“Van Gogh”, la straordinaria mostra a Palazzo Bonaparte a Roma, idioma dell’età barocca, attraversa la carriera artistica e le vicende umane del pittore olandese mediante i suoi lavori più famosi, circa 50, presenti presso il Kroller Muller Museum di Otterlo.
Il Museo Kroller-Muller è situato a circa 80 kilometri da Amsterdam nei Paesi Bassi, esso è un gioiello del De Stijl e del futurismo, accoglie una tra le più insigni collezioni di composizioni di Van Gogh e di altri rilevanti autori del Novecento oltre alle opere di artisti contemporanei. All’interno del Kroller-Muller Museum, vi è infatti la seconda più grande collezione di lavori del genio olandese del mondo, dopo il Van Gogh Museum ad Amsterdam.
Nell’esposizione, oltre alle meravigliose opere d’arte, vi sono le molteplici testimonianze biografiche come quelle delle lettere rivolte al fratello Theo nei periodi più difficili della sua vita. La rassegna è visitabile dall’8 ottobre 2022 fino al 26 marzo 2023, ed è la più grande e importante mostra dell’anno riservata al Maestro olandese, proprio alla vigilia dei 170 anni dalla sua nascita.
Le opere del pittore ripercorrono le fasi basilari della sua vita, iniziando dal soggiorno olandese, a quello parigino, arrivando ad Arles fino a St. Remy e Auvers-SurOise.
Lo stile di Van Gogh, difficoltoso da collegare ad un movimento artistico, considerato il suo approccio solitario e ribelle, si potrebbe denominare post-impressionista. Diversamente infatti dall’Impressionismo, Van Gogh non si concentrò sull’uso del colore e della materia in rapporto alla mutevolezza della luce. Egli tentava di descrivere la realtà in modo diretto, ma le sue pennellate andavano a creare più vigore e impeto alle immagini dei suoi soggetti, attenendosi perciò alle cromature più tenui degli impressionisti, passando in questo modo oltre i modelli classici antecedenti, con la realizzazione di capolavori carichi di energia ed emozioni, evidenziando i suoi sentimenti.
Nella sua breve esistenza, nel decorso di 10 anni, attua un numero notevole di opere dal tratto unico che determinano un intenso rinnovamento nella cultura artistica europea, divenendo uno dei più rilevanti e noti artisti di tutte le epoche.
Le composizioni presenti nella mostra, ricreano la sua vicenda umana e artistica, contraddistinte dall’inquietudine e dalla sensibilità immensa caratterizzate dai ricoveri psichiatrici, e dai suoi gesti estremi come quello famoso dell’orecchio mozzato, fino al peggiore di tutti, il suicidio con un colpo di pistola al petto, nei campi di Auvers soltanto a 37 anni.
Dall’emozionale rapporto con gli scuri paesaggi della sua gioventù, allo studio sacrale del lavoro della terra derivano figure che operano in una rigorosa quotidianità, come il seminatore, i raccoglitori di patate, i tessitori, i boscaioli, le donne impegnate a funzioni domestiche, o stanche per il trasporto di sacchi di carbone o a scavare il terreno. Tutto questo rivela la grandezza e il profondo legame con la verità del mondo del pittore.
Significativo rilievo è dato dal periodo del soggiorno parigino in cui Van Gogh realizza una meticolosa analisi del colore sull’esempio impressionista e una nuova libertà nella predilezione dei soggetti, con il conseguimento di un’espressione più immediata e cromaticamente vibrante. Si consolida anche la sua attenzione per la fisionomia umana, caratterizzante nella produzione di una serie cospicua di autoritratti.
L’Autoritratto del 1887, nell’esposizione, è il simbolo della complessità psicologica dell’artista, che ritrae se stesso con veloci pennellate di colore vicine l’una all’altra, richiamando un’idea di austerità non consueta negli autoritratti da lui eseguiti. Il quadro, esposto per la prima volta dopo il restauro, a fondo azzurro con tocchi verdi, in cui la visione del pittore appare di tre quarti, lo sguardo penetrante diretto verso il visitatore, rivela infatti una insolita fierezza.
Nonostante una vita pervasa di tragedia, Vincent crea numerosissimi capolavori, insieme a scritti eccelsi, come le celebri “ Lettere al fratello Theo Van Gogh.
“Esercito un mestiere che è sporco e difficile: la pittura e se non fossi come sono, non dipingerei; ma essendo come sono, lavoro spesso con piacere e posso visualizzare la vaga possibilità di fare un giorno dipinti con un po’ di giovinezza e freschezza, anche se la mia stessa giovinezza è una delle cose che ho perso”. Lettera a Willenien, Parigi, fine ottobre 1887.
