La composizione negoziata della crisi di impresa (CNC) consente alle imprese in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, di chiedere al segretario generale della CCIAA la nomina di un esperto indipendente, quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa. L’obiettivo della CNC è consentire all’impresa in difficoltà di tornare in continuità e, quindi, di conservare i valori aziendali. Tale obbiettivo si può raggiungere all’esito delle trattative, facilitate dall’esperto, con i creditori e le altre parti interessati il cui esito può sfociare in una delle possibili soluzioni individuate dall’art. 11 del DL 118/2021, tra cui l’accordo con uno o più creditori, la convenzione di moratoria, l’accordo sottoscritto dall’esperto aventi gli effetti del piano attestato.
Il percorso di composizione negoziata, che si avvia una volta che l’esperto abbia verificato, preliminarmente, la concreta possibilità di trovare un accordo con uno o più creditori o parti interessate, si sviluppa secondo i passi di seguito illustrati e durante un arco temporale di 180 giorni, prorogabili di ulteriori 180 giorni.
Le fasi della composizione negoziata sono caratterizzate dalla verifica preliminare sulle concrete possibilità di risanamento e, quindi, di trovare un accordo con uno o più soggetti, quali creditori; fnanziatori; personale dipendente; possibili interessati nell’acquisto di singoli assets o del compendio aziendale. Dall’inizio delle trattative gestite in piena libertà dalle parti con gli unici limiti legati all’esigenza di mettere al riparo l’imprenditore da azioni aggressive da parte dei creditori attraverso le misure protettive e cautelari di cui all’artt. 6 e 7 del DL 118/2021; evitare una gestione che arrechi danni ai creditori da parte dell’imprenditore, attraverso le limitazioni alla gestione di cui agli artt. 9 e 10 del DL 118/2021; individuare un tempo limite per le trattative pari a 180 giorni, prorogabili di ulteriori 180 giorni. Dall’approdo a un risultato in termini di risanamento. La norma non contiene molti dettagli stabilendo all’art. 5 c. 8 del DL 118/2021 che: “Al termine dell’incarico l’esperto redige una relazione finale che inserisce nella piattaforma e comunica all’imprenditore e, in caso di concessione delle misure protettive e cautelari di cui agli articoli 6 e 7, al giudice che le ha emesse, che ne dichiara cessati gli effetti”.
La relazione finale dell’esperto deve contenere il resoconto dell’attività compiuta e della condotta tenuta dall’imprenditore nonché dagli altri soggetti che hanno partecipato alle trattative, indicando l’eventuale accordo raggiunto con una o più delle parti, oppure constatando che nessun accordo è stato raggiunto.
La stipula di un contratto, con uno o più creditori, rappresenta la prima ipotesi di soluzione della crisi, prevista dall’art. 11 c. 1, lett. a) del DL 118/2021. In relazione a tale contratto non è specificato il contenuto e, dunque, si possono avere diversi accordi in base alla convergenza di interessi raggiunta con uno o più creditori. La norma non prende in considerazione l’eventuale accordo con un terzo, ad esempio il contratto di vendita di un grande quantitativo di beni o servizi a un soggetto terzo a condizioni che consentono all’impresa di ritrovare l’equilibrio, ovviamente se l’accordo fosse idoneo per ritrovare l’equilibrio prospettico e, quindi, di soddisfare i creditori; ciò rappresenterebbe di per sé una soluzione alla crisi, ma tale ipotesi non è tipizzata dalla norma in commento.
Tornando all’ipotesi dell’accordo con uno o più creditori, la disposizione richiede la sola condizione, ai fini delle misure premiali di cui all’art. 14 del DL 118/2021, che il contratto sia idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a 2 anni. La norma manca di indicazioni sulle caratteristiche della richiamata continuità e, in particolare, in quale rapporto si ponga la continuazione della gestione aziendale, per 2 anni, con l’interesse dei creditori dopo il decorso di tale periodo oppure nel caso, dopo la chiusura della composizione negoziata, l’impresa si trovi nuovamente in situazione di squilibrio.
