IL CONCORDATO PREVENTIVO IN CONTINUITÀ

Le modifiche al concordato in continuità rendono più facile l’accesso, l’omologa e l’approvazione.

Il concordato preventivo in continuità subisce una serie di modifiche per offrire soluzioni in grado di preservare i valori della continuità aziendale. Incentivi all’utilizzo dello strumento finalizzato a recuperare, anche in via indiretta, la continuità aziendale si ritrovano, tra le altre, nelle nuove regole per l’omologa, in base alle quali il tribunale valuta la presenza di ragionevoli prospettive di impedire o superare l’insolvenza (non la fattibilità economica del piano), nelle regole di cross class cram down, per cui il tribunale omologa il concordato anche in caso di dissenso da parte di una o più classi di creditori.

Il concordato preventivo rappresenta la soluzione della crisi di impresa maggiormente utilizzata nella pratica, cui il Codice della crisi (CCII) apporta una serie di rilevanti modifiche per incentivarne il ricorso, specie nelle ipotesi che prevedono il risanamento d’impresa, il ripristino dell’equilibrio economico- finanziario e patrimoniale nonché della continuità aziendale.

Le regole sul concordato contenute nel CCII prevedono, infatti, una disciplina diversa nel caso di concordato in continuità; concordato liquidatorio.

In entrambi i casi l’imprenditore in stato di crisi o di insolvenza, attraverso il concordato, propone ai creditori il soddisfacimento in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale. La stessa finalità, ossia proporre ai creditori il loro soddisfacimento in misura non inferiore a quanto realizzabile con la liquidazione giudiziale, può realizzarsi oltre che mediante la continuità o la liquidazione del patrimonio anche attraverso l’attribuzione delle attività ad un assuntore1 o in qualsiasi altra forma, per espressa disposizione normativa di cui all’art. 84 co. 1 CCII.

Il CCII colloca il concordato tra gli strumenti di regolazione della crisi di cui alla Parte I, Titolo IV ovvero: Parte I – Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, Titolo IV – Strumenti di regolazione della crisi, Capo III – Concordato preventivo, Sezione I – Finalità e contenuti del concordato preventivo (artt. 84 – 91 CCII), Sezione II – Organi e amministrazione (artt. 92 – 93 CCII), Sezione III – Effetti della presentazione della domanda di concordato preventivo (artt. 94 – 102 CCII), Sezione IV – Provvedimenti immediati (artt. 103 – 106 CCII), Sezione V – Voto nel concordato preventivo (artt. 107 – 111 CCII), Sezione VI – Omologazione del concordato preventivo (artt. 112 – 120 CCII).

Il concordato può essere chiesto dall’imprenditore che si trova in stato di crisi o di insolvenza che volontariamente può proporre un concordato che realizzi, sulla base di un piano avente il contenuto di cui all’articolo 87 CCII, il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale. La norma precisa che possono accedere al concordato soltanto gli imprenditori commerciali non minori.

L’impresa è considerata minore quindi esclusa dal concordato nel caso presenti congiuntamente i seguenti requisiti: 1) un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro 300.000 nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore; 2) ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro 200.000 nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore; 3) un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro 500.000.

I predetti valori possono essere aggiornati ogni 3 anni con decreto del Ministro della giustizia adottato a norma dell’articolo 348 del CCII.

Il concordato, indipendentemente dalla natura liquidatoria o in continuità, ha una finalità ben determinata, ossia realizzare, sulla base di un piano avente il contenuto di cui all’articolo 87 CCII (infra), il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale.

Nel caso del concordato in continuità, la norma richiede, art. 84 co. 2 CCII, ulteriori finalità ossia quella di tutelare l’interesse dei creditori, nonché di preservare nella misura possibile i posti di lavoro. Il CCII, già con questa prima specifica disposizione per il concordato in continuità, prevede una disciplina diversa nel concordato in continuità rispetto all’ipotesi liquidatoria.

