“Quando mi hanno chiamato per propormi di curare questo progetto insieme a Stéphane Verger, mi sono sentito come un bambino in un parco giochi. Il mio interesse appassionato per le radici culturali italiane e la possibilità di proiettarle oltre le prospettive classiche, ibridandole come faccio quando intervengo personalmente sulla statuaria classica, forse scandalizzerà il mondo accademico. Ma io vado per la mia strada, quella di un artista che ha iniziato una sua riflessione sull’archeologia comprando alle aste capolavori certificati e rendendo queste acquisizioni parte del processo creativo, per poi riassemblarli e mettere in discussione la nostra relazione con la storia. Per me l’archeologia non è antica né moderna né contemporanea: è presente”. Spiega Francesco Vezzoli.
Negli ultimi anni, Francesco Vezzoli ha formato il suo stile realizzando un collegamento fra l’immaginario contemporaneo e la storia dell’arte. Una procedura che lo ha condotto a indirizzare la sua poetica all’arte antica, al passato e ai suoi idiomi, e a dipanarsi tra i differenti linguaggi tramite richiami e combinazioni tra cultura classica, solenne, universale e cultura pop.
A Palazzo delle Esposizioni di Roma dal 22 aprile al 27 agosto 2023, curata da Francesco Vezzoli e Sthéphane Verger, la mostra “Vita Dulcis. Paura e Desiderio nell’Impero Romano”, è ideata da Azienda Speciale Palaexpo, Museo Nazionale Romano e studio Vezzoli, è promossa dal Ministero della Cultura, Assessorato alla Cultura di Roma Capitale, Azienda Speciale Palaexpo e Museo Nazionale Romano ed è organizzata da Azienda Speciale Palaexpo.
Si articola appunto attraverso l’attuale produzione dell’artista per presentare ai visitatori un inedito e stupefacente percorso che lega arte contemporanea, archeologia e cinema.
Il fine di Vita Dulcis pertanto è quella di attuare una nuova narrazione sull’antichità classica, mediante un percorso espositivo che non ha la freddezza e la distanza caratteristiche di determinate rassegne museali, e che vuole ridare al pubblico la profondità e l’emozione vera che i reperti antichi possono ancora infondere.
Nel Palazzo delle Esposizioni, il titolo “Vita Dulcis” è un riferimento secondo l’espressione latina riferita al famosissimo capolavoro di Federico Fellini, film che ha avuto una funzione prioritaria nel cinema e nella storia coreografica. E’ stato preso infatti in prestito il titolo del film più importante dell’immaginario di Federico Fellini, di cui è stato da poco tempo celebrato il centenario della nascita con il restauro del suo cinema a Rimini e creata una rilevante esposizione chiamata “La dolce vita”.
L’evento vuole illustrare con particolare combinazione di realtà e fantasia un avvenimento collettivo ricco di fascino e incanto.
Chiarisce Francesco Vezzoli: “Vita Dulcis” è un gioco di parole, la Dolce Vita però applicata all’archeologia, è un omaggio a Roma, la città che ha raccontato tante mitologie in tante epoche diverse della storia”.