Fu però dopo il suo trasferimento ad Arles, nel febbraio 1888, che Vincent Van Gogh arrivò al culmine della sua produzione creativa. Nella città francese, infatti il pittore riuscì ad attuare 200 dipinti ed un altro centinaio di tele, fra acquerelli e disegni. Ad Arles, l’artista torna a dipingere i temi della vita rurale che determinano la maggior parte dei suoi lavori.
Ecco la figura del Seminatore, in mostra, prodotto appunto in tale città nel giugno 1888. Per l’opera, adotta una tela più grande che gli consente di creare una nuova composizione e accostamenti di colore inconsueti.
E così sempre nell’esposizione, il Giardino dell’ospedale a Saint-Rèmy, 1889, ha le sembianze di un intricato tumulto, bensì lo scoscendimento di un Burrone, 1889, “sembra inghiottir e ogni speranza” mentre la realizzazione di un Vecchio disperato, 1890, diventa la visione di una angoscia inesorabile.
Pittore quindi post-impressionista, Vincent Willem van Gogh ha attuato in 10 anni circa 2100 pere, tra cui 860 dipinti ad olio. I suoi paesaggi, le nature morte, i ritratti e gli autoritratti sono determinati da colori arditi e pennellate irruenti, che hanno dato origine alle basi dell’arte moderna.
Vicent Van Gogh, nasce a Zundert, un piccolo villaggio nella provincia del Brabante nei Paesi Bassi, il 30 marzo 1853, il primo di 6 figli di un pastore protestante, che gli dà un’educazione estremamente rigida. Caratterialmente molto inquieto e sensibile, lavorò per un breve periodo in una società di mercanti d’arte, ma presto sentì in lui una forte vocazione religiosa, che lo spinse a studiare teologia ed a seguire una scuola di evangelizzazione. A 25 anni, fu mandato a predicare in Belgio, dove iniziò a creare i suoi primi disegni. A 27 anni, a studiare pittura, anche in virtù del sostegno finanziario del fratello Theo, persona fondamentale per la sua vita. Cominciò con opere realiste in cui primeggiano colori cupi: nature morte, scene di villaggio, contadini e tessitori. E’ di tale periodo I mangiatori di patate, opera presente nella rassegna. Nel 1886, l’artista va a vivere a Parigi, come già citato, dal fratello Theo, che lavorava come mercante d’arte. Nel 1885, è nuovamente nella capitale francese, e si relaziona con pittori come Toulouse Lautrec e Gauguin. A Parigi infatti, si avvicina al movimento impressionista, e in questo periodo inizia ad adoperare colori chiari e brillanti, stesi sulla tela con pennellate allungate. Elaborando l’idea di comporre un gruppo impressionista autonomo, va ad Arles, nel 1888, in Provenza alla ricerca di tranquillità. Qui rappresenta paesaggi pieni di luce, campi di grano e giardini fioriti. Ad Arles lo raggiunge l’amico pittore Paul Gauguin, ma dopo due anni di lavoro con lui, i rapporti si rovinano e nel 1888 Van Gogh effettua lo sconsiderato atto di tagliare la metà inferiore del suo orecchio sinistro. Nell’aprile del 1889, si ricovera volontariamente in manicomio, passando in tal luogo un anno a dipingere, riuscendo a finire ben 150 dipinti e disegni. Il Maestro trascorre gli ultimi mesi della sua vita ad Auvers-sur-Oise, un villaggio di artisti vicino Parigi. Rapidamente però purtroppo è soggetto ad una ricaduta, e muore il 29 luglio del 1890 per una ferita da arma da fuoco autoinflitta accidentalmente, all’età di 37 anni, in totale povertà.
“Esiste una componente umana che arriva subito, Van Gogh era una creatura dolorosa piena di disperazione, che soffriva la vita ma voleva viverla, era senza amore, senza denaro, ma pieno di un talento unico che è riuscito a esprimere in soli 10 anni: alla gente piace la sua sensibilità forte anche quando rivela le sue componenti più oscure”, spiega la curatrice della rassegna Maria Teresa Benedetti.
Van Gogh Roma è una esposizione realizzata con il patrocinio del Ministero della Cultura, della Regione Lazio, del Comune di Roma – Assessorato alla Cultura e dell’Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi, la mostra è prodotta da Arthemisia, creata in collaborazione con il Kroller Muller Museum ed è curata da Maria Teresa Benedetti e Francesca Villanti.
L’evento ha come main sponsor Acea, sponsor Generali Valore Cultura, special partner Ricola, mobility partner Atac e Frecciarossa Treno Ufficiale, media partner Urban Vision ed è consigliata da Sky Arte.
Il catalogo è edito da Skira con saggi a cura di Maria Teresa Benedetti, Marco Di Capua, Mariella Guzzoni e Francesca Villanti.