Il CCII precisa espressamente che la continuità aziendale può essere diretta, con prosecuzione dell’attività d’impresa da parte dell’imprenditore che ha presentato la domanda di concordato, ovvero indiretta, se è prevista dal piano la gestione dell’azienda in esercizio o la ripresa dell’attività da parte di soggetto diverso dal debitore in forza di cessione, usufrutto, conferimento dell’azienda in una o più società, anche di nuova costituzione, ovvero in forza di affitto, anche stipulato anteriormente, purché in funzione della presentazione del ricorso, o a qualunque altro titolo.

Le regole nel caso di concordato liquidatorio differiscono dal concordato in continuità in particolare relativamente al contenuto del piano; alla modalità di voto; alla distribuzione del valore; al giudizio di omologazione.

Il concordato in continuità si caratterizza per il fatto che i creditori sono soddisfatti, in misura anche non prevalente, dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale diretta o indiretta.

La previsione per cui il concordato si qualifica in continuità anche quando i creditori non vengono soddisfatti in maniera prevalente con i proventi della continuità stessa, consente di superare i dubbi interpretativi sorti durante la vigenza della legge fallimentare in merito alla possibilità di applicare le regole del concordato in continuità quando erano previste ingenti dismissioni.

L’esatta individuazione della natura di concordato, liquidatoria o in continuità, ha particolare rilevanza proprio perché sono previste regole diverse per le due tipologie di concordato. In particolare nel concordato liquidatorio vengono richieste percentuali minime di soddisfo pari al 20% dei creditori chirografari2, diversamente da quanto previsto per il concordato in continuità in cui è stabilito semplicemente che, in base alla proposta di concordato, i creditori ricevano un’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile, che può consistere anche nella prosecuzione o rinnovazione di rapporti contrattuali con il debitore o con il suo avente causa.

La domanda di concordato è proposta dal debitore con ricorso secondo quanto previsto dal procedimento unitario di cui all’art. 40 del CCII, indipendentemente dalla pendenza di un procedimento per la dichiarazione della liquidazione giudiziale.

Per accedere al concordato il debitore deve depositare unitamente al ricorso, oltre alla documentazione prevista dall’articolo 39 CCII, la proposta di concordato, il piano di risanamento, la relazione di attestazione predisposta da un professionista indipendente.

La domanda di accesso al concordato preventivo consente all’imprenditore di compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione soltanto previa autorizzazione del tribunale. In difetto di autorizzazione gli atti sono inefficaci e il tribunale dispone la revoca del decreto di accesso con riserva di presentare la documentazione al concordato. Nel periodo successivo all’apertura del concordato e fino all’omologazione gli atti di straordinaria amministrazione possono essere eseguiti, previa autorizzazione del giudice delegato. Ciò realizza il così detto spossessamento attenuato per cui l’imprenditore conserva la gestione dell’impresa e l’amministrazione dei suoi beni sotto il controllo degli organi della procedura.

Dopo il deposito della domanda, i crediti di terzi sorti per effetto di atti legalmente compiuti dal debitore acquisiscono il grado di crediti prededucibili, da soddisfare con priorità in caso di successiva liquidazione giudiziale; i creditori non possono acquisire diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti; le ipoteche iscritte nei 90 giorni precedenti la pubblicazione della domanda nel Registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori; sono sospesi fino all’omologa del concordato gli obblighi societari di riduzione del capitale per perdite e le cause di scioglimento della società.

Diversamente da quanto previsto dalla previgente disciplina fallimentare, il deposito della domanda di concordato non produce l’effetto della sospensione automatica delle azioni esecutive e cautelari dei creditori sul patrimonio del debitore, essendo necessaria la richiesta di misure protettive e cautelari.

Il deposito della domanda di concordato, unitamente alla richiesta di misure protettive, impedisce ai creditori unilateralmente di rifiutare l’adempimento dei contratti in corso di esecuzione o provocarne la risoluzione, nonché di anticiparne la scadenza o di modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del deposito della domanda di accesso al concordato in continuità aziendale, dell’emissione del decreto di apertura di cui all’art. 47 CCII e della concessione delle misure protettive o cautelari, come espressamente previsto dall’art. 64 CCII. Sono inefficaci eventuali patti contrari.

