Entro il 2017 Facebook, attualmente uno dei social network più usati e conosciuti, perderà l’80 % degli iscritti. A proporre questa previsione uno studio di Joshua A. Spechler e John Cannarella, due ricercatori del dipartimento di meccanica ed ingegneria aerospaziale dell’Università americana di Princeton.Le metodologie e gli esiti di questa ricerca, non ancora sottoposta alla verifica di altri studiosi, sono raccolti in un articolo pubblicato in “ArXiv.org”, pagina legata al sito dell’Università americana. E le polemiche non sono tardate ad arrivare.Spechler e Cannarella hanno dichiarato di aver maturato le conclusioni del proprio studio in virtù delle informazioni ottenute mediante ricerche eseguite in Google unite all’analisi dei modelli epidemiologici per prevedere la proliferazione delle malattie.Per quanto riguarda la prima metodologia, i due studiosi si sono limitati a ricercare la parola “Facebook” e quella “MySpace” in Google: da questa prima, semplice analisi, è stato rilevato che la crescita ed il declino del MySpace, un’altra rete sociale essenzialmente relativa a contenuti musicali, molto in voga nei primi anni 2000, sono sono stati accompagnati da relativi aumenti e diminuizioni delle ricerche di quel sito in Google. Partendo da questo presupposto, è stata analogalmente presa in analisi l’evoluzione delle ricerche per Facebook e si è giunti a conclusione che la maggiorparte degli utenti del social lo abbandonerà nei prossimi anni.Inoltre, per spiegare l’utilizzo e l’abbandono da parte degli utilizzatori delle reti sociali, sono stati usati anche i modelli epidemiologici : l’adesione, spiegano i due studiosi, è uguale all’infezione e l’abbandono al recupero. È stato dimostrato quindi che le idee, come le malattie, si espandono infettive fra le persone prima di morire.Le conclusioni dello studio hanno fatto rapidamente il giro del web e sono state accolte da numerosi giornali autorevoli, alcuni dei quali, come “The Guardian”, hanno cercato di proporre spiegazioni alternative al calo delle ricerche del termine “Facebook” in Google. Ad esempio, secondo il giornale britannico, ciò sarebbe riconducibile ad una pratica alternativa che le persone proprietarie di smartphones e tablets hanno nello scrivere l’indirizzo nella barra del browser: il login al social avviene infatti tramite una semplice applicazione e non attraverso una ricerca. Dal canto suo, Facebook stesso risponde con fermezza ed ironia, mirando ovviamente a smontare i pilastri dello studio condotto. Tre scienziati che lavorano per l’impresa, sui propri profili, hanno puntato il dito contro gli studiosi della ricerca accusandoli di aver confuso la correlazione con la casualità, ossia la relazione fra le ricerche e l’utilizzo della piattaforma, mostrando inoltre che, con un metodo simile, si potrebbe prevedere che l’Università di Princeton nel 2021 non avrà più alunni. Gli autori dello studio non ci tengono a commentare la risposta di Facebook e in una mail spiegano che quanto da loro pubblicato in “ArXiv” è una semplice previsione inviata ad un pubblico di specialisti, richiedente ulteriori approfondimenti da parte di altri ricercatori. I commenti propri li mettono da parte, precisano, a quando la revisione dello studio sarà completa.
Michela Graziosi