Varco attivo e…cattivo!

Vagando per le strade del centro di Roma, non è insolito incontrare cartelli luminosi che, a seconda dell’ora, intimano “varco attivo o “varco non attivo”. Lo scopo del segnale è di consentire o meno l’accesso alle strade più interne del Centro storico, regolando in tal modo il traffico dei veicoli a quattro e più ruote. Generalmente alla zona delimitata da questa tipologia di cartelli segnaletici (chiamata ZTL – Zona a Traffico Limitato) si può accedere dalle 18.30 fino alle 6.30, restando inibito il traffico di veicoli non autorizzati. Le eccezioni sono riservate a veicoli con permesso perché appartenenti a cittadini residenti, a particolari categorie di lavoratori, alle Forze dell’ordine e ai diversamente abili. Il motivo di questa limitazione è ecologico, al fine di limitare l’inquinamento da gas di scarico, urbanistico, per avere un maggior scorrimento del traffico, e conservativo per evitare il decadimento materiale dei preziosi monumenti che caratterizzano la nostra capitale. Mi sovviene però abbastanza minaccioso un dilemma: se il varco è attivo si può accedere o no?

Varco – scelgo dal WEB – significa passaggio, cavità anche poco comoda nella quale entrare. Quindi è una mancanza, una cosa che non c’è, un’ostruzione venuta meno, una passività. Fin qui la logica ci asseconda, al pari della memoria e della grammatica. “Aprirsi un varco tra la folla” ci dà l’idea di uno sforzo teso a spostare corpi che si frappongono tra noi e una meta agognata, quale potrebbe essere un’uscita da una piazza, un mercato, un concerto, un cinema o uno stadio.

Nel caso degli accessi alla ZTL romana l’idea si complica alquanto, associando al termine passivo varco l’aggettivo “attivo” per ottenere in definitiva il divieto di passaggio. Scegliendo nel WEB tra i primi significati del termine “attivo” troviamo anche funzionante. Ora, se una mancanza funziona che cosa possiamo dedurre? Che prima c’era un ostacolo e ora non c’è più? Che dobbiamo forse riempire tale vacuità per sentirci attivi? Che se non passiamo dobbiamo sentirci una passività della società? Oppure che, in un’accezione sexelettrica, in quel punto si accoppiano e combinano entità dotate di spazio idoneo a far penetrare altre entità dotate della parte rispettivamente complementare?

Il parossismo tocca poi vertici degni delle migliori nevrosi metropolitane allorquando alla dizione “varco attivo” viene associato il romancapitolino divieto di transito! Il malcapitato, che mai era stato a contatto con tali vigilanti elucubrazioni, alla guida di un veicolo che origina la fila di altri infiniti veicoli clacsonanti e strombazzanti, dai quali provengono romaneschi epiteti rivolti allo spirito della sua più antica genie, ha poche frazioni di secondo per decidere, dentro o fuori, la multa o le maledizioni degli altri automobilisti impazienti, il tardivo fischio di un vigile che ha già annotato la targa o il sospiro di sollievo di una ritardata conferma successiva…

Ho deciso, con una piccola aggiunta consonantica ideale trasformo “attivo” in “cattivo” e quando vedo quella dizione luminosa giro alla larga, evitando di impegnare anche solo mentalmente quell’amletico bivio che tanti ori genera per le casse comunali…

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