IL LAVORO STAGIONALE

Il rapporto di lavoro stagionale è un particolare contratto a termine applicato a quelle attività lavorative che si svolgono e/o intensificano solo in determinati periodi dell’anno e pertanto mancano del carattere della continuità.

I principali settori di occupazione del lavoro stagionale sono quello turistico, agricolo e alimentare, ma essendo le attività economiche in continua evoluzione sono molte le aziende che manifestano incrementi della produzione e commercializzazione in determinati periodi dell’anno, rappresentando nuovi settori emergenti.

Al momento, le attività di settore stagionale sono “ancora” quelle definite dal D.P.R. 1525/1963 nonostante con il D.lgs 81/2015 il legislatore demanda ai contratti collettivi il compito di definire limiti e modalità di applicazione dei rapporti di lavoro stagionali.

Secondo il Decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1995, n. 378, sono considerati datori di lavoro stagionali tutte le aziende che osservano, nell’anno solare, un periodo di chiusura al pubblico superiore a settanta giorni continuativi o centoventi giorni non continuativi.

Attualmente l’elenco delle attività di settore stagionale sono elencate dal D.P.R. 1525/1963, che contiene prevalentemente una lista di attività riferite al settore agricolo o industriale ad esso collegato, la maggior parte delle quali nella realtà attuale risultano ormai sorpassate.

Con il D.Lgs 81/2015 il legislatore, nell’intento di rendere più attuali e concrete le “attività stagionali”, all’art.21 demanda esplicitamente alla contrattazione collettiva il compito di definire i limiti e le modalità di applicazione della disciplina dei rapporti di lavoro stagionali individuando ulteriori ipotesi di attività stagionali rispetto a quelle indicate dal D.P.R. n. 1525 del 1963. Inoltre, al comma 2 dell’art.21 D.lgs 81/2015 veniva chiesto al Ministero del Lavoro di emanare un nuovo decreto finalizzato ad elencare ed aggiornare le attività previste dal D.P.R. n. 1525/63, ma ad oggi siamo ancora in attesa del Decreto.

La platea dei lavoratori stagionali può essere quindi definita anche dalla contrattazione collettiva (ex art.51 D.lgs 81/2015) che, secondo quanto prevede l’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 81/2015, può individuare ulteriori ipotesi di lavoro stagionale, rispetto a quelle di legge.

Nella prassi pertanto le così dette ragioni di stagionalità possono estendersi a motivi contingenti, ad esempio in virtù di favorevoli condizioni di mercato che si manifestano in periodi connessi a festività, manifestazioni, iniziative promozionali e/o commerciali e soprattutto periodi di intensificazione stagionale e/o ciclica dell’attività anche in seno ad aziende ad apertura annuale.

Il requisito della stagionalità è essenziale ed imprescindibile e deve far riferimento ad attività che si ripetono annualmente e che comportano in determinati periodi un aumento delle stesse.

L’eventuale disconoscimento del requisito, in relazione alla congruità ed alla durata delle attività previste dalla contrattazione collettiva alla quale il Legislatore ha delegato la individuazione delle stagionalità, non può essere riconosciuto in capo agli organi di vigilanza del Ministero del Lavoro che, però, potrebbero, ad esempio, non riconoscere la legittimità dell’accordo se i firmatari degli accordi collettivi non fossero espressione delle organizzazioni sindacali individuate dall’art. 51 del D.L.vo n. 81/2015. Inoltre, ciò che va tenuto in considerazione è la durata della stagionalità, che nella prassi contrattuale solitamente non deve superare un periodo complessivo di 8 mesi (es. CCNL Alimentari), se si protrae oltre, l’attività dovrebbe essere considerata ordinaria e non stagionale.

Vista la peculiarità delle attività stagionali che non richiedono l’impiego di lavoratori stabili, il legislatore ha previsto per tali ipotesi importanti deroghe alla disciplina generale dei rapporti a termine, individuate attraverso l’art. 21, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015.

Rispetto al contratto a tempo determinato ordinario a nei contratti di lavoro stagionali non si applica il limite di durata massima, per sommatoria di tutti i contratti a termine tra le medesime parti per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, che è pari a 24 mesi o quello in alternativa fissato dal CCNL applicato.

