Leggo, un po’ sbigottita ed un po’ preoccupata, la vicenda delle violenze su minore, da parte del docente di un noto e prestigioso liceo romano, sorridendo amaramente sul provincialismo con cui talune testate dedicano tanto clamore, sottolineando l’anche i ricchi piangono. Ma le parole di difesa profferite dalla compagna dell’insegnante mi lasciano basita.
Intanto una riflessione in premessa: perché, anche di fronte all’evidenza, le donne si prodigano in una strenua difesa del “maschio”, mentre raramente si assiste al contrario? E quando il sesso è un ingrediente del reato, se non l’oggetto del reato stesso, cosa spinge madri, mogli, compagne, a discolpare il bruto, addossando pari colpe, se non l’intera responsabilità alla vittima? Forse il senso di vergogna di non aver saputo riconoscere i chiari segni di depravazione o l’essere talmente coinvolte nella spirale di degradazione morale, da voler credere in menzogne veritiere?
In questo caso, come in analoghi, fatte salve le tutele processuali dell’imputato, presunto innocente fino al momento della sentenza, basterebbe affidarsi al buon senso che vede un adulto al cospetto di un minore, un docente di fronte ad un discente: posizioni sperequate in partenza, non conciliabili in alcuna relazione sessuale.
Ammettendo, per ipotesi forzata, la teoria di difesa, in cui la procace provocazione fosse così esplicita, e, quindi, volendo distribuire le colpe tra vittima e carnefice, questa pare priva di fondamento perché è nel dovere morale dell’adulto non cedere ad alcun tipo di avances da parte di un minorenne.
Esistono cardini rigorosi e certi nel patto cameratesco d’aula che non possono e non debbono essere dubitati, neppure di fronte alla tentazione massima ed esplicita.
Seppure il docente fosse stato egli stesso stalkerato, avrebbe avuto più concili ed ausili da attivare, intanto interrompendo le lezioni privatamente impartite, poi avvisando la famiglia e la direzione scolastica di ciò che stava avvenendo.
Il valore della negazione ad un rapporto sessuale attesta la maturità che l’adulto deve imporre nei confronti di un minore, anche se consenziente.
Ad aggravare il tutto è la scena in cui l’amplesso si è consumato. La scuola deve restare un luogo sicuro ove i nostri figli possano crescere, con ausilio degli adulti. Gli insegnanti: severi, simpatici, rigorosi, disponibili, amicali o algidi, devono essere arbitri dello sviluppo armonico della personalità giovanile. La scuola è una palestra di vita, ove apprendere nozioni e misurarsi col mondo.
L’istruzione, già messa a dura prova da riforme bislacche, tagli di fondi e risorse, strutture fatiscenti, personale ridotto e poco motivato, non ha bisogno di ulteriori spallate.
Se vacilla la fiducia nell’istituzione per mano di simili degenerati, la società ne sarà impoverita ed il futuro sarà sempre più fosco.