Il concordato semplificato liquidatorio del patrimonio, introdotto nel diritto della crisi di impresa dalla normativa di urgenza contenuta nel DL 118/2021 diviene, insieme alla composizione negoziata della crisi, uno strumento giuridico in vigore a regime. Lo Schema di decreto per il recepimento della direttiva insolvency, approvato in prima lettura dal Cdm il 17 marzo 2021, prevede l’inserimento di tale strumento giuridico nel Codice della crisi e dell’insolvenza. Gli imprenditori, nonché il sistema economico nel suo complesso, potranno quindi utilizzare tale strumento a regime con il vantaggio di velocizzare il recupero della liquidità da aziende per cui il risanamento, pur tentato tramite l’iter di composizione negoziata, non è possibile, consentendo altresì all’imprenditore in crisi di approdare a un porto sicuro.
Il diritto della crisi di impresa ha subito recentemente una serie di modifiche che stanno conducendo a un nuovo assetto normativo. I primi interventi emanati urgentemente, contenuti nel DL 24.8.2021 n. 118, conv. L. 147/2021, hanno trovato giustificazione nel fatto che la congiuntura economica, colpita dall’emergenza sanitaria, richiedeva uno strumento negoziale, stragiudiziale, snello che consentisse alle imprese in crisi di negoziare con i creditori e le altre parti interessate al fine di giungere a un accordo che consentisse il risanamento, salvaguardando i valori aziendali e allo stesso tempo consentisse il recupero della liquidità nei casi in cui il risanamento non fosse possibile.
In risposta alla richiamata esigenza, il DL 118/2021 ha introdotto la composizione negoziata della crisi (CNC), nonché differito l’entra in vigore del Codice della Crisi di impresa e dell’insolvenza (CCII) al 16 maggio 2022.
Successivamente il quadro normativo ha visto l’introduzione, ad opera del DL 152/2021, di un sistema di allerta (early warning) nell’ambito della CNC, rendendo il diritto della crisi – per quanto riguarda l’allerta – in linea con la direttiva insolvency (2019/1023) il cui recepimento, entro il 17 luglio 2022, è previsto dallo Schema di decreto approvato il 17 marzo 2022 dal Cdm in prima lettura. Lo Schema di decreto per l’attuazione della direttiva modifica il CCII rendendo alcune disposizioni maggiormente flessibili tra cui la sostituzione del Titolo II, Parte I, recante “Procedure di allerta e di composizione assistita della crisi”, con la disciplina della composizione negoziata, inclusa la procedura di concordato semplificato.
Il concordato semplificato, quindi, introdotto come possibile sbocco della composizione negoziata, frutto di un intervento legislativo di urgenza, confluendo nel CCII diviene una procedura per la liquidazione del patrimonio cui le imprese potranno utilmente contare a regime. Esso è disciplinato dall’art. 18 del DL 118/2021 e inserito dallo Schema di decreto in fase di approvazione definitiva nell’art. 25-sexies del CCII, non rappresenta un tipo di concordato cui il debitore accede direttamente, ma consiste in una procedura semplificata per la liquidazione del patrimonio cui l’impresa può decidere di accedere, al valere di talune condizioni, esclusivamente come sbocco della CNC, ovverosia qualora le trattative non abbiano condotto a soluzioni alternative.
La CNC rappresenta uno strumento disciplinato dal DL 118/2021, ora inserito nel CCII dal richiamato Schema di decreto in fase di approvazione, che consente alle imprese in situazione di squilibrio patrimoniale, economico-finanziario che ne rendano probabile la crisi o l’insolvenza di seguire un iter di composizione negoziale con i creditori e le altre parte interessate, al fine di trovare un accordo che consenta all’impresa di raggiungere il risanamento. La procedura si avvia con la richiesta da parte dell’imprenditore, tramite apposita piattaforma istituita dalle CCIAA, di nomina di un esperto indipendente che faciliti le trattative e il buon esito della composizione.
Il percorso di composizione negoziata, che si avvia una volta che l’esperto abbia verificato, preliminarmente, la concreta possibilità di trovare un accordo con uno o più creditori o parti interessate, si sviluppa idealmente in tre fasi, come sintetizzato di seguito.
