Che il progresso tecnologico abbia radicalmente mutato le nostre vite è un fatto, che abbia modificato e indirizzato le nostre abitudini è invece allo studio.
Sempre maggiori appelli vengono lanciati da studiosi e manager pentiti che pure hanno contribuito a sviluppare il settore.
Effetti disastrosi si notano sugli adulti, proiezioni allarmanti sui giovani, nativi informatici, dipendenti da device di vario specie, tablet, joypad, smartphone, e dalle loro applicazioni.
L’avvento di strumenti di comunicazione sempre più evoluti e pervasivi, ha, nel giro di breve tempo, prodotto una accelerazione dell’individualismo, disgregazione e disconoscimento della realtà, incidendo fortemente su tempi e modalità partecipative e relazionali.
Una tecnologia celebrata per mettere in contatto ed unire le persone viene utilizzata per creare astio, miscredenza ed ignoranza a livello globale, minando le basi della democrazia e l’esercizio del libero arbitrio.
Notizie false, amplificazione delle paure e dell’ignoranza, disinformazione, eco di estremismi e pregiudizi stanno facendo a pezzi il tessuto sociale e la capacità reattiva e solidale della gente.
Piattaforme social che incentivano l’asocialità, fatta di autosegregazione in bolle individuali, dove si attacca, si distrugge, si odia il pensiero diverso, in una realtà olografica fatta di immagini senza sostanza, di denunce senza ideali, di protagonismi senza qualità.
Questa rete globale non stimola un confronto serio e puntuale su problemi reali, come il cambiamento climatico o il benessere delle persone, ma distoglie l’attenzione, appiattendola su vacuità e narcisismi. Un esibizionismo edonista della piazza virtuale distante e perverso dalla comunanza di intenti e passioni, sterile e improduttivo.
Il “feedback loop” di dopamina creato dalla notorietà del like o del commento al post, sta distruggendo il modo in cui la società si confronta, diventando un validatore sociale, senza però valore.
In questo gioco perverso di sfruttamento delle vulnerabilità della psicologia umana, non pare troppo futurista e risibile l’ipotesi di utilizzo degli algoritmi social da parte di poteri oscuri, capaci di manomettere le notizie e condizionare le scelte dei cittadini. Non è più fantascienza, ma l’intero ecosistema digitale a rappresentare un pericolo se non verrà monitorato e disciplinato in modo armonizzato.