È arrivata la nuova mostra di Palazzo Altemps: si chiama Inventing life, ed è la prima in Italia ad essere dedicata all’avanguardia del gruppo di Bloomsbury. Quest’ultimo si costituì intorno alla figura di Virginia Woolf, nelle stanze della sua casa a Bloomsbury, dove viveva con i fratelli Thoby e Adrian e le sorelle Vanessa e Stepehen. Qui si recavano artisti, intellettuali, politici ed economisti. Il loro scopo non era solo quello di creare dipinti o opere letterarie a livello formale. Loro avevano una missione molto più alta: inventare un nuovo modo di vivere, proprio come recita il titolo della mostra.
L’esposizione vuole dunque ricreare l’ambiente delle stanze dove questo gruppo di menti brillanti si ritrovava e condivideva predilezioni artistiche, relazioni romantiche, esperienze lavorative innovative, motivazioni sociali. E lo stesso tema della stanza è profondamente legato a Virginia Woolf. Basti pensare al suo saggio epocale Una stanza tutta per sé (1929), che l’ha resa “una scrittrice cult, icona del movimento femminista globale. Una stanza e dei soldi sono ciò di cui ha bisogno una donna, se vuole essere scrittrice. Ma una stanza è molto più di questo. È uno spazio di indipendenza personale, sottratto agli obblighi familiari, in cui la donna può finalmente dedicarsi a sé stessa. Uno spazio fecondo, dove coltivare la creatività e l’immaginazione. È questo che Virginia Woolf invita le donne a conquistarsi.
Ma la mostra celebra anche l’importanza del vivere in società. Uscendo di slancio dall’epoca vittoriana, questo gruppo reinventò il proprio modo di vivere, rifiutando le costrizioni e le etichette sociali, in nome della libertà intellettuale e sessuale. La rivoluzione di Bloomsbury sovvertì i parametri estetici, etici e politici. Non si tratta di intellettuali che vivono in una torre d’avorio. Non producono solo arte, pittura, libri, romanzi. Sono a anche uomini e donne che amano fare azioni concrete. Per esempio, fondano gli “Omega Workshops”, un laboratorio in cui vengono creati oggetti di uso comune che però siano belli, frutto di una ricerca creativa. Piatti, sedie, tappeti, cuscini: sono tutti oggetti di consumo pronti all’uso, ma che devono risvegliare un senso di piacere. È infatti giusto e democratico che l’arte sia messa a servizio della vita comune.
Fondano anche la Hogarth Press, casa editrice grazie alla quale possono pubblicare i loro saggi e le loro opere. In primis, quelle di Virginia Woolf. E tutto è nato proprio per mettere fine a un disturbo psichico di Virginia, che si perdeva troppo nei suoi pensieri. Le comprarono una pressa per fabbricare libri, stimolandola così a compiere azioni concrete, che la tirassero fuori dal caos mentale. È incredibile pensare che senza questa casa editrice probabilmente le opere della Wolf non sarebbero state pubblicate, o comunque probabilmente sarebbero state censurate, con grandissime perdite per la nostra letteratura e per il nostro pensiero in generale.
La mostra andrà avanti fino al 12 febbraio 2023. E per rivivere lo spirito di Bloomsbury, il Museo Nazionale Romano ed Electa (la casa editrice del catalogo della mostra) hanno articolato un programma di appuntamenti molto interessanti. Sarà impossibile non farsi ispirare da un gruppo così d’avanguardia, che troppo spesso passa in secondo piano, mentre invece ha avuto un impatto fondamentale sul nostro modo di fare cultura e d’interpretare il mondo.