Il Ministero del Lavoro con la risposta ad interpello n. 15/2016 precisa che i contratti a termine conclusi per svolgere attività stagionali costituiscono un’eccezione al limite di durata massima stabilito dalla legge o dal contratto collettivo: quindi, eventuali periodi di lavoro stagionale non vanno inclusi nel computo del limite di durata massima di 24 mesi, che opera solo per i contratti a termine per le attività non aventi carattere stagionale.

I contratti a termine “ordinari” che superano i 12 mesi, per effetto del contratto di assunzione o di una o più proroghe, e comunque in tutti i casi di rinnovo devono essere giustificati da esigenze temporanee e oggettive estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori; esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

L’articolo 21, co. 01, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, dispone espressamente che i contratti per lo svolgimento di attività stagionali possono essere prorogati senza che sia necessario, da parte del datore di lavoro, indicare alcuna causale.

Mentre nessuna deroga è stata prevista per il numero di proroghe. Anche i contratti stagionali non possono superare il tetto complessivo delle 4 proroghe, pena la conversione a tempo indeterminato a partire dalla quinta proroga.

Infine, in caso di rinnovo e/o riassunzione con contratto di lavoro stagionale del medesimo lavoratore non trovano applicazione le norme sullo “stop and go” (cd. Periodo cuscinetto o pause intermedie) che di norma sono pari a 20 giorni di calendario se il contratto precedente ha avuto durata superiore ai 6 mesi; a 10 giorni di calendario se il contratto cessato ha avuto durata pari o inferiore ai 6 mesi.

In base a quanto previsto dall’articolo 7, co. 2, del decreto legislativo 27 giugno 2022, n. 104, in caso di rinnovo di un contratto di lavoro per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto di lavoro non può essere soggetto ad un nuovo periodo di prova.

In riferimento ai lavoratori stagionali l’art. 23 al comma 2 lettera c) stabilisce che sono esenti dal rispettare il limite quantitativo previsto per le ordinarie assunzioni di lavoratori a tempo determinato, che ricordiamo è pari al 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione, con un arrotondamento del decimale all’unità superiore se esso è uguale o superiore a 0,5. In caso di inizio dell’attività in corso l’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione. Per i datori che occupano fino a 5 dipendenti è sempre possibile stipulare 1 contratto di lavoro a tempo determinato. Quindi, il datore di lavoro stagionale può assumere tutti i lavoratori a termine “stagionali” dei quali ritiene di aver bisogno senza limitazioni.

Il dipendente assunto con contratto a termine per attività stagionali può esercitare il diritto di precedenza in caso di nuove assunzioni a tempo determinato per lo svolgimento della medesima attività stagionale.

Tale diritto deve essere comunicata all’azienda in forma scritta entro 3 mesi (6 mesi negli altri casi) dall’interruzione del precedente contratto, il diritto di precedenza si estingue dopo 12 mesi dalla cessazione del precedente rapporto a termine.

L’ art. 10 (Transizione a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili) del D.Lgs. 27 giugno 2022, n. 104, dispone che – ferme le disposizioni vigenti più favorevoli, il lavoratore che ha maturato un’anzianità di lavoro di almeno 6 mesi presso lo stesso datore e ha completato il periodo di prova, può chiedere (per iscritto) che gli sia riconosciuta una forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili, se

disponibile. Il lavoratore che ha ricevuto risposta negativa può presentare una nuova richiesta dopo 6 mesi. Entro 1 mese dalla richiesta, il datore fornisce risposta scritta motivata: in caso di richiesta reiterata di analogo contenuto, i datori di lavoro che sono persone fisiche e le imprese fino a 50 dipendenti possono rispondere in forma orale se la motivazione della risposta non cambia rispetto alla precedente. Tali previsioni non si applicano ai pubblici dipendenti, ai lavoratori domestici, ai marittimi e a quelli del settore della pesca.

Rispetto ai contratti a termine ordinari, in quelli stagionali è prevista ai sensi dell’articolo 29, co. 2, della legge n. 92/2012 l’esclusione dall’obbligo di versamento del contributo addizionale NASpI.

