Sono passati sessantatre anni da quel tragico 26 luglio 1956 in cui l’Andrea Doria, considerata la più bella nave italiana, naufragò in prossimità di Nantucket, vicino gli Stati Uniti, dopo essere stata speronata il giorno prima dalla Stockholm, una nave mercantile battente bandiera svedese appartenente alla Swedish America Line. L’evento è passato alla Storia come una delle peggiori sciagure di sempre avvenute per mare e l’eco fu tale da rimanere tuttora indelebile nella memoria di chi, quel giorno, ascoltò inerme la notizia.
L’Andrea Doria, articolata in 11 ponti, poteva trasportare oltre 1241 passeggeri ed era amatissima per lo sfarzo e l’eleganza che la differenziavano orgogliosamente dagli altri transatlantici. Non era una semplice nave: incarnava la fierezza di un popolo, quello italiano, che voleva ricominciare a sperare che qualcosa di bello fosse possibile dopo un conflitto mondiale che aveva significato solo morte e distruzione.
Quel 26 luglio, alle ore 10.15, morirono 51 persone: la maggior parte dei passeggeri fu tratta in salvo grazie all’immediatezza dei soccorsi. Il processo che seguì terminò con una conciliazione extragiudiziale, in forza della quale le due compagnie, la Swedish-American Line e la Italia-Società di Navigazione, furono condannate a risarcire le vittime. Colpevole della tragedia, secondo la sentenza, era la nebbia, ma i dubbi circa la reale responsabilità dell’evento impiegarono poco tempo a emergere e ancora oggi, a distanza di 63 anni, non sono sopiti: verosimilmente i fattori sono stati diversi e di diversa natura, ma durante il processo le due compagnie erano state invitate a esporre solo le vulnerabilità del transatlantico italiano, senza entrare nel merito di altre questioni. In quel periodo, d’altronde, la Stockholm stava lavorando a un’altra nave proprio presso i genovesi Cantieri d’Ansaldo, patria della stessa Andrea Doria. Alla fine, nessuna responsabilità venne accertata.
Simbolo del riscatto italiano nel secondo dopoguerra, l’Andrea Doria rimane una pagina nera e oscura della Storia italiana. Dimenticarsi di quel 26 luglio, per molti, è ancora impossibile.