La Marina statunitense alla fine degli anni Ottanta consegnò ai ricercatori alcune registrazioni subacquee inizialmente prese per “ascoltare” sottomarini ma contenenti anche i canti delle balene che passavano da quelle parti. In queste registrazioni, William Watkins, della Woods Hole Oceanographic Institute, fece una scoperta singolare: trovò un richiamo che viaggiava sui 52 Hertz. Il tutto era molto singolare, in quanto le comunicazioni tra balene solitamente rientrano tra i 12 e i 15 Hz. Questa balena stava parlando un “linguaggio” che le altre balene non potevano recepire e quindi nemmeno ascoltare.
Dal 1992, quando molti nastri in più arrivarono dalla Marina, per più di dieci anni, Watkins e il suo team studiarono la “52 Hz whale”, come fu rinominata. Nessuno è mai riuscito a vederla, ma è molto facile individuare la sua posizione grazie alla particolare frequenza della sua voce: nessuna altra balena al mondo si avvicina minimamente a 52 Hz.
Nel 2004 venne pubblicato un paper sulla rivista specialistica Deep Sea Research, e arrivò la sorpresa: prima i media, poi il pubblico si accorsero dell’incredibile storia, che venne presentata in modo un tantino più drammatico (“la balena che da 12 anni vaga nell’oceano chiamando compagni che non possono sentirla”, e via dicendo) e ottenne un enorme successo.William Watkins è morto prima che uscisse l’articolo, e la sua co-autrice, Mary-Ann Daher, da anni sta gestendo la enorme attenzione mediatica che la “balena da 52 Hz” ha sollevato. Riceve ancora oggi moltissime email, dice, alcune molto toccanti. Ma non può giurare che questa balena sia sola, in giro per gli oceani, per un semplice motivo: nessuno l’ha mai vista. Una cosa sembrerebbe certa: è in ottima salute, se ha vissuto tutti questi anni.Perché affascina così tanto questa storia? Perché rappresenta in modo estremizzato la storia di ogni essere umano che si sia trovato a comunicare in modo inefficiente con un suo simile, finendo col perdere quella relazione o pervenendo ad uno scontro.Ci sentiamo tutti partecipi a quello che identifichiamo come il canto dato dal dolore della Solitudine, ma solo perché siamo un animale testardamente sociale, e crediamo che la sola compagnia che ci facciamo da noi per noi non bastia rendere una vita degna di essere vissuta.Quanta arroganza, quanta presunzione, quanta supponenza. E non manchiamo di nessuna di esse nel pensare alla vita della Balena 52 Hertz. Le cuciamo addosso i nostri fantasmi privati, immaginandola sola e disperata alla ricerca di suoi simili in giro per le acque gelide degli oceani che abbracciano il Mondo e separano le terre degli uomini.Quello che ignoriamo, persi nella nebbia delle nostre supposizioni, è che magari non sia nemmeno sola e triste, ma appartenente ad una specie a noi ignota di cui conosciamo solo il canto.Magari, un giorno, nel corso della storia dell’uomo, ci accorgeremo che il Pianeta non è di nostra proprietà, e che la Natura domina anche su di noi. E forse la smetteremo di violentare le acque con nomi inventati e ci accorgeremo che, in realtà, tutti quelli che identifichiamo come mostri, sono solo umani. Che tutti gli uomini sono mostri.
Giampaolo Giudice