Francesco Vezzoli nasce nel 1971 a Brescia. Dal 1992 al 1995 studia alla Cental St. Martin’s School of Art di Londra. Oggi vive e lavora a Milano. E’ uno degli artisti contemporanei italiani più autorevoli a livello mondiale; si rivolge alla elaborazione di numerosi lavori atti a rapportare citazione storiche e tangibile cultura figurativa, tributi simbolici nei riguardi di attori e attrici ormai quasi dimenticati. L’artista esegue una specie di rimeditazione e rielaborazione dell’effimero mediatico senza astenersi a citazione del cinema colto. Ha partecipato alla Biennale di Venezia molte volte: la prima nel 2001, poi nel 2005, con un video
denominato Trailer for a remake of Gore Vidal’s Caligula. Vezzoli ha compiuto mostre personali in molteplici sedi internazionali e nazionali, come la Galleria Nazionale del Jeu de Paume a Parigi, il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea di Torino, il New Museum of Conteporary Art di New York, ecc.. Ha partecipato a esposizioni collettive come la Whitechapel Art Gallery di Londra, lo Studio Museum di Harlem New York, la Tate di Liverpool, il Museo Migros di Zurigo, la Larry Gagosian Gallery di Beverly Hills e di New York, e altre ancora. Nel 2010 ha preso parte alla rassegna Spazio, dalle collezioni Maxxi arte e Maxxi architettura al Maxxi di Roma, ha esposto anche nella Galleria a Palazzo Gallery a Brescia nel 2011. Nel 2017 ha presentato alla Fondazione Prada di Milano TV 70: Francesco Vezzoli guarda la Rai, che riattraversa l’ingente produzione televisiva degli anni Settanta. Nel contesto del progetto Alfabeto Treccani, l’artista ha attuato l’opera in edizione limitata, intitolata Take My Tears, 2019, serigrafia che include i contenuti iconici della sua poetica: il genere dell’autoritratto e il tema della lacrima.
“Vita Dulcis” è un progetto che attua una nuova narrativa, mostrando opere e manufatti dell’arte classica romana in un percorso espositivo che vuole ridare allo spettatore l’intensità vitale e la passione che tali oggetti esprimono.
Ci entusiasmeremo attraverso le collezioni dei depositi del Museo Nazionale Romano mediante una nuova visione entusiasmante; le opere e anche gli antichi oggetti votivi sono infatti presentati tramite una rappresentazione contemporanea.
L’esito è quindi un penetrante mosaico di opere classiche iconiche, splendidi manufatti inediti, opere d’arte del cinema mondiale e una parte di contemporaneità. Stratificazioni e esibizione di qualità estetiche diverse, periodi differenti, arte colta e popolare, storia del potere e fotografia della vita reale.
Il risultato è un allestimento inerente agli anni attuali in cui il pop si collega con l’erudizione, l’antico con il contemporaneo e il frutto è assolutamente straordinario. Tutto ciò in sale scenografiche e imponenti vicine all’ambientazioni delle composizioni di Giorgio de Chirico, riferimento per il Maestro, dove teatrali tendaggi rossi e raffinati plinti creano atmosfere irreali, valorizzate da un gioco di luci e ombre, di bianchi e neri, in virtù dell’inventiva fantasiosa di Filippo Bisagni e Luca Bigazzi: il più celebrato direttore italiano vivente della fotografia de La grande bellezza ed il Divo, e autore della fotografia di Così ridevano. L’allestimento risulta enfatico e plateale, specificatamente l’illuminazione, come ad esempio le teste collocate su piedistalli neri avvolte nel buio dell’ambiente.
L’artista ha decantato la Settima Arte come medium privilegiato per l’interpretazione della realtà e come riferimento emotivo e narrativo più potente nel dibattito contemporaneo.
E’stato dunque per lui consequenziale accostare manufatti di epoca romana a spezzoni di film con ambientazioni dell’antica Roma. E non è una coincidenza se uno dei suoi lavori più celebrati, come già riportato, Trailer for a Remake of Gore Vidals Caligula, presentato alla Biennale di Venezia del 2005, congiunga appunto in una citazione irriverente dei “peplum”, il cinema e l’antico per dare una raffigurazione della degenerazione contemporanea del potere.
Introduce il progetto espositivo la rotonda centrale dell’edificio, con sei sculture luminose, inizialmente realizzate dall’artista nel 2012 per il “24H Museum” al Palais d’Iéna di Parigi, in collaborazione con Prada. Le maestose figure femminili riproducono corpi di marmi antichi, con il viso di star del cinema, dove Francesco Vezzoli immette una componente a lui estremamente familiare: gli occhi della madre sostituiti a quelli delle attrici attraverso un’operazione di collage. L’artista ha reinterpretato alcune iconiche sculture romane di figure femminili di età classica: Afrodite Sosandra, la Menade danzante, Venere de’ Medici, Vibia
Sabina, Venere Callipigia e Afrodite Cnidia ed i volti sono appunto quelli di attrici celebri come Sharon Stone, Michelle Williams, Anita Ekberg, Valentina Cortese, Jeanne Moreau, la Principessa Caroline di Hannover.
