Quando mi è stato chiesto di scrivere un articolo di approfondimento sulle condizioni culturali dell’Italia messe a confronto con quelle della Spagna, mi sono trovato in difficoltà. Molto spesso, soprattutto all’estero (in particolar modo oltreoceano) Italiani e Spagnoli vengono confusi facilmente. Questo è dovuto, in parte, alle molte somiglianze che sicuramente esistono tra i due popoli, a partire dalla lingua, fino ad arrivare allo spirito latino che essi condividono. Eppure, ad un’analisi più approfondita, molte sono anche le differenze, dalle quali i due Paesi dovrebbero imparare reciprocamente, per migliorare e rappresentare finalmente un vero “modello mediterraneo”. Non sono esperto di economia e finanza, pertanto non sono in grado di scendere nei particolari della crisi, che ha attanagliato (e ancora attanaglia) le due nazioni, che per decenni hanno mal gestito le loro casse accumulando un enorme debito, pubblico in Italia e privato in Spagna, mettendo in ginocchio le proprie economie e determinando una decadenza sociale di proporzioni mai viste prima, con milioni di disoccupati che vivono sulla soglia della povertà. Semmai la differenza sta nella reazione che tale momento ha generato nelle due popolazioni: rabbia per ciò che concerne la Spagna e la solita e direi prevedibile rassegnazione in Italia. A causa della mia scarsa conoscenza dei meccanismi economici, mi limiterò a parlare della storia di questi due Paesi, della loro cultura, che li ha portati ad essere ciò che sono ora, creando le similitudini e le differenze che le caratterizzano. La prima, profonda differenza sta nel diverso modo di “essere” una nazione. L’unità spagnola è sorta, sostanzialmente, all’indomani del matrimonio tra Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, che nel 1469 congiunsero le due corone iberiche e cementarono l’unione delle due anime del Paese con la crociata contro gli infedeli e la Reconquista di Granada. Seguì la spedizione di Colombo e le enormi ricchezze del Sudamerica, che fecero affluire fiumi d’oro e argento in Spagna mentre la cultura iberica si faceva sempre più importante sulla scena internazionale con il padre della lingua, Miguel de Cervantes e la nascita del Barocco. Di contro, l’Italia ha una storia nazionale assai più breve (ha compiuto 150 anni nel 2011) e l’epopea del suo Risorgimento è molto meno eroica. Innanzitutto il protagonista della nostra unificazione nazionale non era nemmeno italiano, Garibaldi infatti era originario di Nizza, inoltre l’unità del nostro Paese è stata indubbiamente forzata. Dopo secoli di divisione e di campanilismo, nei quali si erano formati piccoli stati autonomi con culture, dialetti, usi e costumi diversissimi tra loro e dopo che vaste regioni della nostra penisola erano state, per secoli, poste sotto il controllo di nazioni straniere (Germania, Austria, Francia e la stessa Spagna), si decise di voler riunire, con un atto unilaterale deciso da una delle corone italiane, quella di Savoia, questo guazzabuglio di popoli così diversi. Nonostante queste differenze profonde, i due Paesi conservarono un certo spirito di indolenza comune, una sorta di inerzia nei confronti del cambiamento, che però negli ultimi anni è stato abbandonato dalla nazione spagnola mentre persiste in Italia. Questo fa tutta la differenza che oggi c’è tra i due modi di vivere e governare e tra le due culture. Mentre, infatti, in Spagna si sono fatti degli enormi passi avanti sul piano delle libertà civili, qui si resta ancora ancorati alla tradizione più oscurantista, che perpetua lo stereotipo dell’Italiano bestemmiatore che in tasca conserva il rosario, che si lamenta dell’ingerenza della religione nella politica, però guai a chi tocca il Papa, che ha da ridire sulla corruzione dei politici ma evade le tasse e non protesta mai seriamente affidando le sue rimostranze ad una voce isolata e incapace di proporre (ogni riferimento a 5 stelle è assolutamente voluto). Differenze queste che si riflettono sul piano culturale, come nel cinema, che negli ultimi trent’anni ha visto l’ascesa di registi visionari spagnoli come Almodovar, Amenabar, Colomo o Trueba mentre il nostro cinema è legato ad autori non vecchi anagraficamente ma nello stile e nel pensiero, come Tornatore. Certo, anche nel nostro Bel Paese ci sono eccezioni, come quella di Salvatores, ma sono exploit isolati. Nemmeno in Spagna è tutto rose e fiori, la crisi impazza anche lì e la cultura ne risente molto, con tagli che investono anche la ricerca, però bisognerebbe prendere un po’ dello spirito iberico e i nostri “cugini” dovrebbero raccogliere un po’ del nostro pragmatismo, allora sì che si creerebbe un vero modello mediterraneo da contrapporre al presunto modello nordeuropeo.
Enrique Del Pozo attore cantante e regista spagnolo
Ma quale Germania e Austria? Ma se si sono unificate dopo l’Italia. Come si può scrivere che che l’Italia era controllata da Germania e Austria quando la Germania si è unificata nel 1871, e in quell’anno Austria e Ungheria non erano ancora nate come stati effettivi? L’Italia per secoli fu dominata da Francesi e Spagnoli in primis, e in quegli anni anche in Germania come in Italia c’erano i vari regni al posto dello stato effettivo. E soprattutto non iniziamo a chiamare gli spagnoli cugini, dato che gli italiani non li hanno mai definiti cugini e non hanno nulla a che spartire con noi. Pure i francesi sono latini e anche il francese come lingua è molto simile all’italiano anzi ancor di più dello spagnolo, dato che il lessico francese è vicino al lessico italiano al 90%, mentre lo spagnolo al 81%.