Nella scoperta virtuale dei palazzi di Roma con la professoressa Capasso, non possiamo dimenticare un gioiello sito di fronte a Palazzo Corsini. Villa Farnesina, vero trionfo del Rinascimento.
Fu commissionata nel 1508 al celebre architetto Baldassarre Peruzzi dal ricchissimo banchiere senese Agostino Chigi, grande mecenate e personaggio di spicco che aveva accumulato una grande fortuna dalla vendita dell’allume della Tolfa. La costruzione, prototipo della villa suburbana, fu decorata, oltre che dal Peruzzi stesso, da Raffaello, da Sebastiano del Piombo e dal Sodoma con affreschi ispirati ai miti classici.
Nel 1511 la villa il cui viridario era bagnato del Tevere era già edificata e in parte decorata e Agostino Chigi, detto il magnifico, viveva qui la sua splendida vita di mecenate del Rinascimento, tra ricchezze e onori, protettore di artisti e amico di principi e cardinali che amava ricevere nella sua dimora.
Fu completata solo nel 1520, anno della morte del banchiere.
Memorabili alcuni banchetti imbanditi nella villa, quello allestito nelle scuderie splendidamente addobbate, quasi a dimostrare che le stalle del Chigi erano più fastose dei saloni del Palazzo Riario che stavano costruendo di fronte, o un altro in cui le vivande erano servite in piatti d’oro e d’argento che alla fine del pranzo venivano gettati nel Tevere; ma reti accuratamente nascoste nell’acqua restituivano i preziosi piatti all’accorto proprietario. Dopo tanto splendore, con la morte di Agostino nel 1520, la villa andò in decadenza; nel 1527 in occasione del Sacco di Roma la villa fu occupata dai Lanzichenecchi che lasciarono il segno del loro passaggio con graffiti che sono tuttora visibili. Nel 1580 fu acquistata dal Cardinale Alessandro Farnese, da cui prese il nome di Farnesina, per distinguerla dal Palazzo Farnese, al di là del fiume. Secondo un progetto di Michelangelo un ponte sul Tevere doveva collegare le due proprietà dei Farnese. Nell’estate 2021, per pochi giorni, la visione creativa del genio si è manifestata in un’installazione temporanea sul Tevere ad opera dell’artista francese Olivier Grossetête con un ponte, di acciaio e cartone, sospeso da palloni aerostatici, a perfetta metafora per raccontare lo spirito di una coeva rinascita sostenibile, e a dare così vita al sogno di Michelangelo a distanza di ben 5 secoli.
Nel 1884 la sistemazione degli argini e l’apertura del Lungotevere comportò la distruzione di una parte dei giardini. La villa passò poi ai Borbone, nel 1927 fu acquistata dallo Stato italiano.
Ora è proprietà dell’Accademia dei Lincei, che ha sede nell’antistante Palazzo Corsini, e sede di rappresentanza a Villa Farnesina.
L’attuale ingresso è dalla facciata posteriore (la facciata principale è quella con due avancorpi laterali) e ciò caratterizza la costruzione e la decorazione è lo stretto legame tra il giardino e la villa, come se ciascuno rappresentasse la continuazione ideale dell’altro. L’edificio, su due piani, ha una pianta a ferro di cavallo, che si apre verso il giardino con due ali tra cui è posta una loggia situata nel piano terreno e composta da cinque archi che sono attualmente chiusi da vetrate protettive; soluzione non bella, ma necessaria per la salvaguardia degli affreschi.
La loggia serviva da palcoscenico per le feste e le rappresentazioni teatrali organizzate dal proprietario. L’edificio si distingue dai modelli contemporanei per l’assenza del bugnato e del plastico rilievo di membrature architettoniche: le lesene si profilano leggere sul paramento murario; un fregio a rilievo di putti e ghirlande, dove si aprono finestrelle, corre al di sotto del cornicione.
Anche all’esterno ampie superfici erano affrescate, ma rimangono oggi solo piccole tracce non leggibili.
Partiamo da quello che era il primitivo ingresso, la Loggia di Amore e Psiche.
Affrescata dalla scuola di Raffaello su disegni del maestro, tra un intreccio di festoni narra la leggenda di Amore e Psiche tratta da Apuleio. Recente è la conclusione dei restauri. La presenza degli intrecci vegetali rimanda al giardino; vi sono riconoscibili circa duecento specie botaniche.
Al centro del complesso sistema figurativo spiccano le grandi rappresentazioni del Concilio degli dei e del Convito nuziale; le peripezie di Psiche forse alludono a quelle di Francesca Ordeaschi, che da cortigiana, amante di Agostino Chigi, ne diventò la moglie.
Sulla sinistra è la sala del Fregio così detta dalla decorazione a scene mitologiche con piccole figure dipinte dal Peruzzi, a destra è la Loggia di Galatea con il celebre trionfo di Galatea di Raffaello.
Il Trionfo di Galatea è una scena vivace e affollata, nella quale la ninfa, dai tratti del viso delicati, in contrasto con il corpo rigoglioso, campeggia al centro, sul suo carro, una conchiglia trainata da delfini. Il gruppo è sorvolato da alcuni amorini che scagliano frecce in direzione di Galatea, intorno una festa di tritoni, amorini e nereidi. Al suo fianco Sebastiano del Piombo affrescò Polifemo, lo sgraziato innamorato di Galatea, originariamente nudo e poi per decenza rivestito da una veste azzurra. Intorno, in epoca successiva, furono dipinti paesaggi.
Salendo per la bella scalinata arriviamo al primo piano, per vedere la grande Sala delle Prospettive e infine ci affacciamo nella stanza nuziale di Agostino Chigi: la Sala delle nozze di Alessandro e Rossana.
La vasta sala delle Prospettive, affrescata dal Peruzzi, è uno dei primi esempi di prospettiva nella pittura; prende il nome dalle vedute prospettiche che si vedono tra finte colonne.
Essa rappresenta la continuazione ideale delle logge del pianterreno; attraverso il finto loggiato si scorgono vedute paesaggistiche: paesi arroccati, scorci di campagna, e nel fondo, contro il cielo luminoso, è la città.
Sul lato sinistro tre porte comunicano con un’altra ala della Palazzina, sede dell’Istituto Nazionale della Grafica; sul fondo è la stanza da letto di Agostino Chigi affrescata dal Sodoma con scene della vita di Alessandro Magno.
Di questo palazzo non possiamo che lodarne la bellezza: gioiello prezioso nel cuore di Roma.