Intorno alla rotonda di Palazzo delle Esposizioni si sviluppano sette sale tematiche, ognuna riferita ad un aspetto distintivo della storia dell’Impero Romano. Tutto ciò con lo scopo di proporre un’immagine diversa dei temi più vivi e appassionati che tali reperti archeologici ci comunicano da oltre 2000 anni.
La prima sala, chiamata PARA BELLUM, è rivolta al tema della guerra e al culto della potenza del corpo maschile, concepito nel suo doppio significato di difensore armato e protettore di valori estetici morali. Un ritratto di Alessandro Magno, in marmo bianco italico, proveniente dal Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo, una testa del Dio Marte e un torso monumentale dell’imperatore Domiziano vestito da Ercole combattente, dai depositi delle Terme di Diocleziano sono messi in relazione mediante una re-interpretazione del mito di Achille e Pentesilea. Nel fondale della parete della stanza la proiezione di frammenti estratti da La calata dei barbari, 1968,, lungometraggi di genere storico del regista tedesco Robert Siodmak e il notissimo film Il gladiatore, 2000, con la regia di Ridley Scott, donano con la loro visione un contrasto emozionale nei riguardi dei reperti archeologici.
La seconda sala: ANIMULA VAGULA BLANDULA, è riservata ad un tema molto vicino all’essenza della produzione artistica del Maestro: il culto di Antinoo, fondato dall’imperatore Adriano, quale conclusiva realizzazione culturale ed estetica della passione amorosa. L’iconico Busto di Antinoo, dalla collezione Boncompagni Ludovisi di Palazzo Altemps, del II secolo d.C., marmo lumense per il busto e la parte antica della testa, marmo di Carrara nelle integrazioni, è al centro di un’istallazione ideata come idioma dell’ossessione sentimentale, come moltiplicazione e stratificazione artistica. Proiettato Sebastiane, 1976, una pellicola controversa in lingua latina, diretto dal regista inglese Derek Jarman, mostra le azioni di un piccolo gruppo di soldati abbandonati al piacere omosessuale. Il secondo film è Spartacus, 1960, con la regia di un giovane Stanley Kubrick, sono presenti anche qui scene di esplicito richiamo omosessuale.
La terza sala DUX FEMINA FACTI, esalta la celebrazione della donna insita nella cultura dell’Urbe. L’immagine femminile in questo ambiente è riprodotta in tutte le sue personificazioni, dalle più violente e irruenti: Testa di Medusa alle più fisiche e sentimentali: le dee come Venere e Diana, dal ritratto di una Matrona all’altare piramidale composto da 69 sculture di uteri ex-voto, reperti votivi fittili. In tale luogo non potevano non esserci il richiamo alla regina egizia Cleopatra. Due versioni del personaggio sono nei film diretti da Cecil B. DeMille, 1934, e da Joseph L. Mankiewicz, 1964, con Elizabeth Taylor come protagonista.
La IV sala denominata CERTA OMNIBUS, è dedicata al culto dei defunti, molto importante nell’antica Roma. In tale periodo infatti il culto delle divinità dell’oltretomba era intimamente legato all’opinione che l’anima sopravvivesse alla morte del corpo. Una venerazione che si esternò in numerosi aspetti artistici e che qui viene espresso con una grandiosa istallazione di 47 lapidi funerarie in marmo, provenienti dalle Terme di Diocleziano. Un lungo corridoio esaltato dalla proiezione della nota sequenza del sacrificio umano nel tempio di Moloch dal film muto Cabiria, 1914, diretto da Giovanni Pastrone.
Nella V sala: RIDETEM DICERE VERUM è mostrato un film, splendore universale del cinema mondiale. Satyricon di Federico Fellini, 1969, in cui i contenuti sessuali sono presentati mediante un filtro ironico dal Satyricon di Petronio. La famosa scena della cena di Trimalcione accompagna un’istallazione di sculture antiche: teste e busti di personaggi storici, al cui centro vi è una delle opere più distinguibili e iconiche del Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo: l’Ermafrodito dormiente della metà del II secolo d.C., in marmo microasiatico.
