Le elezioni del 25 maggio ci consegnano un Parlamento europeo simile e diverso dal precedente. Simile perché la maggioranza relativa dei seggi va ai due grandi partiti tradizionali: il Partito Popolare, che rimane primo partito con 215 seggi su 751 a disposizione, anche se rispetto al 2009 perde il 9% dei consensi; il Partito Socialista conquista 188 deputati e nel complesso tiene. Ancora simile per quanto riguarda il peso di altre forze politiche consolidate ma minoritarie come i Liberaldemocartici (60 seggi, segnano una flessione del -2,5%) e i Verdi (53 seggi, crescono di poco). Diverso perché il gruppo Conservatori e Riformisti perde una decina di seggi mentre la Sinistra europea guadagna tra i 7 e 10 seggi, cresce il gruppo Europa della Liberta e della Democrazia (38 poltrone, 7 in più rispetto al 2009), in aumento anche i Non-Iscritti e gli Altri (neoeletti senza appartenenza a gruppi uscenti) che assieme totalizzano 105 seggi. Questi sono numeri in parte previsionali perché gli europarlamentari non hanno vincolo di mandato e poi perché non conosciamo le alleanze che stabiliranno i non-iscritti e gli altri. Il fronte euroscettico è comunque molto ampio, sebbene sia disomogeneo. I nazionalisti inglesi di Nigel Farage potrebbero allearsi con i 5 Stelle italiani. Gli eletti della Lega Nord potrebbero unirsi a quelli del Fronte Nazionale di Marine Le Pen. L’Europa è comunque soggetta a severi giudizi: alcuni vorrebbero il ritorno alla “sovranità popolare”, altri la chiusura delle frontiere per arrestare i flussi migratori da altri continenti, altri ancora insistono per un’uscita dall’euro. Ci sono poi gli eurocritici che si differenziano dagli euroscettici perché, pur rimanendo fermamente ancorati al progetto europeo, criticano lo strapotere della Banca Centrale e i vincoli finanziari imposti ai Paesi dell’UE. In quest’ottica è possibile spiegare l’impennata di voti per Syriza, il partito greco di estrema sinistra guidato dal carismatico Alexis Tsipras che, con una lista omonima, è riuscito anche in Italia a superare la soglia di sbarramento del 4%. Cosa succederà dunque all’Europa stretta nella morsa di euroscettici e eurocritici? In molti prevedono la nascita di una coalizione ampia che veda alleati i due partiti più grandi tradizionalmente avversari. Altri vedono ancora i due partiti più grandi avvicinarsi a gruppi politici simili ed in quest’ottica i popolari potrebbero cercare un avvicinamento ai Libdem e simili. Sull’altro versante i socialisti potrebbero riaprire i giochi a sinistra con verdi e comunisti. In ballo c’è anche la nomina del Presidente della Commissione laddove i nomi in campo sono sostanzialmente due: Junker per il centrodestra, Schultz per il centrosinistra. Scelte, alleanze e nomine conteranno mai come prima d’ora poiché potranno contribuire all’avanzamento oppure al disfacimento del progetto di unificazione europea.