La prima fase consiste nella verifica preliminare sulle concrete possibilità di risanamento e di giungere a un accordo con uno o più soggetti, quali: creditori; finanziatori; personale dipendente; possibili interessati nell’acquisto di singoli assets o del compendio aziendale;
La seconda fase è caratterizzata dall’inizio delle trattative gestite in piena libertà dalle parti con gli unici limiti legati all’esigenza di: mettere al riparo l’imprenditore da azioni aggressive da parte dei creditori attraverso le misure protettive e cautelari di cui all’artt. 6 e 7 del DL 118/2021; evitare una gestione che arrechi danni ai creditori da parte dell’imprenditore, attraverso le limitazioni alla gestione di cui agli artt. 9 e 10 del DL 118/2021; individuare un tempo limite per le trattative pari a 180 giorni, prorogabili di ulteriori 180 giorni.
Infine, la terza fase consiste nell’approdo a un risultato in termini di risanamento disciplinati dall’art. 11 del DL 118/2021.
Le soluzioni possibili al termine della procedura di composizione sono previste dall’art. 11 del DL 118/2021 che individua diverse ipotesi di sbocco della CNC per la soluzione alla crisi, come meglio sintetizzato di seguito.
Quando è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di squilibrio patrimoniale economico-finanziario che rendano probabile la crisi o l’insolvenza, le parti possono, alternativamente: a) concludere un contratto, con uno o più creditori, che produce gli effetti di cui all’articolo 14 del DL 118/2021 (misure premiali fiscali) se, secondo la relazione dell’esperto è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a 2 anni; b) concludere una convenzione di moratoria ai sensi dell’articolo 182-octies l.f.; c) concludere un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto che produce gli effetti di cui all’art. 67, c. 3, lett. d), l.f. (piano attestato); in tal caso non occorre l’attestazione.
L’imprenditore può, all’esito delle trattative, domandare l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli articoli: 182-bis l.f. (Accordi di ristrutturazione dei debiti); 182-septies l.f. (Accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa); 182-novies l.f. (Accordi di ristrutturazione agevolati); la percentuale di cui all’articolo 182-septies, secondo comma, lett. c), è ridotta al 60% se il raggiungimento dell’accordo risulta dalla relazione finale dell’esperto.
L’imprenditore può, in alternativa alle precedenti ipotesi: a) predisporre il piano attestato di risanamento di cui all’articolo 67, c. 3, lett. d) l.f.; b) all’esito delle trattative, proporre la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’articolo 18 del DL 118/2021; c) accedere ad una delle procedure disciplinate: dalla legge fallimentare; dal Dlgs. 270/1999; dal DL 347/2003; alle procedure di accordo di ristrutturazione dei debiti o di liquidazione dei beni disciplinate dagli articoli 7 e 14-ter della L. 3/2012, per le imprese agricole.
Il concordato semplificato, disciplinato dall’art. 18 del DL 118/2021, rappresenta un’innovazione di gran rilievo apportata al diritto della crisi di impresa, non solo perché viene introdotta una nuova tipologia di concordato nell’ordinamento, ma anche per il valore che il legislatore sembra attribuire a tale forma di concordato.
La nuova disciplina, probabilmente, sconfessa le più recenti scelte sia del legislatore del 2015 sia di quello del Codice della crisi, in quanto viene rivitalizzato il concordato liquidatorio, che sembrava destinato ad una sostanziale marginalizzazione, attraverso l’eliminazione della necessità di assicurare il soddisfacimento dei creditori chirografari almeno nella misura del 20%; l’eliminazione della necessità di incrementare il valore del patrimonio di almeno il 10% con apporti esterni; la riduzione degli interventi del tribunale, la cui valutazione sul merito della proposta sotto il profilo della fattibilità viene riservato all’omologazione e il cui potere di dettare le modalità della liquidazione viene quasi escluso in caso di offerte di acquisto;
l’esclusione di ogni rilevanza alla volontà dei creditori, la cui approvazione non viene richiesta, ma possono unicamente impedire l’omologa nel caso dimostrino la maggior convenienza del fallimento rispetto al piano di liquidazione; il privilegio della proposta preconfezionata semplificando la procedura di ricerca di soluzioni maggiormente convenienti.
