“A Bunch of Stuff”, l’arte di Johnny Depp in mostra a New York

Johnny Depp, icona di Hollywood, ha dato il via ad un nuovo capitolo artistico della propria carriera, con un’iniziativa che trascende il grande schermo e si addentra nei più intimi territori dell’arte visiva. Con la mostra “A Blunch of Stuff”, inaugurata nel quartiere di Chelsea a New York, una zona in pieno fermento culturale, Depp invita il pubblico a compiere un viaggio personale e multiforme, tra preziosi oggetti personali e opere d’arte inedite.

Il divo ha avuto modo di consolidare una propria identità artistica, passando per collaborazioni di prestigio, fra le quali non possiamo non nominare quella con la galleria britannica Castle Fine Art. Nell’esperienza immersiva da poco inaugurata, il confine tra l’attore e l’artista si dissolve per dar luogo ad una sensibilità verso il bello. “A Bunch of Stuff”, d’altra parte, vuole andare oltre il mero concetto d’esposizione, onde accogliere un dialogo aperto fra Depp medesimo e la propria interiorità. In altre parole, si può affermare come l’invito sia quello a scoprire l’uomo dietro al mito, nell’ambito di una cornice visiva straordinariamente intensa.

Visitare la mostra newyorkese di Johnny Depp, equivale a calarsi completamente nel caleidoscopico universo dell’attore/artista. Il progetto artistico si propone al pubblico come viaggio concettuale e multisensoriale.

Non è un caso, del resto, che “Bunch of Stuff” sia traducibile come “Un mucchio di cose”, ad anticipazione dell’eclettismo e della varietà degli elementi in mostra. Parliamo ad un eterogeneo insieme di dipinti, disegni, oggetti personali e frammenti di vita vissuta. Tutti questi elementi, messi insieme, ricostruiscono il percorso introspettivo e creativo di Depp.

Da notare come il percorso non segua una linearità narrativa, ma il visitatore viene invitato a perdersi tra mille dettagli, e quindi a cogliere significati emergenti quasi spontaneamente dall’accumulazione visiva posta in essere. Non vi è oggetto nella mostra che non diventi un simbolo, ed ogni quadro assurge al ruolo di specchio dell’animo dell’artista. Analogamente, l’allestimento della mostra è un fattore volto a scomporre e ricomporre il vissuto di Depp in un viaggio tra memoria e identità. Lo stesso titolo della rassegna, non è stato attribuito casualmente, bensì è da intendersi in qualità di dichiarazione della libertà artistica, una libertà nella quale Depp si divincola dalle strutture canoniche per dare origine a un’espressione pura e personale. Il

tutto a coinvolgimento del pubblico in una riflessione silenziosa e profonda sulla stessa natura dell’arte e del ricordo.

La mostra si svolge nel prestigioso contesto offerto dallo Starrett-Leight Building, vera icona dell’architettura industriale. Un palazzo che domina per imponenza il quartiere di Chelsea, cuore pulsante dell’arte contemporanea nella grande mela. L’edificio storico, sede della mostra, detiene ampi spazi aperti, e strutture dalle linee essenziali. Una location con le caratteristiche appena espressa, non può che ben prestarsi alla celebrazione dell’eclettismo e della profondità espressiva di Johnny Depp (nella versione di sé artista).

Sempre il quartiere Chelsea, dotato di un’eredità artistica contemplativa e di una comunità vibrante di gallerie e installazioni, è un naturale scenario anche in relazione ad elementi del genere del dinamismo e della molteplicità delle forme d’arte presentate nello Starrett-Leight Building. In questo modo s’instaura altresì un dialogo visivo tra l’opera di Depp e il tessuto culturale di Manhattan.

L’interno della mostra “A Bunch of Stuff”, è un sancta sanctorum del percorso creativo seguito da Johnny Depp. È qui che Depp svela il dietro le quinte delle opere presentate, ne mostra gli schizzi primordiali e le altre prove basilari, le idee non ancora filtrate manifestate in segni tracciati d’istinto e gesti immediati.

Una volta entrati, si ha di fronte a sé una stanza oscura, e nella medesima i contorni delle opere vengono fuori alla vista molto lentamente. L’iniziativa è infatti concepita affinché lo spettatore si cali nelle più vulnerabili e intime fasi del processo artistico. Le fasi, cioè, nelle quali l’intuizione assume una forma e si concretizza.

Come gli altri aspetti, anche la scelta della “Black Box” non è da attribuirsi al caso. L’intento del Johnny Depp artista è stato quello di generare una dimensione sospesa, un’atmosfera ai limiti del confessionale, dove ciascuno dei tratti e dei colori rivelano una parte della sua personale interiorità.

Si può affermare, coerentemente, che gli schizzi e i bozzetti raccontino, presi singolarmente, un frammento emozionale che ha accompagnato l’autore, dalle insicurezze iniziali all’evoluzione nella forma finale. Il pubblico, in un contesto quale quello descritto, viene fatto partecipe di un viaggio comprensivo delle tappe di metamorfosi dell’idea, sino a divenire espressione tangibile.

La “Black Box” è allora la parte della mostra che concilia a riflettere sul potere della creazione artistica quale espressione e rivelazione del sé, con ogni opera che si assurge ad emblema di una trasformazione emotiva e concettuale.

Il linguaggio di verità, che si sfoga in un dialogo aperto col proprio inconscio, si svela allo sguardo di chi ha il coraggio di scrutarvi dentro.

