Attraverso la consegna della lettera di notifica dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona per mano dell’ambasciatore britannico Tim Barrow al presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk che si segna dopo ben 44 anni l’inizio dell’iter formale di separazione da parte della Gran Bretagna verso l’Unione Europea. E’ un momento decisamente storico non solo per il popolo del Regno Unito ma soprattutto per il resto dei membri dell’Unione che dopo questa scelta voluta fortemente dal popolo inglese dopo aver voluto il referendum del 23 giugno 2016. Ricordiamo che si è trattato di un referendum consultivo e non vincolante per verificare appunto il sostegno e la continuazione della permanenza da parte del Regno Unito nell’Unione Europea. Il referendum si era concluso con un voto favorevole per il 51,9% all’uscita mentre il restante 48,1% voleva rimanere ma all’interno delle nazioni della Gran Bretagna troviamo però alcune nette divisioni. Tra le nette divisioni troviamo la maggioranza appunto di Inghilterra e Galles tra coloro che sono favorevoli all’uscita mentre la maggioranza di Scozia e Irlanda del Nord hanno votato per rimanere. La premier inglese Theresa May sostiene che per il Regno Unito è “una grande opportunità per essere unito, più equo e più forte” avendo come obiettivo principale quello di diventare un paese “globale”. Bisogna restituire al popolo della Gran Bretagna il pieno controllo di tutto a partire dai confini e dalla stessa sovranità ma si ribadisce anche la piena volontà di mantenere una nuova partnership anche nel rispetto dei diritti dei lavoratori e dei valori liberaldemocratici. L’Unione Europea forte dei valori in cui ha sempre creduto e sostenuto si appresta ad “attutire il colpo” cercando ora più che mai di proteggere gli interessi dei 27 stati membri; sostenendo nello specifico che il loro principale obiettivo è quello di minimizzare i costi per i cittadini, le imprese e gli stati membri dell’UE. Per l’Unione Europea il primo passo verso questo processo sarà l’adozione da parte del Consiglio europeo dei principi guida per i negoziati che fisseranno le pozioni complessive in modo da ottenere in maniera più chiara possibile un’uscita regolare e ordinata. Ma se da una parte c’è la forte volontà di uscire dall’altra c’è la ferma convinzione della Scozia di richiedere un referendum sull’indipendenza. E’ il capogruppo degli indipendentisti scozzesi Robertson ha contestato alla Camera dei Comuni (di fronte alle dichiarazioni delle trattive per l’uscita da parte del premier May) che bisogna rispettare anche il voto democratico da parte di Scozia e Irlanda del Nord che hanno votato contro la Brexit. Si apre un doppio scenario per il Regno Unito che deve contenere anche il malcontento della Scozia che sempre di più vorrebbe essere autonoma e libera di poter scegliere senza essere obbligata dalle conseguenze del “grande regno”.
Noemi Deroma