Al Teatro Roma, “Romeo l’Ultrà e Giulietta l’Irriducibile”.  Una ‘storia d’amore e tifosi con tragedia finale’.

“Queste gioie violente hanno fini violente. Muoiono nel loro trionfo, come la polvere da sparo e il fuoco, che si consumano al primo bacio”.

Prendete una tra le tragedie più famose scritte dal Bardo, Romeo e Giulietta, e sciacquatela nel biondo Tevere; immaginate poi, che la romantica Verona si trasformi improvvisamente, in una di quelle borgate romane, così tanto care a Pasolini, e che l’odio tra famiglie scolori nell’odio tra due tifoserie rivali, come gli Ultrà della Roma e gli Irriducibili laziali, mentre l’amore, quello invece, resta immutato, puro, forte, potente e tragico come lo è da sempre, ed otterrete così, una tragedia nuova, fresca, originale, che sa raccontare ai ragazzi di oggi una storia che ha il sapore dell’eternità.
È la tragedia “Romeo l’Ultrà e Giulietta l’Irriducibile”, nata dalla brillante penna del regista Gianni Clementi, che ne cura pure la regia, e in scena al Teatro Roma fino al 28 marzo.
Quasi due ore di puro, godibile, divertimento attendono il pubblico, calato in una realtà da stadio, spettatori/tifosi della tragedia che avviene dinanzi ai loro occhi.
Il teatro rompe, così, le sue barriere, grazie alla straordinaria scenografia curata da Carlo De Marino, e si trasforma in uno spazio underground, spazio aperto e ultramoderno, dove tutto accade. Un ponteggio metallico, con i suoi impalcati, al centro scena, diventa ora il balcone di Giulietta, ora la strada, ora la cappella del cimitero, strumento multiforme che si adatta, di volta in volta, a far da sfondo al susseguirsi delle scene, mentre sulla destra un divano, altra geniale intuizione della regia, dove siedono gli attori fuori scena. Già perché in questa originale trasposizione bisogna scordarsi i cambi scena, il sipario che si alza e si abbassa, gli attori che salgono e scendono dal palco, per un cambio veloce. Qui tutto si svolge davanti agli occhi dello spettatore, tutto accade su quel palco, trasformato in una sorta di immaginifica arena da stadio, senza cambi, senza interruzioni, senza trucchi né inganni, dando, così, un ritmo frenetico e brioso allo spettacolo in sé, che coinvolge fortemente l’animo di chi lo guarda. E gli attori, fuori scena, seduti, quasi silenti, su quel divano, si trasformano in spettatori anch’essi, non però come pubblico sulle gradinate, ma comodi sul loro divanetto, come davanti alla TV, intenti a godersi l’evolvere del racconto. Perché la ‘partita’ dell’amore vs. la tragedia puoi viverla in diretta allo stadio, o comodamente seduti a casa, tra amici.
E il Romeo e Giulietta è la storia dell’amore, quello giovanile, che non conosce ostacoli, non ha limiti e catene, quello dove l’uno si nutre della freschezza dell’altra, e per questo è doloroso e tragico.
Qui non ci sono però i Montecchi e i Capuleti, non ci sono due famiglie rivali, ma ci sono due gruppi di tifosi, i romanisti ed i laziali, uniti da una fede, divisi dai colori delle loro squadre.
Un odio, il loro, che nasce dal disagio sociale che vivono, e che trova una propria valvola di sfogo nella partita di calcio, che da evento sportivo diventa la loro battaglia.
Qui non troviamo i vari Paride, Benvolio, Tebaldo e compagnia cantando ad unirsi a Romeo e Giulietta, ma Er Catena, Babbuino, Er Macarena, Schizzo, Spadino, Er Cobra, nomi che evocano gang giovanili di borgata, ma la trama segue lo stesso ritmo dell’originale shakespeariano.
Anche nello spettacolo in scena al Teatro Roma ci sono “due fazioni opposte, annebbiate da un odio reciproco talmente radicato ed insensato da sconfiggere la purezza e l’amore di due ragazzi”, come afferma lo stesso regista teatrale; cambia però, il linguaggio, che si fa “decisamente popolare”, perché è “in fin dei conti una storia ‘coatta’” quella portata in scena, una storia di rabbia e dolore, dove il calcio, la partita domenicale diventa “il fine ultimo della loro esistenza”.
E sarà, per lo spettatore, curioso e avvincente seguire le vicende di questa disperazione giovanile, mentre la mente corre ai ricordi del dramma scritto da Shakespeare, resa ancora più realistica dalla spontanea bravura e dallo straordinario affiatamento dei giovani attori della compagnia, Matteo Cirillo, Simone Crisari, Alessio D’Amico, Giulia Fiume, Edoardo Frullini, Federico Le Pera, Matteo Milano, Luca Paniconi, Daniele Locci, Simone Pulcini, Luna Romani, Gianmarco Vettori, guidati dagli esperti Marco Prosperini e Stefano Ambrogi, nei ruoli dei padri delle due famiglie rivali.
Saranno quasi due ore di puro divertimento, di grasse risate, ma anche di velate riflessioni sulla nostra realtà attuale, dove le esistenze si trascinano tra precarietà, incertezze, sballi, “amori improvvisati, emozioni da inventare”, in una società spesso “cinica e ingiusta”.
Rabbia, dolore, ma anche la voglia di credere in una fede, di lottare per un ideale, di amare. Perché questo è il messaggio di fondo della tragedia scritta dal Bardo: un canto all’amore puro.
E “questo e solo questo vuole essere ‘Romeo L’Ultra e Giulietta l’Irriducibile’”.
E basterà solo sedersi al teatro/stadio per viverlo pienamente.

 

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