La VI sala UBI POTENTIA REGNAT ospita una successione di volti e busti di imperatori romani, su una struttura a forma di ziggurat, appartenenti alla collezione di Palazzo Massimo e delle Terme di Diocleziano. Facenti da scenario al potere imperiale e alla forza distruttiva della sua degenerazione, peculiarità anche della VII e ultima sala, sono esibiti alcuni frammenti del film Mio figlio Nerone, 1956, una commedia con un cast in cui sono presenti Alberto Sordi, Brigitte Bardot e Vittorio De Sica. Riporta a codesti uomini di potere del periodo romano anche il film Nel segno di Roma, 1959, con la regia di Guido Brignone e Michelangelo Antonioni.
Conclude il percorso la VII sala: MIXTURA DEMENTIAE, rivolta alla caduta dell’impero, vari e pregiati frammenti e reperti, tanti di essi provenienti dalla sede di Crypta Balbi. Tra le opere: Ai tuoi piedi (Pedicure), 2020, un piede votivo in argilla del III secolo a.C. ritoccato con dello smalto per unghie, Love and Sex in Ancient Rome, 2019, frammento di scultura in tufo di un pene, Lacrime di coccodrillo, 2023, un grandissimo rettile in bronzo che divora una testa in marmo di Palmira del III d. C., e le opere realizzate con il ricamo metallico Caligula Killed Tiberius, (Peter O’Toole), 2005, e Charea Killed Caligula (Paolo Bonacelli), 2005. Oggetti che sono di contrappunto alla proiezione di Trailer for a Remake of Gore Vidal’s Caligula, impostato come il promo di un film che in realtà non esiste. Iniziando dal film originario Caligola del 1979, sceneggiato dallo scrittore e drammaturgo americano Gore Vidal, diretto e riscritto da Tinto Brass e prodotto da Bob Guccione, fondatore di Penthouse, si sviluppa una irriverente commedia dell’arte.
“Vita Dulcis inaugura il nuovo corso dell’Azienda Speciale Palaexpo e rilancia in modo fattivo il ruolo del Palazzo delle Esposizioni come punto di riferimento per la produzione e ideazione di progetti espositivi inediti, volti a riportare Roma al centro della scena culturale internazionale del contemporaneo. Con la mostra miriamo a un cambio di passo verso la realizzazione di questo disegno ambizioso., che verrà portato avanti anche attraverso collaborazioni più incisive con istituzioni e artisti di livello mondiale come Vezzoli”, dichiara Marco Delogu, presidente di Azienda Speciale Palaexpo.
“Il Museo Nazionale Romano è molto lieto di avviare una proficua collaborazione con l’Azienda Speciale Palaexpo, grazie alla quale il pubblico scoprirà, accanto ad alcuni dei capolavori noti del museo, molti oggetti poco conosciuti o addirittura mai visti, che abbiamo tirato fuori dagli ingenti depositi in occasione della mostra. Questi “Depositi (Ri)scoperti” acquistano un significato particolare grazie alla visione straordinaria di Francesco Vezzoli, che proietta gli oggetti antichi in una prospettiva decisamente contemporanea: una doppia riscoperta quindi dei tesori del Museo Nazionale Romano grazie all’iniziativa proposta con grande lungimiranza da Marco Delogu”, aggiunge Stéphane Verger, direttore del Museo Nazionale Romano.
Un percorso articolato ed esaltante determinato da un approccio passionale e giocoso che riesce a collegare con spontaneità il passato e il presente secondo l’estetica di Francesco Vezzoli, attraverso la perfezione architettonica dei marmi che creano ammirazione, costituendo una esposizione entusiasmante per i visitatori.
L’intera rassegna è pertanto un evento irrinunciabile sia per i cultori della storia dell’arte antica che per gli estimatori dell’arte contemporanea, e sicuramente avrà un enorme consenso di pubblico come omaggio alla secolare Roma e all’eccelso Maestro.