Vi sono tuttavia una serie di contrappesi per evitare l’abuso dell’istituto del concordato semplificato, tra cui la correttezza, buona fese e l’extrema ratio della soluzione che, al termine dell’iter di CNC, rappresenti effettivamente l’unico risvolto possibile.
La procedura di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio è ammessa esclusivamente quando l’esperto, nella relazione finale, dichiara che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede, che non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni individuate ai sensi dell’articolo 11, c. 1 e c. 2, non sono praticabili. In tal caso, l’imprenditore può presentare, nei 60 giorni successivi alla comunicazione della relazione finale dell’esperto una proposta di concordato per la cessione dei beni aziendali unitamente al piano di liquidazione e ai documenti indicati nell’articolo 161, c. 2, lettere a), b), c) e d), l.f., ossia: una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa; uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione; l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore; il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili. La proposta di concordato liquidatorio può prevedere la suddivisione dei creditori in classi.
Il ricorso per l’omologazione del concordato semplificato può essere proposto entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione della relazione conclusiva dell’esperto. Il concordato liquidatorio non può essere una soluzione perseguita dall’imprenditore fin dall’inizio della negoziazione, ma l’esito di un percorso in cui lo stesso ha ricercato in buona fede una qualche forma di accordo con i creditori, poi non raggiunto per indisponibilità degli stessi o per ragioni oggettive; ciò ha trovato conferma nella precisazione inserita dalla legge di conversione, L. 147/2021, contenuta nel primo comma dell’art. 18 in base alla quale il concordato liquidatorio può essere proposto: “Quando l’esperto nella relazione finale dichiara che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede, che non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni individuate ai sensi dell’art. 11, commi 1 e 2, non sono praticabili”. Trattasi quindi di una extrema ratio nell’ambito della CNC.
La disciplina del concordato liquidatorio non presenta particolari differenze, per quanto riguarda gli effetti della presentazione della domanda, con il concordato ordinario. Tra le difformità si nota che tra i documenti da depositare non è richiesta l’attestazione del professionista qualificato sulla veridicità dei dati; ciò trova giustificazione nel fatto che il tribunale deve acquisire la relazione dell’esperto e il parere dell’esperto con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione e alle garanzie offerte.
In maniera analoga, nulla si dice in merito al giudizio sulla veridicità dei dati aziendali in quanto questa dovrebbe essere logicamente il presupposto delle trattative portate avanti dall’esperto che dovrebbe, quindi, risultare dalla relazione.
Il fatto che il legislatore qualifichi il documento dell’esperto come parere e non attestazione potrebbe giustificarsi nella circostanza per cui non si è voluto attribuire al professionista una particolare responsabilità, ma rimane comunque la responsabilità dell’esperto nel caso il parere sia tecnicamente insufficiente.
In relazione alla tutela dei creditori e a conforto delle valutazioni spettanti al tribunale è prescritta la nomina di un ausiliario da parte del tribunale. L’ausiliario non è qualificato come commissario giudiziale, anche se in dottrina si trovano commenti che lo ritengono nella sostanza tale. I motivi per cui non si è voluto dare all’ausiliario la qualifica di commissario giudiziale possono essere legate alla volontà di limitare i
compensi o al fatto che vi è, comunque, una diversità di compiti. Resta il dubbio circa la qualifica che dovrà avere l’ausiliario visto che svolge funzioni di sorveglianza analoghe a quelle del commissario, essendo richiamato l’art. 173 l.f., e può anche assumere il ruolo di liquidatore in determinate circostanze.
Nel concordato semplificato non è prevista la fase dell’ammissione, l’assenza formale della pronuncia di ammissibilità si ritrova anche nella disciplina del CCII. La norma prevede solo un giudizio di corretta ritualità e, dunque, di regolarità della proposta e non è prevista neanche l’interlocuzione con il proponente circa l’esistenza e la possibilità di rettificare eventuali criticità, sul presupposto che la natura liquidatoria del concordato non comporti particolari problematicità. La valutazione del tribunale in questa fase, dunque, si limita ad accertare la ritualità della proposta come espressamente previsto dal testo normativo.