Con circolare 4 agosto 2020, n. 91 a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 27 dicembre 2019, n. 160, l’Inps chiarisce che ai contratti a termine, stipulati dal 1° gennaio 2020, per le attività stagionali “definite dagli avvisi comuni e dai CCNL stipulati entro il 31 dicembre 2011 dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative” non si applica il contributo addizionale NASpI né l’incremento previsto per ciascun rinnovo; la norma cristallizza le attività stagionali che danno luogo all’applicazione dell’esonero contributivo in esame, considerando a tale fine solo quelle contenute negli avvisi comuni e nei CCNL stipulati entro il 31 dicembre 2011 dalle organizzazioni abilitate; ai soli fini della determinazione dell’ambito di applicazione dell’esclusione dal versamento del contributo, l’esonero si riferisce anche ai contratti a termine – sottoscritti dal 1° gennaio 2020 per lo svolgimento di attività stagionali – stipulati in forza di CCNL intervenuti, tra le stesse parti e per il medesimo settore, dopo il 31 dicembre 2011, se tali rinnovi contrattuali contengano (tempo per tempo senza soluzione di continuità) espresso riferimento alle attività stagionali individuate dai CCNL stipulati entro il 31 dicembre 2011, ossia senza modificare le attività produttive definite stagionali, e fermo restando che l’esonero non si applica alle eventuali ulteriori attività individuate come stagionali in sede di rinnovo del CCNL; l’obbligo contributivo permane, invece, anche per i periodi di vigenza del contratto successivi al 1° gennaio 2020, per i contratti stagionali che, pur afferenti alle fattispecie richiamate dall’articolo 2, co. 29, lettera b), della legge n. 92/2012, siano stati stipulati prima del 1° gennaio 2020: in caso di contratto stagionale stipulato prima del 1° gennaio 2020, l’esonero contributivo si applica ai rinnovi contrattuali intervenuti dopo tale data (Inps, circolare 4 agosto 2020, n. 91).

Con la nota n. 413 del 2021, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, riportando il parere dell’ufficio legislativo del Ministero del Lavoro, fornisce chiarimenti sulla disciplina dei contratti a termine nelle ipotesi di stagionalità rispondendo a due quesiti: 1) la conferma della circostanza secondo cui le deroghe alla disciplina del contratto a termine stabilite per le attività stagionali dagli artt. 19 e ss. del D.Lgs. n. 81/2015 trovano applicazione anche in riferimento alle ipotesi di stagionalità individuate dal CCNL di settore; 2) la possibilità di concludere contratti a tempo indeterminato per le imprese turistiche che abbiano, nell’anno solare, un periodo di inattività non inferiore a settanta giorni continuativi o a centoventi giorni non continuativi ai sensi del D.P.R. n. 1525/1963.

Proprio in relazione alle ipotesi di stagionalità individuate dalla contrattazione collettiva l’Ispettorato nazionale del lavoro richiama quanto già esplicitato in precedenti interpelli del Ministero del lavoro in materia (n. 15 del 20 maggio 2016 e n. 6 del 2 ottobre 2019), secondo i quali il rinvio operato dal comma 2 dell’articolo 21 del D.Lgs. n. 81/2015 al D.P.R. n. 1525 del 1963 “avviene in “sostituzione” dell’emanando decreto ministeriale e non anche delle ulteriori ipotesi di esclusione individuate dalla contrattazione collettiva alla quale, così come in passato, è demandata la possibilità di “integrare” il quadro normativo”.

Pertanto, rimane confermata la possibilità per la contrattazione collettiva di settore – da intendersi ai sensi dell’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015 come “i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria” – di individuare ulteriori ipotesi di attività stagionali rispetto a quelle già indicate dal D.P.R. n.

1525 del 1963, alle quali non si applicano i limiti sui contratti di lavoro subordinato a termine già indicati in precedenza.

L’individuazione della “stagionalità” effettuata dall’art. 21, comma 2 appare utilizzabile anche in relazione alle ulteriori disposizioni del D.Lgs. n. 81/2015 che adesso rinviano (v. art. 19, comma 2, art. 21, comma 01, art. 23, comma 2 lett. c), art. 29, comma 3 bis).

Infine sul secondo quesito, ovvero sulla possibilità da parte delle imprese turistiche stagionali che osservano un periodo di inattività (non inferiore a settanta giorni continuativi o a centoventi giorni non continuativi ai sensi del D.P.R. n. 1525/1963) nel corso dell’anno di sottoscrivere contratti di lavoro a tempo indeterminato, senza perdere per questo la connotazione di attività stagionale, l’Ispettorato risponde in maniera affermativa “ non si rilevano particolari criticità, né si ritiene che tali contratti possano inficiare la connotazione stagionale delle relative attività.

Ciò in ragione della necessità, per tali imprese, di svolgere comunque una attività “programmatoria” o comunque “preparatoria” nei mesi in cui non è prevista l’apertura al pubblico.”

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