“Difficile” così Andrea Péruzy, Segretario generale della Fondazione Italianieuropei, ha definito la situazione italiana, vista con gli occhi di chi è abituato ad analizzare i fenomeni sociali e politici in un’ottica più ampia, sistemica. La difficoltà principale del nostro Paese consiste – a suo avviso – nell’incapacità di riformare se stesso. D’altra parte, le riforme rappresentano la raison d’être della Fondazione che nasce, nel 1998, proprio allo scopo di far dialogare i riformismi della cultura politica italiana. Perché – chiedo a Péruzy – è così difficile cambiare l’Italia e l’Europa? La risposta è avviluppata nelle pieghe di una storia antica contrassegnata da due unioni parziali e forse mal riuscite. La prima è il processo di unificazione italiana. La seconda riguarda invece l’Europa, almeno per com’è stata concepita e realizzata l’Unione sino ad oggi. È stato fatto l’euro, potremmo dire parafrasando Cavour, ma nessuno si è occupato di fare gli europei. In Italia, il Governo Renzi ha inaugurato una nuova stagione, anche se il cammino del cambiamento è lastricato di insidie, come hanno dimostrato la riforma del Senato e soprattutto quella del mercato del lavoro. Se il dibattito sull’articolo 18 è “anacronistico”, la riforma complessiva dello Statuto dei lavoratori è un’urgenza in uno scenario economico completamente diverso da quello del passato. L’allargamento della fascia della marginalità sociale rischia di alimentare il vento della cosiddetta antipolitica che in realtà ha molti contenuti politici. C’è un filo rosso che collega la demagogia di partiti, movimenti e personaggi pubblici in apparenza molto lontani tra di loro. Con un occhio rivolto all’esperienza del Governo delle città, da Ignazio Marino, al sospeso de Magistris, fino a Pizzarotti, Péruzy intravede uno scollamento tra il piano della demagogia, dove si fanno promesse sui servizi ai cittadini, e quello dell’azione concreta dove invece si accumulano i fallimenti. Sebbene il quadro politico attuale sia in grande evoluzione, le differenze tra la destra e la sinistra continuano ad esistere. Secondo Péruzy, cinque sono gli ambiti sui quali bisogna intervenire: 1) fine del bicameralismo; 2) nuova legge elettorale; 3) semplificazione della Pubblica Amministrazione; 4) riduzione della durata dei processi; 5) lavoro e modernizzazione del welfare. Ancora sul welfare ragioniamo insieme su come si possa liberalizzare il lavoro salvaguardando le tutele. La Terza via, dal suo punto di vista, va rivisitata tenendo presente che bisogna trovare un equilibrio tra capitale e lavoro, tra le ragioni dell’economia e quelle della società. Impossibile non tenere conto di come negli ultimi anni sia cambiata la comunicazione politica. I tweet di Renzi sono già un classico e rientrano nella consolidata tendenza alla personalizzazione della leadership. Pur riconoscendo l’inevitabilità dei cambiamenti in atto, Péruzy insiste sulla necessità di salvaguardare le fondamenta della democrazia.
Pasquale Musella