Sfogliare vecchi numeri di Vogue rappresenta forse uno dei modi migliori per salutare il nuovo anno e lasciarci alle spalle quello vecchio. Il 2020, annus horribilis, per via della pandemia che ha stravolto le nostre esistenze e ha mietuto un numero pazzesco di vittime, e per una lunga serie di lutti di personaggi cari a tutti noi come Diego Maradona, Gigi Proietti, Pierre Cardin. Il 29 dicembre, a poche ore dalla fine dell’Anno, ci ha lasciato dunque Monsieur Cardin, gigante della moda, morto a pochi mesi di distanza da un altro mostro sacro come lo stilista giapponese Kenzō Takada. Ciononostante, la moda custodisce un pizzico di magia anche nei giorni più bui, nei momenti più difficili. Così i vecchi numeri di Vogue nonché il sito web della celebre rivista consentono di riscoprire la magia, il sogno della moda, che significa abiti, accessori, sfilate, mercati, ma anche atmosfere rarefatte, vite favolose, amori tormentati e talvolta impossibili. Un amore fuori dagli schemi fu quello che legò il compianto Pierre Cardin e l’attrice Jeanne Moreau (in foto). In un’intervista rilasciata a Paris Match, nel 2001, quindi molti anni dopo la fine della loro storia, raccontano con una libertà esemplare la loro relazione insolita, dal momento che a lui non piacevano le donne e lei non aveva alcuna voglia di impegnarsi in maniera stabile. Si amarono, senza essere innamorati, dal 1961 al 1964 rimanendo amici per gli anni a venire, certamente fino al 2017, anno della dipartita di Moreau. D’altra parte, gli anni Sessanta rappresentano il decennio più importante nella carriera dello stilista italo-francese. Il suo talento è talmente grande e il suo spirito così arguto che perfino l’espulsione dalla “Chambre Syndacale de la Couture” si rivela un evento propizio, poiché Cardin si libera dai vincoli della Haute Couture per creare collezioni più economiche per i grandi magazzini Printemps. L’uomo che si era formato negli atelier-tempio dell’alta moda come furono quelli di Elsa Schiaparelli e Christian Dior intuisce che il vento sta cambiando e che la moda andrà incontro ad un processo di progressiva “democratizzazione”. Di lì a pochi anni infatti la contestazione giovanile irromperà sulla scena politica e sociale, prima a Parigi nei giorni del maggio del 1968 e poi nel resto d’Europa. La contestazione rappresentò una sorta di caleidoscopio di istanze diverse e talvolta contraddittorie, sebbene accomunate dalla libera espressione di sé come cifra autentica di un radicale cambiamento nella mentalità. Monsieur Cardin comprese la forma dei cambiamenti e fu in grado di tradurla in abiti e accessori dal sapore moderno e dalle linee futuristiche. Alla soglia dei cinquant’anni e con una carriera di tutto rispetto, lo stilista originario della provincia di Treviso seppe dunque conquistare nuove quote di mercato, divenendo lo stilista-simbolo della cosiddetta eleganza democratica. Ma il suo talento visionario superò i confini dell’interclassismo per approdare nell’altrove per definizione, l’Oriente, tanto è vero che nel 1979 fu il primo stilista occidentale ad organizzare una indimenticabile sfilata sulla Grande Muraglia Cinese. Il dischiudersi di nuove rotte commerciali ad Est spinse Pierre Cardin in un altro luogo simbolo come la Piazza Rossa di Mosca. A ragione si è tanto scritto delle origini italiane, del debito artistico con i grandi maestri Schiaparelli e Dior summenzionati, dello stile avveniristico, ma si è dimenticato di porgere l’ultimo saluto a questo protagonista della moda e dell’arte, ricordando come amasse ripetere nelle sue ultime interviste che l’unica cosa che conta è il futuro.
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