I creditori interessati dalle misure protettive non possono, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti essenziali in corso di esecuzione o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla presentazione della domanda di accesso al concordato preventivo in continuità aziendale. Sono essenziali i contratti necessari per la continuazione della gestione corrente dell’impresa, inclusi i contratti relativi alle forniture la cui interruzione impedisce la prosecuzione dell’attività del debitore.

Infine nel concordato l’imprenditore, quando è prevista la continuazione dell’attività aziendale, anche se unicamente in funzione della liquidazione, può chiedere con ricorso al tribunale di essere autorizzato, anche prima del deposito della documentazione che deve essere allegata alla domanda, a contrarre finanziamenti in qualsiasi forma, compresa la richiesta di emissione di garanzie, prededucibili, funzionali all’esercizio dell’attività aziendale sino all’omologa del concordato preventivo o degli accordi di ristrutturazione dei debiti, ovvero all’apertura e allo svolgimento di tali procedure e in ogni caso funzionali alla miglior soddisfazione dei creditori.

Il debitore che richiede di accedere al concordato presenta con la proposta di concordato e unitamente alla documentazione prevista dall’art. 39 CCII, di cui al procedimento unitario, un piano che contiene i seguenti dettagli. Nella fattispecie, a) l’indicazione del debitore e delle eventuali parti correlate, le sue attività e passività al momento della presentazione del piano e la descrizione della situazione economico- finanziaria dell’impresa e della posizione dei lavoratori; b) una descrizione delle cause e dell’entità dello stato di crisi o di insolvenza in cui si trova e l’indicazione delle strategie d’intervento; c) il valore di liquidazione del patrimonio, alla data della domanda di concordato, in ipotesi di liquidazione giudiziale; d) le modalità di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito; e) la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta nonché, in caso di concordato in continuità, il piano industriale con l’indicazione degli effetti sul piano finanziario e dei tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria; f) ove sia prevista la prosecuzione dell’attività d’impresa in forma diretta, l’analitica individuazione dei costi e dei ricavi attesi, del fabbisogno finanziario e delle relative modalità di copertura, tenendo conto anche dei costi necessari per assicurare il rispetto della normativa in materia di sicurezza sul lavoro e di tutela dell’ambiente; g) gli apporti di finanza nuova eventualmente previsti e le ragioni per cui sono necessari per

l’attuazione del piano; h) le azioni risarcitorie e recuperatorie esperibili nonché’ le azioni eventualmente proponibili solo nel caso di apertura della procedura di liquidazione giudiziale e le prospettive di realizzo;

i) le iniziative da adottare qualora si verifichi uno scostamento dagli obiettivi pianificati; l) le parti interessate dal piano, indicate individualmente o descritte per categorie di debiti, e l’ammontare dei relativi crediti e interessi, con indicazione dell’ammontare eventualmente contestato; m) le classi in cui le parti interessate sono state suddivise ai fini del voto, con indicazione dei criteri di formazione utilizzati, del valore dei rispettivi crediti e degli interessi di ciascuna classe; n) le eventuali parti non interessate dal piano, indicate individualmente o descritte per categorie di debiti, unitamente a una descrizione dei motivi per i quali non sono interessate; o) le modalità di informazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori nonché’ gli effetti della ristrutturazione sui rapporti di lavoro, sulla loro organizzazione o sulle modalità di svolgimento delle prestazioni; p) l’indicazione del commissario giudiziale ove già nominato.

Nel concordato in continuità, il piano può prevedere una moratoria per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. Per i creditori assistiti dal privilegio previsto dall’articolo 2751-bis, n. 1, del c.c. può essere prevista una moratoria per il pagamento fino a 6 mesi dall’omologazione, come previsto dall’art. 86 CCII.