Nell’altra sezione della mostra, la “White Box”, Depp dà una narrazione visiva che si articola ad attraversamento di tre decenni di percorso artistico, suddiviso in cinque fasi. Esse sono volutamente rappresentative delle sue esperienze di vita vissuta e dei temi in rassegna. Al contrario che nella “Black Box”, qui lo spazio dispone di un’illuminazione che mette in risalto ogni singolo dettaglio.

La “White Box” accoglie le opere fisiche che riflettono la continua trasformazione dell’artista e la complessità degli stati d’animo da egli provati, in un ondeggiare tra una veduta introspettiva e l’osservazione del mondo.

Un’analogia rispetto alla “Black Box” sta nel fatto che, come essa, anche la “White Box” si articola in fasi, ognuna delle quali densa di profondi significati: dalle influenze giovanili, contraddistinte da stile grezzo e spontaneo del tratto grafico tracciato, fino alla maturità, ovvero al momento in cui subentra un affinamento della tecnica e un arricchimento dei riferimenti sul piano simbolico.

La prima fase in commento si mostra per il tramite dei ritratti intimi dei suoi cari, un desiderio espresso ad immortalare le radici, le figure essenziali del proprio vissuto. Nella tappa successiva, Depp sonda le sfumature di un sé in evoluzione, in opere combinanti elementi realistici e surreali.

Vi sono poi le fasi centrali, rivelatrici di un lavoro intenso sull’indagazione dell’io interiore e sulla fama d’attore. Qui si ha una riflessione accurata riguardante appunto la fama e le ambiguità dalla medesima riportate, ove la ricerca d’autenticità si scontra con la pressione pubblica. Nelle ultime fasi, infine, l’arte di Depp si fa meditativa, quasi catartica, con dominazione di toni e forme evocative di una serena accettazione della vulnerabilità umana.

La “White Box” è di fatto una retrospettiva, di cui ogni opera è tappa di vita complessa, espressione artistica dall’autenticità prorompente che narra della resilienza e della continua metamorfosi di Depp, sia dal lato umano che creativo.

Molto significato nel percorso artistico dell’attore, è da attribuirsi alla collaborazione da egli tenuta con la prestigiosa Castle Fine Art del Regno Unito. Una collaborazione che, in sostanza, ha dato vita ad una serie di opere dov’è venuto fuori il suo tratto più personale. Tra le suddette, non possiamo far a meno di citare la collezione “Friends & Heroes”, serie ritrattistica dove sono raffigurate icone come Al Pacino, Bob Dylan e Keith Richards.

Dalla stessa viene fuori la parte di Depp intima e votata alla contemplazione, quella stessa parte considerante l’arte un processo di “guarigione creativa”

Un vissuto trasformato in arte, e, come lo stesso Depp ha dichiarato, se anche una sola persona si riconosce nelle sue opere, è lì che la sua arte trova senso: un messaggio universale, responsabile d’innalzare una dimensione personale ad una di tipo collettivo e terapeutica.

Non solamente opere grafiche e pittoriche, nella mostra “A Bunch of Stuff”, ma anche oggetti. Il percorso è scandito anche da oggetti personali, fra diari dell’età adolescenziale e memorabilia ricolmi di valore emblematico.

È l’insieme degli elementi, anche per l’oggettistica, a delineare il filo conduttore della narrativa riflettente la complessità dell’artista e dell’uomo dietro il personaggio di spettacolo noto al grande pubblico mondiale.

Fra gli oggetti, si noteranno i diari, colmi di schizzi e appunti sparsi, nei quali cogliere una rara vulnerabilità. Il grande attore, a proposito, ha sempre ricercato un rifugio nell’arte quale forma d’espressione pura, e pur tra i riflettori della celebrità. “A Bunch of Stuff” si può raccontare pertanto come una confessione aperta, dove l’autore concede un’osservazione privilegiata della propria dimensione più autentica agli spettatori, uno sguardo tra fragilità e forza insite nel percorso di vita e creazione artistica di Johnny Depp.

Parte dell’intensità, e della coerenza artistica della mostra, sono dovute alla consulenza della critica d’arte Anne-Sophie Villemin, oltre che alla curatela di BAUART. Il contributo è stato quello d’aver sagacemente trasposto l’universo creativo di Johnny Depp nell’esperienza visiva accessibile pur mettendo in mostra delle intense intimità autoriali. Anne-Sophie Villemin, con un approccio empatico che scende in profondità, ha il merito d’aver captato le più recondite e autentiche sfumature dell’opera di Depp, in maniera che si esprimesse in pieno la sua sensibilità agli occhi del pubblico.

A completare la visione empatica tracciata ci ha pensato BAUART, avvalendosi di una curatela precisa e in grado di bilanciare l’impatto emotivo di opere e oggettistica personale. Grazie a BAUART, in altre parole, si è avuta una disposizione degli elementi in mostra, attrattiva nello scoprire il percorso di vita dell’artista. Il connubio tra questi supporti si è rivelato decisamente fruttuoso, visto che ogni sezione della mostra appare come un capitolo di un racconto personale, e la mostra nel suo complesso mette in luce le varie sfaccettature del talento di Depp con una fine delicatezza narrativa.

Il percorso in mostra consente allora di scrutare il personaggio Johnny Depp come mai prima d’ora, in una luce sorprendentemente rivelatrice.

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