L’emergenza coronavirus è ormai divenuta una quotidiana realtà che accompagna la vita di un intero continente – e non solo. Dopo l’Italia, le misure di contenimento sono arrivate a includere anche la Spagna, che si prevede seguirà a ruota il nostro Paese, ma anche la Germania e quella Francia che sembrava aver inizialmente sottovalutato il problema virale.
Se l’Italia si trova già da una settimana in isolamento volontario, Madrid segue ora con misure “ispirate” alla decisione di Giuseppe Conte e gli altri Paesi europei sono già sulla buona strada, iniziando con la chiusura delle scuole e della limitazione delle attività non essenziali.
È giunto, però, il momento di un’azione congiunta sul piano europeo, per limitare il contagio da COVID-19 in maniera più efficace e a macchia d’olio.
Per questo motivo è atteso, nella giornata di oggi, l’annuncio da parte di Ursula von der Leyen della chiusura per 30 giorni di ogni frontiera esterna all’Unione Europea: della zona Schengen, s’intende.
Una quarantena continentale che si estende a ogni entrata sul territorio e si configura, di fatto, come un’eventualità mai finora accaduta nella storia dell’Unione. Nonostante i comprensibili dubbi sulla portata di un intervento europeo a favore dell’Italia, come paventato nei giorni scorsi dal contradditorio fra Lagarde e von der Leyen, si può dire che almeno in questo senso – per certi versi puramente geografico – l’Europa sia unita.
E deve, assolutamente, esserlo: un framework funzionante sul piano sovranazionale è l’unico modo, oltre i provvedimenti nazionali, per arginare la diffusione del virus in maniera omologata.
Specialmente se un Paese importante come il Regno Unito, fresco di Brexit e per nulla propenso ad affossare ulteriormente la propria economica “chiudendo tutto”, si rifiuta di operare misure concrete e si arrende al fatto che l’epidemia interna durerà fino al 2021, andando a coinvolgere «4 inglesi su 5». È quanto riporta il The Guardian, che ha analizzato un documento riservato del National Health Service.
L’Europa, insomma, deve rimanere unita – pur stando a debita distanza gli uni dagli altri. Se il sistema sanitario collasserà, in Italia o altrove, sarà necessario che l’Unione dia fondo a ogni sua risorsa per proteggere oggi la salute dei cittadini europei e, domani, la loro economia.