La domanda di concordato deve essere depositata unitamente a una relazione di un professionista indipendente, che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano e, in caso di continuità aziendale, che il piano è atto a impedire o superare l’insolvenza del debitore, a garantire la sostenibilità economica dell’impresa e a riconoscere a ciascun creditore un trattamento non deteriore rispetto a quello che riceverebbe in caso di liquidazione giudiziale. Analoga relazione deve essere presentata nel caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano.

Infine nella domanda di concordato il debitore indica le ragioni per cui la proposta concordataria è preferibile rispetto alla liquidazione giudiziale.

La procedura di ammissione al concordato in continuità è estremamente semplificata nel CCII, con un ruolo ridotto del tribunale nella fase di controllo. In particolare, in caso di concordato in continuità aziendale, Il tribunale valuta la ritualità della proposta, come previsto dall’art. 47 co. 1 lett. b) con la sola specificazione che la domanda di accesso al concordato in continuità aziendale è comunque inammissibile se il piano è manifestamente inidoneo alla soddisfazione dei creditori, come proposta dal debitore, e alla conservazione dei valori aziendali.

L’intervento così limitato del controllo da parte del tribunale in fase di ammissione, ma anche in quella di omologazione (infra) trova fondamento nei principi comunitari recepiti con la Direttiva Insolvency per cui le procedure di ristrutturazione devono essere rapide ed efficaci.

Nella valutazione, il Tribunale acquisisce il parere del commissario giudiziale, qualora sia già stato nominato, con il deposito della domanda con riserva di deposito della documentazione.

Compiute le richiamate verifiche, il tribunale, con decreto a) Nomina il giudice delegato; b) Nomina ovvero conferma il commissario giudiziale; c) Stabilisce, in relazione al numero dei creditori, alla entità del passivo e alla necessità di assicurare la tempestività e l’efficacia della procedura, la data iniziale e finale per l’espressione del voto dei creditori, con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione, anche utilizzando le strutture informatiche messe a disposizione da soggetti terzi, e fissa il termine per la comunicazione del provvedimento ai creditori; d) Fissa il termine perentorio, non superiore a quindici giorni, entro il quale il debitore deve depositare nella cancelleria del tribunale la somma, ulteriore rispetto a quella versata ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera d), pari al 50% delle spese che si presumono necessarie per l’intera procedura ovvero la diversa minor somma, non inferiore al 20% di tali spese, che sia determinata dal tribunale.

Nel caso invece il tribunale accerti la mancanza delle condizioni di ammissione alla procedura, sentiti il debitore, i creditori che hanno proposto domanda di apertura della liquidazione giudiziale e il pubblico ministero, con decreto motivato dichiara inammissibile la proposta. Il tribunale può concedere al debitore un termine non superiore a 15 giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti. Il tribunale dichiara con sentenza l’apertura della liquidazione giudiziale quando è presentato ricorso da parte di uno dei soggetti legittimati.

Il decreto di inammissibilità della proposta è reclamabile dinanzi alla Corte di appello nel termine di 30 giorni dalla comunicazione. La domanda può essere riproposta, decorso il termine per proporre reclamo, quando si verifichino mutamenti delle circostanze.

Le regole sull’approvazione del concordato da parte dei creditori hanno nel CCII, diversi e rilevanti aspetti di distinzione rispetto a quanto previsto dalla legge fallimentare.

In primo luogo, è stata soppressa l’adunanza dei creditori con l’introduzione del voto secondo meccanismi telematici. Le nuove regole, contenute negli artt. 104 e ss. del CCII dettano una specifica disciplina che consente, sia nel concordato in continuità sia liquidatorio, lo svolgimento delle operazioni di voto, assicurando un livello adeguato di informazioni per assicurare il contraddittorio tra le parti interessate, nonostante l’assenza di un’adunanza fisica.

