Parlare di bellezza e di fascino al giorno d’oggi sembra ridondante e scontato. Si tratta di temi mainstream, che ci toccano direttamente e indirettamente: la società attuale, infatti, ci bombarda di continuo con modelli, stereotipi, suggerimenti leggermente forzati.Basta farsi un giro per i negozi e dare un’occhiata a taglie e manichini, alle varie mode che esaltano determinati tipi di forme; e ancora, basta guardare un po’ di sfilate e sfogliare riviste, così come soffermarsi sui vari cartelloni pubblicitari. O farsi una semplice, consueta navigata in internet.Le idee di bellezza sono ovunque e si insinuano sottilmente nelle nostre menti: per alcuni, donne soprattutto, specialmente le giovanissime, queste diventano un’ossessione, si cristallizzano in obiettivi da raggiungere a tutti i costi, costi quel che costi.Ma nella frenesia quotidiana, nel bombardamento visivo e nell’assalto alle corde dei desideri, ci chiediamo mai che cos’è realmente il fascino, cosa è fascinoso o meno e soprattutto qual è il fattore che lo determina? La fotografa americana Gracie Hagen, particolarmente sensibile ai temi relativi al corpo, ha voluto esplorare la distanza abissale che di fatto esiste fra la propaganda di immagini dei media e la realtà genuina degli individui.“Illusions of the body” è il titolo emblematico del suo progetto fotografico, lavoro con cui la professionista ha esplorato temi relativi alla bellezza, alla perfezione, ai difetti ed al realismo. Modelli del progetto sono state anzitutto le donne, indubbiamente le più coinvolte, per natura e per dinamiche sociali, nel vortice-binomio “bellezza-perfezione”; accanto ad esse si sono offerti anche diversi uomini. Tutti come modelli “normali”, comuni, fisicamente diversi, unificati però nella scelta della modalità di raffigurazione, in quanto immortalati in due principali pose: la prima, “sexy”, costruita sulla scia della pubblicità, con la finalità di accentuare accuratamente le sinuosità corporali; la seconda, molto più che naturale, ai limiti quasi del rilassamento, con lo scopo di mostrare i corpi in pose poco lusinghiere, scarsamente esaltanti, per niente da copertina.Dunque soggetti attraenti e sfavoriti a confronto, in un impatto visivo forte, che passa da un estremo all’altro. Ma, cosa fondamentale, per una posa e per un’altra, si tratta dei medesimi soggetti, una volta raffigurati “belli” ed un’altra “meno belli”. Il tutto per dimostrare concretamente come, all’interno della discrepanza visiva, ciò che viene immortalato è il medesimo corpo di cui si hanno percezioni opposte, determinate da una serie di variabili. La nozione di bellezza non è quindi assoluta, ma dipende dai momenti, dalle posizioni, dalle luci, dalla postproduzione fatta con programmi di editing.Il problema è che le immagini di moda e le foto dei divi ci fanno credere che esiste una perfezione assoluta e che ci sono persone che la posseggono: i media infatti propongono le foto migliori delle persone, assolutamente non realistiche. Il problema è che la gran parte della gente comune, pur essendo a conoscenza della loro artificiosità, si confronta con queste figure, o meglio, con queste raffigurazioni di figure, paragonandosi a questi falsi ideali di bellezza, inseguendo così un prototipo che non può essere raggiunto semplicemente perché non esiste.Proviamo piuttosto a raffrontarci a qualcosa di più realistico e “normale”, celebriamo le nostre forme, esaltiamoci nelle nostre differenze che ci rendono unici ed inimitabili, che ci personalizzano e ci gratificano. Il corpo umano è un’eccezionale, insanabile contraddizione, qualcosa al contempo di strano e bello, in ogni sua espressione.
Michela Graziosi