Sono passati due anni quasi esatti da quel terribile 14 agosto del 2018, quando un intenso nubifragio riuscì a buttare giù uno dei simboli architetturali del dopoguerra e del boom economico, il Ponte Morandi.
Ci sono voluti due anni, ma oggi l’Italia può finalmente inaugurare il nuovo ponte, denominato San Giorgio, e commemorare le vittime di quel terribile incidente sapendo, pur senza poter tornare indietro per salvarle, di aver così risanato una terribile ferita non solo sociale, ma anche economica, che dal 2018 a oggi ha attraversato la città di Genova.
Certo, non sono tutte rose e fiori: negli scorsi giorni, lo “scandalo” della velocità. A lavori ultimati, il nuovo ponte è stato giudicato non a norma per poter permettere la circolazione dei veicoli a velocità autostradali; il limite massimo rimarrà pertanto fissato a settanta chilometri orari. Questo, si è difeso il governo, non per inadempienza nel corso degli attuali lavori ma, piuttosto, perché è stato necessario seguire il tracciato del vecchio ponte – il quale non sarebbe stato adeguato a garantire sicurezza a centodieci chilometri orari.
Al di là di questa piccola polemica, il governo di oggi e di ieri si bea della ricostruzione di quello è che diventato – nel bene, ma soprattutto nel male – un simbolo dell’Italia degli ultimi anni. Nel bene, perché grandi sforzi sono stati fatti per ricostruire il ponte, sforzi dei quali sia l’attuale governo “giallo-rosso”, sia quel Salvini che all’epoca fu ministro degli Interni, si stanno appropriando in termini di consensi.
Ma, appunto, occorre anche ricordare che la tragedia del Ponte Morandi, che costò la vita a quarantatré persone, non sia di per sé un esempio di grande governance. Un disastro che avrebbe potuto essere evitato se la manutenzione – da parte di Autostrade – e il controllo sulla stessa – lato governativo – fossero stati adeguati. Se, come spesso avviene, non ci fosse stata quella inguaribile e imperdonabile tendenza a lasciare le cose come sono, andando al risparmio e operando nell’ombra finché nessuno se ne accorge – o, come si suol dire, finché non ci scappa il morto.
Le responsabilità sono state gravi; ora, però, è responsabilità dello Stato anche garantire vicinanza alle vittime e alla città stessa. Prima dell’evento inaugurale, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha incontrato i familiari delle vittime in Prefettura, per dar loro un segno di solidarietà e rispetto in virtù del fatto che – come deciso dall’associazione dei parenti – questi non sarebbero stati presenti a una “festa” che nessuno avrebbe sentito come tale.
Evento che poi è seguito, non solo a quest’incontro ma anche alle ultime ispezioni e agli ultimi collaudi: tutti pronti, dopo una pioggia a dirotto come quella del 14 agosto 2018, mentre le nubi si ritirano e – in maniera molto suggestiva – un arcobaleno sulla vallata accompagna l’inaugurazione del nuovo Ponte San Giorgio. Sulle note di De André, con una versione di Creuza de ma’ appositamente rivista da diciotto artisti, e con il ricordo ad alta voce di chi, per colpa del Ponte Morandi, ora non c’è più.
Foto:Il Ponte prima dell’inagurazione, con le bandiere di Genova. (Il Fatto Quotidiano)