Il primo passo riguarda la verifica dell’elenco dei creditori e dei debitori sulla scorta delle scritture contabili, apportando le necessarie rettifiche, cui deve provvedere il commissario giudiziale. Una volta terminata tale verifica il commissario giudiziale provvede a comunicare ai creditori a mezzo posta elettronica certificata, se il destinatario ha un indirizzo digitale e, in ogni altro caso, a mezzo lettera raccomandata spedita presso la sede dell’impresa o la residenza del creditore i documenti inerenti al piano e un avviso contenente la data iniziale e finale del voto dei creditori; la proposta del debitore; il decreto di apertura, il suo indirizzo di posta elettronica certificata; l’invito ad indicare un indirizzo di posta elettronica certificata oppure un recapito certificato qualificato.

Almeno 45 giorni prima della data iniziale stabilita per il voto, il commissario giudiziale redige l’inventario del patrimonio del debitore e una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, precisando se l’impresa si trovi in stato di crisi o di insolvenza, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato e sulle garanzie offerte ai creditori. La relazione viene depositata nel predetto termine in cancelleria e trasmessa in copia al pubblico ministero.

L’approvazione e la distribuzione del valore ai creditori segue regole diverse nel caso di concordato liquidatorio o in continuità. Nel concordato in continuità è previsto l’obbligo di suddividere i creditori in classi, prevedendo alcuni criteri per la loro formazione. In particolare, l’art. 85 co. 3 CCII, prevede che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, interessati dalla ristrutturazione sono suddivisi in classi e le imprese minori, titolari di crediti chirografari derivanti da rapporti di fornitura di beni e servizi, sono inserite in classi separate. La norma in commento conferma il principio per cui la suddivisione dei creditori in classi non può alterare le cause di prelazione, pur essendo individuate delle deroghe a tale principio generale nel caso di concordato in continuità, ai sensi dell’art. 84 co. 6 CCII illustrate come segue: Absolute priority rule – il valore di liquidazione è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione. Tale valore è pari a quello ricavabile in ipotesi di liquidazione giudiziale (absolute priority rule); Relative priority rule – per il valore eccedente quello di liquidazione è sufficiente che i crediti inseriti in una classe ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore (Relative priority rule). Il valore eccedente la liquidazione viene detto surplus da continuità.

Una specifica tutela è prevista per i lavoratori dipendenti in cui la relative priority rule non trova applicazione, essendo espressamente previsto che i crediti assistiti dal privilegio di cui all’articolo 2751-bis,

n. 1 c.c. sono soddisfatti, nel concordato in continuità aziendale, nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione sul valore di liquidazione e sul valore eccedente il valore di liquidazione.

Il concordato in continuità aziendale è approvato se tutte le classi votano a favore. In ciascuna classe la proposta è approvata se è raggiunta la maggioranza dei crediti ammessi al voto oppure, in mancanza, se hanno votato favorevolmente i due terzi dei crediti dei creditori votanti, purché abbiano votato i creditori titolari di almeno la metà del totale dei crediti della medesima classe.

In caso di mancata approvazione trova applicazione l’art. 112, co. 2 CCII che disciplina l’omologazione attraverso il meccanismo di approvazione trasversale o cross class cram down.

I creditori muniti di diritto di prelazione non votano se soddisfatti in denaro, integralmente, entro 180 giorni dall’omologazione, e purché la garanzia reale che assiste il credito ipotecario o pignoratizio resti ferma fino alla liquidazione, funzionale al loro pagamento, dei beni e diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. Nel caso di crediti assistiti dal privilegio di cui all’articolo 2751-bis, n. 1, del c.c., il termine si riduce da 180 a 30 giorni. In mancanza di pagamento integrale entro i termini richiamati, i creditori ipotecari e pignoratizi, nonché quelli assistiti dal privilegio di cui all’art. 2751 n. 1 c.c. votano e, per la parte incapiente, sono inseriti in una classe distinta.