Il giudice, tra l’altro, non potrebbe fare altre verifiche in considerazione del fatto che può contare esclusivamente sulla relazione finale dell’esperto e del parere che, a richiesta del tribunale, l’esperto deve redigere con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione e alle garanzie offerte, garanzie che, tuttavia, potrebbero anche mancare, in quanto nessuna disposizione ne impone la presenza.
Una volta verificata la corretta ritualità, il tribunale, provvede alla nomina dell’ausiliario, ai sensi dell’art. 68 c.p.c., il quale, dopo aver accertato l’incarico, deve redigere un parere sul cui contenuto la norma non fornisce indicazioni, ma che dovrà avere come oggetto la fattibilità del piano concordatario e le possibilità di soddisfacimento dei creditori in vista della valutazione di convenienza rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare, assicurando comunque un’utilità a ciascun creditore.
Il tribunale verifica, ai fini dell’ammissibilità della domanda introduttiva la connessione tra il percorso di negoziazione e concordato; il collegamento sostanziale tra l’attività di ricerca di una soluzione e l’esito consistente nel deposito della proposta di concordato semplificato, quale extrema ratio; la sussistenza dei presupposti di accesso alla negoziazione considerando sia la relazione dell’esperto ma anche e soprattutto il parere dell’ausiliario circa la sussistenza ab origine dei presupposti di risanamento.
Le situazioni di abuso consistenti nella preordinata volontà di accedere alla CNC al solo fine di poter proporre domanda di concordato semplificato, potrebbero essere evinti dal tribunale anche dalla sola relazione dell’esperto, qualora evidenzi sufficienti elementi indicatori di una conduzione delle trattative da parte del debitore del tutto disinteressata a soluzioni diverse sia pur praticabili. In tal caso la pronuncia di inammissibilità della proposta potrebbe intervenire già nell’ambito del preliminare esame di ritualità, senza necessariamente acquisire il parere dell’esperto e di nomina dell’ausiliario.
In relazione all’omologazione, che interviene in assenza di voto, richiede da parte del tribunale di accertare d’ufficio che la proposta non arrechi pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare; assicuri comunque un’utilità a ciascun creditore.
Il giudizio di fattibilità previsto, trattandosi di concordato liquidatorio, sarà limitato alla prospettiva del soddisfacimento di tutti i creditori in misura non irrisoria.
La liquidazione del patrimonio viene eseguita da un liquidatore nominato dal tribunale, con il decreto di omologazione. Il procedimento di liquidazione sarà soggetto, per quanto compatibili, alle disposizioni sulle cessioni nell’ambito del concordato disciplinate dall’articolo 182 l.f.
Nel caso il piano di liquidazione di cui all’articolo 18 del DL 118/2021 comprende un’offerta da parte di un soggetto individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore, anche prima dell’omologazione, dell’azienda o di uno o più rami o di specifici beni, il liquidatore giudiziale, verificata l’assenza di soluzioni migliori sul mercato, dà esecuzione all’offerta, applicando alla vendita gli articoli da 2919 a 2929 del cod. civ..
Nel nuovo concordato semplificato, la ricerca di soluzioni alternative avviene tramite la generica verifica da parte del liquidatore dell’assenza di soluzioni migliori sul mercato; ciò farebbe ritenere che tale accertamento possa essere effettuato in qualunque modo e, dunque, potrebbe essere possibile giustificare l’assenza di alternative anche sulla base della prova di tentativi infruttuosi condotti dal debitore di ricercare altri possibili acquirenti. L’eventuale presenza di possibili acquirenti interessati, non richiede, una procedura formale per la valutazione dell’offerta, con procedimento svolto avanti al tribunale, ma la competizione può essere perseguita con procedure competitive non formali, come consente l’art. 182 l.f., espressamente richiamato dall’art. 19 del DL 118/2021.
Il procedimento di vendita può iniziare anche prima dell’omologa, qualora il piano preveda che l’offerta debba essere accettata oppure che il trasferimento debba essere effettuato.
In tali casi, non essendo nominato il liquidatore, la valutazione di fattibilità e di convenienza, non certo sostituita dalla necessaria autorizzazione alla cessione anticipata ex art. 10 c. 1 lett. c) del DL 118/2021, dovrà essere effettuata dall’ausiliario nominato dal tribunale.