Violetta Carpino

L’ultima opera pubblica di Violetta Carpino è Il murale dipinto a Valentano, in provincia di Viterbo, ispirato all’opuscolo ‘Della immaterialità dell’anima’ di Paolo Ruffini, matematico e medico italiano nato proprio qui.

La giovane artista romana, laureata alle Belle Arti di Roma, ha già un curriculum notevole che spazia dalle scenografie per il tour di Cristiano de Andre’ nel 2016 e 2017, alla realizzazione della medaglia per la Maratona di Roma del 2017, alla realizzazione di murales e performance in Italia e all’estero, oltre naturalmente ad aver esposto in mostre collettive e personali con i suoi dipinti dal carattere forte e immediatamente riconoscibile. La giovane pittrice usa tecniche classiche csome la pittura a pennello, matite o carboncini, per esprimere concetti sempre moderni, con al centro quasi sempre il tema della donna: le sue immagini smuovono gli animi e gridano all’emancipazione femminile.

Ha fatto molto discutere il suo enorme murales a Monteflavio (realizzato insieme ad un’altra street artist) sul tema del ratto delle sabine: il noto aneddoto della storia romana è diventato pretesto per una raffigurazione che parla di violenza sulle donne, allora come ancora oggi. Bellissime figure di donne fuggono dall’uomo che le afferra con violenza mentre loro si tendono verso la perfezione e la libertà.

Murales di forte denuncia contro il femminicidio è quello realizzato a Valencia per Chiara Insidioso, ragazza ridotta in fin di vita dal fidanzato ed oggi costretta sulla sedia a rotella con gravi danni cerebrali: qui la vediamo invece meravigliosamente viva e incinta di una maternità che le è stata negata. È la denuncia forte ed assordante contro la violenza sulle donne attraverso la storia di una sopravvissuta che non sarà mai più quella di prima.

All’Ex Manicomio di Santa Maria della Pietà partecipa al progetto ‘Caleidoscopio’ con un murale di una donna incinta, ma senza volto e a braccia distese: avvicinadosi si nota che il feto è invece un orecchio… quante madri chiedono di essere ascoltate, quante urla mute hanno sentito le mura di un luogo così terrificante !

A Valentano , grazie al Bando della Regione Lazio vinto insieme ad altri artisti e ai ‘Pittori Anonimi del Trullo’ affronta un tema fuori dalle sue corde: Ruffini, un uomo, che fu matematico, medico e religioso, riunendo in sé razionalità, umanità e spiritualità.

Violetta Carpino interpreta in modo del tutto originale il significato del libretto “Dell’Immaterialità dell’Anima” e lo spiega così: “ Con questo scritto Ruffini cercò di dimostrare scientificamente l’immaterialità dell’anima, affermando che ‘un essere dotato della facoltà di conoscere è necessariamente immateriale’. Nel mio dipinto – realizzato al parcheggiosotto via delle Mura- ho interpretato il suo pensiero a mio modo: la mano a sinistra è metafora della materialità e del possesso, cerca di prendere qualcosa e sul dorso presenta un cerchio pieno; la mano a destra invece indicando verso l’alto raffigura l’immaterialità e la spiritualità, tende verso l’assoluto, e presenta al centro un vuoto, un tassello circolare mancante che ritroviamo fluttuante tra le due mani, come se queste ultime stessero giocando una sorta di partita. Il cerchio nero è metafora dell’anima, della profondità e dell’introspezione che vi è in ogni essere umano, avvolta e bloccata dalla razionalità, la spessa linea bianca.

Non so esattamente il motivo ma durante la fase progettuale molto spesso mi è tornata in mente una frase del film Match Point di Woody Allen e la scena in cui viene citata: ‘É incredibile come cambia la vita se la palla va oltre la rete o torna indietro, no?’ In questo dipinto ci sono due aspetti della vita; entrambi, nel profondo, tendono sempre alla circolarità, al ricongiungimento con se stessi, alla perfezione, anche se quest’ultima, per alcuni, significa possesso e materia. Per quanto un uomo possa cercare di non fare introspezione, arriva sempre un momento della vita in cui quella partita la si deve giocare e capire-scegliere chi essere, facendo i conti con la propria anima.”

La realizzazione realistica dei dettagli, come le mani, si contrappongono e fondono allo stesso tempo con il concettualismo dell’opera, che ancora una volta costringe lo spettatore a riflettere: che sto guardando? Che Vuole dire? Ogni risposta è lecita, perché lo scopo è proprio costringere alla riflessione, alla domanda.

In ogni sua opera questa giovanissima e talentuosa artista riesce a mescolare tecnica e pensiero: i volti, i dettagli fisionomici, le tensioni di muscoli e tendini sono così perfettamente realizzati che catturano lo sguardo dello spettatore, lo attraggono verso l’opera con forza. Ma poi ecco che guardando meglio si nota che qualcosa ‘stona’ o è fuori posto e immediatamente si ribalta l’idea di ciò che si credeva di vedere: l’opera urla altro e cattura ora il pensiero di chi la sta osservando, costringendolo a riflettere e a darsi delle risposte.

 

 

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