Il mancato pagamento integrale nei termini indicati comporta l’inserimento dei crediti muniti di garanzia, per la parte coperta da privilegio, in una specifica classe di crediti privilegiati, mentre per la parte degradata a chirografo saranno inseriti in un’altra classe. Ciò comporta il voto dei creditori privilegiati in entrambe le classi.

All’esito della votazione è redatta dal commissario giudiziale apposita relazione in cui sono inseriti i voti favorevoli e contrari dei creditori con l’indicazione nominativa dei votanti e dell’ammontare dei rispettivi crediti. È altresì inserita l’indicazione nominativa dei creditori che non hanno esercitato il voto e dell’ammontare dei loro crediti. La relazione è depositata in cancelleria il giorno successivo alla chiusura delle operazioni di voto. Nel caso il commissario giudiziale rilevi, dopo l’approvazione del concordato, che sono mutate le condizioni di fattibilità del piano, ne dà avviso ai creditori, i quali possono costituirsi nel giudizio di omologazione fino all’udienza per modificare il voto.

Se nel termine stabilito non si raggiungono le maggioranze richieste, il giudice delegato ne riferisce immediatamente al tribunale, che provvede in caso di istanza di liquidazione alla relativa dichiarazione di apertura.

Se il concordato è stato approvato dai creditori, il tribunale fissa l’udienza in camera di consiglio per la comparizione delle parti e del commissario giudiziale, disponendo che il provvedimento sia iscritto presso l’ufficio del Registro delle imprese nonché notificato, a cura del debitore, al commissario giudiziale e agli eventuali creditori che hanno espresso il loro dissenso (art. 48 co. 1 CCII).

Le opposizioni dei creditori dissenzienti e di qualsiasi interessato devono essere proposte con memoria depositata secondo specifiche tempistiche. In particolare, occorre presentare l’opposizione nel termine perentorio di almeno 10 giorni prima dell’udienza; il commissario giudiziale deve depositare il proprio motivato parere almeno 5 giorni prima dell’udienza; il debitore può depositare memorie fino a 2 giorni prima dell’udienza (art. 48 co. 2 CCII).

Il tribunale in sede di omologa procede una serie di verifiche caratterizzate da: a) la regolarità della procedura; b) l’esito della votazione; c) l’ammissibilità della proposta; d) la corretta formazione delle classi; e) la parità di trattamento dei creditori all’interno di ciascuna classe; f) in caso di concordato in continuità aziendale, che tutte le classi abbiano votato favorevolmente, che il piano non sia privo di ragionevoli prospettive di impedire o superare l’insolvenza e che eventuali nuovi finanziamenti siano necessari per l’attuazione del piano e non pregiudichino ingiustamente gli interessi dei creditori; g) in ogni altro caso, la

fattibilità del piano, intesa come non manifesta inattitudine a raggiungere gli obiettivi prefissati (solo nel concordato liquidatorio).

Un aspetto di rilievo, oggetto di modifica rispetto a quanto previsto in precedenza dalla legge fallimentare, riguarda il fatto che nel concordato in continuità il giudizio sulla fattibilità del concordato si limiti alla verifica che il piano non sia privo di ragionevoli prospettive di impedire o superare l’insolvenza, e non si estende alla fattibilità economica dello stesso, ridimensionando il ruolo del tribunale in fase si omologa.

I noltre, nel solo caso del concordato in continuità, trova applicazione la ristrutturazione trasversale dei debiti (cross class cram down). In particolare, se una o più classi sono dissenzienti, il tribunale, su richiesta del debitore o con il consenso del debitore in caso di proposte concorrenti, omologa altresì se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) Il valore di liquidazione è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione (priorità assoluta); b) Il valore eccedente quello di liquidazione è distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore, fermo restando quanto previsto dall’articolo 84, co. 7 (priorità relativa con la salvaguardia dei crediti dei lavoratori assistiti dal privilegio di cui all’art. 2751-bis, n. 1 c.c.); c) Nessun creditore riceve più dell’importo del proprio credito; d) La proposta è approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza, la proposta è approvata da almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione.

