«Nella misura in cui il gioco è un mezzo per conquistare un premio esso costituisce un’opportunità; nella misura in cui esso costituisce una minaccia per ciò che si è scommesso esso è un rischio» (Goffman, Sociologo di origine Canadese).
Ed è proprio in questa seconda accezione, più forte e drammatica, che si inserisce il concetto di gioco d’azzardo, che in Italia, nel solo anno 2021, dopo l’esperienza drammatica del Covid 19 e delle tante problematiche economiche ad esso legate, ha registrato a suo carico un aumento del 21%, facendo segnare un nuovo record storico.
Il gioco d’azzardo, da sempre esistito, colloca la sua nascita già ai tempi antichi risalenti addirittura al 3000-4000 a.c., durante il periodo della civiltà egizia, dove già veniva praticato il gioco dei dadi. Oggi, invece, in generale il gioco d’azzardo consiste nello scommettere denaro sul futuro esito aleatorio di un evento. Un evento che può essere un gioco come la roulette, le slot machine o l’ordine di arrivo di una gara, come le corse dei cavalli, ma in linea di principio si tratta in generale di una qualsiasi attività che presenti un margine di incertezza e che si presta a scommesse sul suo risultato finale, e quindi oggetto di gioco.
Varie sono le cause che possono indurre le persone ad accostarsi al gioco d’azzardo, motivati alle volte dal voler fare “qualcosa di diverso”, spinti dalla noia, dalla curiosità o dall’emulazione; in altri casi, invece, il gioco d’azzardo si identifica come uno strumento di risoluzione (illusoria) per raggiungere rapidamente e senza sforzo quantità economiche che possano bilanciare tutte quelle carenze che la società moderna non riesce a garantire attraverso un lavoro stabile e continuativo o attraverso un welfare sociale di supporto di vario genere. Queste ultime sono state le motivazioni principali che negli ultimi decenni hanno portato moltitudini di persone ad accostarsi al gioco. Spinti troppo spesso da una propensione personale al riscatto e al recupero, nei quali è molto facile cadere in momenti di grande fragilità e solitudine. Manciate di attimi che portano a perdersi in un loop di sentimenti contrastanti che spingono verso la devianza, magari incentivati da quelle piccole ed insignificanti vincite che regalando una risposta positiva, che induce a continuare facendo perdere facilmente il controllo della situazione e della realtà circostante. Basta veramente un niente per trasformare il gioco in patologia, dipendenza, in quello che in psicologia viene poi ad identificarsi come un giocatore compulsivo.
Nel momento in cui si parla di giocatore compulsivo, si è andati veramente oltre, e le cause iniziali lasciano ora lo spazio a fattori di altro genere, per i quali lo scommettere e il vincere non è più legato al premio in denaro ma all’emozione spasmodica che si prova, alla scarica emozionale, che in un contesto ormai patologico si va creando. E l’emozione che ne scaturisce sembra diventare l’unico obiettivo, legata alla forte eccitazione e all’euforia che si vanno ricercando, per sentirsi apparentemente bene. Simili condizioni, ci spiega la scienza, si innescano solitamente in situazioni di agitazione, stress, o paura, le quali andando a stimolare l’ipotalamo, la ghiandola surrenale in grado di secernere adrenalina, sono in grado di attivare in tutto il corpo effetti stimolanti in cui il cuore batte più rapidamente e i muscoli ricevono più sangue. Effetti dovuti ad un’acuta scarica di adrenalina, che per quanto possa essere intensa inebria, rigenera e fa sentire meglio. Eppure l’emozione, studiata nel corso degli anni sotto molteplici punti di vista e da diverse scienze che ne hanno decantato a momenti alterni le sue lodi, quanto le sue debolezze, se non controllata può degenerare in fenomenologie e comportamenti non consoni ad un giusto ed equilibrato vivere. Infatti, l’emozione, definibile come una reazione cognitiva e fisica improvvisa ad un stimolo, sta
oggi raggiungendo, nelle nostre società moderne del “tutto e subito”, il suo culmine negativo, accostata troppo spesso al raggiungimento di effimere sensazioni devastanti.
Svuotata della sua essenza Romantica, l’emozione che era in grado un tempo di evocare sublimi sensazioni grazie alle sue accezioni sensibili e contemplative, sta oggi sempre più venendo ad identificarsi con quelli che possiamo individuare come i tipici aspetti dell’epoca moderna: istantaneità, artificiosità, iperemotività. Niente che possa protrarsi nel tempo gli appartiene, solo intensi e continui piaceri momentanei al limite dello shock.
Il giocatore è fuori dall’economia, dal tempo e dalla storia, la sua essenza risiede nell’emozione ricercata attraverso la durata del gioco, che svanisce con esso, un gioco che oggi trova nell’avvento di internet una possibilità illimitata di replicarsi senza limiti temporali. E potendovi in qualsiasi momento della giornata accedervi da casa, nascosti dietro uno schermo, quel poco timore di farsi vedere in una bisca o in qualche punto Snai, ha ancora di più abbattuto qualsiasi inibizione dove il protagonista assoluto diventa il singolo nella sua complessa individualità.
L’emozione così vissuta nei suoi eccessi e nella frenesia di un tempo sempre presente, vissuta senza limiti, si sta sempre più facendo portavoce della perdita di identificazione, propria della nuova società moderna individualista. Una società nella quale il gruppo familiare, amicale e lavorativo stanno sempre più venendo meno, ed il singolo individuo ripiegato su se stesso cerca, spasmodicamente, un rimedio allo smarrimento causato dalla perdita di tanti punti di riferimento, che ritrova nella forte sensazione di piacere che l’emozione del gioco gli restituisce. Sembra quasi che l’impegno un tempo profuso per raggiungere mete e obiettivi personali e professionali, non generi più pienezza ed appagamento, o perlomeno, non regali quelle soddisfazioni che ci si aspettava, lasciando molto spesso sgradevoli sensazioni di incertezza e di impotenza, verso una società che tende sempre più ad escludere e a marginalizzare.
La modernità sembra non lasciare più al singolo alcuna possibilità di effettuare programmi a lungo termine, ed il senso di inadeguatezza che ne scaturisce, altro non fa che acuire le insicurezze personali, portando negli anni gli individui a richiedere alle emozioni tutte quelle sensazioni che in altro modo non si riesce a raggiungere, una sorta di placebo verso le fragili certezze della modernità. Si cerca di pensare il minimo possibile al futuro, e alle sue esigue possibilità di successo e soddisfazione, inseguendo invece sempre più quelle che oggi vengono presentate come le nuove possibilità in cui: “tu puoi diventare il protagonista, il vincitore”. Slogan, questi, ormai rinvenibili ovunque (giornali, Tv, cartelloni pubblicitari, ecc.) per reclamizzare quella che sta divenendo ormai la nuova moda di divertirsi: IL GIOCO D’AZZARDO.