gustare con antipasti di salumi o primi piatti al ragù.

Altrettanto vario è il territorio di produzione del Lambrusco: comprende principalmente le province di Modena, Parma e Reggio ed è in queste terre pianeggianti dell’Emilia Romagna che nasce il miglior Lambrusco d’Italia. I vigneti di questa pianura danno vita a uve ricche di sali minerali, dal profumo netto e intenso e dal sapore asciutto. Dalla loro lavorazione nascono rinomati vini rossi frizzanti, con un’inconfondibile spuma evanescente e orli violacei.

Il nord-est della provincia di Modena, la cosiddetta “bassa” modenese (Sorbara, Bomporto, Bastiglia, Campogalliano, Carpi, Modena, Nonantola, Ravarino, San Prospero, Soliera) è zona di produzione del Lambrusco di Sorbara.

Nei terreni del Carpigiano a nord-ovest della provincia di Modena (Campogalliano, Camposanto, Carpi, Concordia sul Secchia, Cavezzo, Medolla, Mirandola, Novi, San Felice sul Panaro, San Possidonio, Soliera) è coltivato il vitigno per il Lambrusco Salamino di S.Croce. Dall’alta pianura e dalle colline modenesi (Castelvetro, Castelnuovo Rangone, Castelfranco Emilia, Fiorano, Formigine, Maranello, Marano sul Panaro, Prignano sul Secchia, San Cesario, Savignano sul Panaro, Spilamberto, Sassuolo, Vignola) ha origine, infine, il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro.

Il Lambrusco è unico anche per le sue mille sfaccettature cromatiche: rubine nel Grasparossa, nel Salamino di Santa Croce e nel Mantovano, più chiare e rosate nel Sorbara ed infine scure e violacee nel Maestri e nel Marani.

Altrettanto variopinto il bouquet portato al naso dalla rigogliosa spuma: dai sentori floreali della tipica violetta e della rosa, alla componente fruttata della ciliegia, del lampone, dei frutti di bosco, fragoline, della mora e del mirtillo fino alla spiccata freschezza e sapidità alla bocca.

Diversificati, altresì, i metodi di vinificazione. Se originariamente la bollicina era ottenuta grazie alle temperature miti che risvegliavano gli zuccheri in bottiglia non ancora totalmente fermentati, oggi i metodi di vinificazione spaziano in base ai caratteri organolettici che più si vogliono esaltare.

Il Lambrusco attualmente in commercio viene prodotto utilizzando principalmente due metodologie:

Metodo ‘Martinotti’ (o ‘Charmat’): impiegato per produrre sia il Lambrusco frizzante che quello spumante. Questo metodo prevede il travaso del vino in grandi autoclavi pressurizzate dove, in seguito all’aggiunta di lieviti selezionati e di zucchero, inizia una seconda fermentazione. Questo processo provoca la formazione di anidride carbonica, che viene ‘intrappolata’ nel vino grazie alla pressione delle autoclavi. Successivamente il vino è imbottigliato, la sua effervescenza si conserva grazie a un apposito tappo.

Metodo ‘Classico’ (o ‘Champanoise’): impiegato per produrre il solo Lambrusco spumante. Questo metodo prevede che la seconda fermentazione venga avviata direttamente in bottiglia, grazie all’aggiunta di lieviti selezionati e zuccheri. La nuova fermentazione causa lo sviluppo di anidride carbonica che, imprigionata nelle bottiglia stessa, produce un forte incremento della pressione interna.

Fino a qualche decennio fa il Lambrusco era un vino contadino. Venivano pigiati i grappoli, si faceva fermentare grazie ai lieviti presenti sulle bucce, poi si imbottigliava con ancora dello zucchero dentro non fermentato e la fermentazione ripartiva spontaneamente quando finiva l’inverno e i lieviti si svegliavano dal letargo. Ed ecco che come per magia il vino diventava frizzante. Ma questo metodo c.d ‘ancestrale’ del Lambrusco non è altro che il vecchio metodo usato per fare lo Champagne, quando ancora non veniva sboccato e poi aggiustato con il liqueur d’expedition.

Una volta il Lambrusco era un vino leggermente frizzante, profumatissimo e acido, tagliente e torbido. Ed era anche il vecchio metodo per fare il Prosecco o per fare ancora oggi il Prosecco con il fondo. In Emilia, il fondo era il fisso, il residuo di lieviti esausti. C’era chi lo scartava o chi lo metteva nella zuppa di pane la mattina.

Poi venne la rivoluzione americana: le grandi cantine sociali scoprirono che il Lambrusco era un’ottima bevanda ricreativa, alcolicamente approcciabile, piacevole, e iniziarono a produrlo su larga scala.

La scelta del metodo dipende dalla tipologia di uva utilizzata, in quanto non tutte le uve sono idonee alla rifermentazione del prodotto. La scelta delle uve per il vino base è quindi fondamentale nel caso in cui si voglia ottenere un vino frizzante a fermentazione naturale in bottiglia.

La raccolta delle uve deve essere effettuata con circa una settimana di anticipo rispetto a quella tradizionale per i vini fermi, questo per ottenere una gradazione alcolica tra i 9° e i 12° per produrre vini frizzanti secchi.

Una volta ottenuto il vino base si passa alla produzione del vino frizzante.

La spuma del Lambrusco nasce spontaneamente. Un tempo i cantinieri praticavano la cosiddetta “rifermentazione in bottiglia”, ovvero avvalendosi della forte escursione termica invernale interrompevano la fermentazione per poi farla riprendere nella primavera successiva, quando il vino era imbottigliato. Una volta che la bottiglia veniva stappata compariva la spuma.

I lieviti utilizzati, elementi naturalmente presenti in natura, sono da sempre utilizzati per la trasformazione degli zuccheri in alcool. Per produrre il Lambrusco si utilizza generalmente il lievito Saccharomyces Bayanus, impiegato nelle fermentazioni per vini a bassa gradazione alcolica.

Una volta ottenuta la rifermentazione, il vino viene passato in un’altra autoclave e sottoposto a filtrazione iperbarica per evitare la dispersione di anidrite carbonica.

La temperatura viene abbassata rapidamente per ottenere la precipitazione tartarica, dopodiché il vino viene nuovamente filtrato per eliminare l’acido tartarico depositato.

I vini prodotti con questo metodo sono generalmente più acidi e freschi, con un’effervescenza maggiore.

Un vino eclettico e versatile, dunque, che grazie alla sua duttilità sa sposarsi con la cucina tradizionale del territorio e in egual misura accompagnare le più sofisticate variazioni sul tema.

Bere il Lambrusco è una vera e propria arte. Il vino più bevuto d’Italia non poteva non avere un calice dedicato alla sua esclusiva degustazione. Il comitato tecnico del Consorzio di Tutela del Lambrusco di Modena, guidato dal suo direttore Ermi Bagni, ha infatti supportato un’iniziativa per veicolare l’unicità di questo vino emiliano, realizzando un calice da Lambrusco con un ampio bevante a tulipano e dallo stelo lungo e sottile color rubino, che ne richiami le sfumature rosate.

Se dunque, la diversità è un valore, questo vino sa farne una vera e propria bandiera diventando unico.

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