Il concordato con continuità, quindi, può essere omologato con effetti vincolanti anche in presenza del consenso di una sola classe di creditori, lasciando ai creditori dissenzienti la possibilità di eccepire la convenienza.

Tuttavia, l’eccezione di convenienza da parte del creditore dissenziente consente comunque al tribunale di omologare il concordato in continuità quando, secondo la proposta e il piano, il credito risulta soddisfatto in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale.

Nel caso in cui la contestazione da parte di un creditore dissenziente eccepisca la mancata convenienza rispetto al valore di liquidazione, oppure l’erronea applicazione della regola sulla ristrutturazione trasversale, il tribunale può disporre la stima del complesso aziendale dell’impresa.

La procedura di concordato preventivo si chiude con la sentenza di omologazione ai sensi dell’art. 48 CCII. L’omologazione deve intervenire nel termine di 12 mesi dalla presentazione della domanda ai sensi dell’articolo 40 CCII.

La sentenza di omologazione è soggetta a reclamo in Corte d’appello ai sensi degli artt. 51, 52 e 53 del CCII. L’accoglimento del reclamo da parte della Corte di appello non necessariamente determina effetti sull’omologa che può essere confermata. In particolare, nell’ipotesi di accoglimento del reclamo proposto contro la sentenza di omologazione del concordato preventivo in continuità aziendale, la corte d’appello, su richiesta delle parti, può confermare la sentenza di omologazione se l’interesse generale dei creditori e dei lavoratori prevale rispetto al pregiudizio subito dal reclamante, riconoscendo a quest’ultimo il risarcimento del danno (art. 53 co. 5-bis CCII). Il concordato, una volta omologato, diviene obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla pubblicazione nel Registro delle imprese della domanda di accesso. Tuttavia, essi conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso. Salvo patto contrario, il concordato della società ha efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili (art. 117 CCII).

Dopo l’omologazione del concordato, il commissario giudiziale ne sorveglia l’adempimento, secondo le modalità stabilite nella sentenza di omologazione, riferendo al giudice ogni fatto dal quale possa derivare pregiudizio ai creditori. Ogni sei mesi successivi alla presentazione della relazione prima del voto dei creditori, Il commissario giudiziale redige un rapporto riepilogativo redatto in conformità a quanto previsto dall’art. 130, co. 9 CCII, e lo trasmette ai creditori. Conclusa l’esecuzione del concordato, il commissario giudiziale deposita un rapporto riepilogativo finale.

Il debitore è tenuto a compiere ogni atto necessario a dare esecuzione alla proposta di concordato anche se presentata da uno o più creditori, qualora sia stata approvata e omologata. Nel caso in cui il commissario giudiziale rilevi che il debitore non sta provvedendo al compimento degli atti necessari a dare esecuzione alla proposta o ne sta ritardando il compimento, deve senza indugio riferirne al tribunale. Il tribunale, sentito il debitore, può attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore al compimento degli atti a questo richiesti.

Il provvedimento di omologazione dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza determina la riduzione e l’aumento del capitale e le altre modificazioni statutarie nei termini previsti dal piano, demanda agli amministratori l’adozione di ogni atto necessario a darvi esecuzione e li autorizza a attuare, nei successivi 30 giorni o nel diverso termine previsto dal piano, le ulteriori modificazioni statutarie programmate dal piano. In mancanza il tribunale, su richiesta di qualsiasi interessato e sentiti gli amministratori, può nominare un amministratore giudiziario, attribuendogli i poteri necessari a provvedere in luogo di costoro ai richiamati adempimenti, e disporre la revoca per giusta causa degli amministratori.

In tema di risoluzione del concordato ciascun creditore e il commissario giudiziale, su istanza di uno o più creditori, possono richiedere la risoluzione del concordato per inadempimento. Tuttavia, il concordato non si può risolvere se l’inadempimento ha scarsa importanza. Il ricorso per la risoluzione deve proporsi entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dal concordato.

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