Lo scorso 13 settembre è stata approvata una risoluzione europea sulla “Creazione di condizioni del mercato del lavoro favorevoli all’equilibrio tra vita privata e vita professionale”, che, assieme alla recente ratifica della Convenzione di Istanbul (“Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica”), rappresentano un orientamento per Governo ed imprese al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro futuri.
Le ultime leggi di stabilità stanno recependo talune importanti innovazioni in tema di welfare aziendale e conciliazione vita/lavoro, nonché talaltri istituti che possano radicare comportamenti virtuosi nei datori o datrici di lavoro e prestatori o prestatrici d’opera (congedo parentale, congedo per donne vittime di violenza, voucher assili nido, baby-sitter, etc), nel difficile equilibrio tra istanze private e risorse economiche sempre più esigue.
Le discriminazioni di genere radicano in terreni talvolta apparentemente lontani o neutri, il dibattito pubblico sulla gestazione ed il valore della maternità (medicalizzazione del parto, interruzione di gravidanza, allattamento, avvenenza fisica, reinserimento nel mondo del lavoro), sull’occupazione femminile (imprenditoria femminile, presenza nei board decisionali, disparità salariali, segregazione formativa e progressione di carriera, disomogeneità retributiva nei settori di occupazione a maggiore propensione femminile, lavoro nero e dimissioni in bianco, irregolarità contributiva, caporalato ed età pensionabile, harrassment e stalking), sulla distribuzione dei carichi di lavoro (ruoli e stereotipi nella cura domestica e nelle mansioni lavorative) attestano la necessità di un empowerment al femminile come sostegno e sviluppo per la società e l’economia. Gli economisti lo definiscono un “giacimento di PIL potenziale” lasciato lì inespresso. Se l’occupazione femminile passasse dall’attuale 46,1% almeno al 58,1% della media europea, se non all’obiettivo del 60%, auspicato dal Trattato di Lisbona, garantirebbe un incremento del 7% del PIL, pari a quanto prodotto in 12 anni, dal 1998 al 2010.
Promuovere e tutelare la presenza delle donne sul mercato del lavoro non è solo una questione di equità, è un volano virtuoso che attraversa gli istituti sociali, accrescendo il benessere relazionale ed economico della Nazione. Un futuro roseo, per tutt*
Federico Mattia Ricci