La relazione finale dell’esperto, ai fini dell’ottenimento delle misure premiali previste dal richiamato art. 14, deve avere il valore di attestazione in merito alla continuità aziendale, non sarebbe sufficiente, infatti, la mera adesione a quanto enunciato dalle parti, bensì è necessaria una presa di posizione dell’esperto sulla probabilità di continuità aziendale nei successivi 2 anni. Tale risultato potrebbe essere piuttosto modesto, in quanto il risanamento presuppone una soluzione definitiva della situazione di squilibrio attraverso la continuazione dell’attività, non in un arco temporale di 2 anni.
La soluzione della crisi per un periodo limitato potrebbe trovare ragion d’essere nel fatto che il miglioramento atteso della situazione economica generale, una volta superata l’emergenza sanitaria e i relativi impatti sulla congiuntura, riporti l’impresa a poter operare utilmente sul mercato.
Tale conclusione mette tuttavia in evidenza due incongruenze. Nella fattispecia, la prima si ha quando il fatto che lo strumento sia limitato ai contratti conclusi con i creditori, quando lo stesso effetto potrebbe avere anche un contratto concluso con un nuovo fornitore o un cliente; la seconda quando il limite temporale di 2 anni, posto che le condizioni per il compimento del risanamento potrebbero verificarsi in un tempo anche più ampio ma prevedibile.
Nel caso la continuità per un periodo di almeno 2 anni non rappresenti la soluzione definitiva allo squilibrio, ma soltanto una manovra ponte, si ritiene che l’esperto non potrà limitarsi a valutare la continuità aziendale per il biennio, ma dovrà indicare qual è il percorso che, invece, verrà aperto per il superamento, definitivo, della situazione di difficolta, ossia per esempio la predisposizione di un piano attestato di risanamento; l’accesso al concordato preventivo; l’accordo di ristrutturazione dei debiti.
La soluzione dell’accordo di cui all’art. 11, c. 1 lett. a) garantisce all’impresa le limitate misure premiali previste dall’art. 14 del DL 118/2021, lasciando i creditori privi di vantaggi non essendo neanche prevista la prededucibilità dei crediti nascenti dall’esecuzione del contratto; ciò rende poco attraente la soluzione di cui trattasi in considerazione anche del fatto che i pagamenti e le garanzie eventualmente offerte per ottenere il consenso del creditore alla stipula del contratto sono soggetti a revocatoria, in quanto l’esenzione di cui all’art. 12 DL 118/2021 trova applicazione unicamente per gli atti compiuti nel corso delle trattative e non per le attività effettuate dopo la conclusione delle negoziazioni, quali sono quelle collegate all’esecuzione del contratto di cui trattasi.
La richiamata conclusione si fonda non solo sulla formulazione della disposizione di cui al secondo comma del citato art. 12, che condiziona l’esenzione alla congruità degli atti rispetto “all’andamento e allo stato delle trattative”, quindi ancora in corso, ma soprattutto dalla diversa disposizione contenuta nella disciplina dell’accordo controfirmato dall’esperto (art. 11, c. 1, lett. c) che invece, proprio per l’inapplicabilità dell’esenzione prospettata nell’art. 12, prevede espressamente che detto accordo comporti “gli effetti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d)” della l.f.
Il secondo strumento per la soluzione della situazione di difficoltà, disciplinato dall’art. 11 c. 1 lett. b) del DL 118/2021, è costituito dalla convenzione di moratoria. La convenzione di moratoria costituisce uno strumento che viene introdotto nella Legge fallimentare attraverso l’art. 182-octies, inserito dall’art. 20 del DL 118/2021, con una disciplina diversa rispetto a quella dettata nell’art. 182-septies, ante modifiche, ma analoga a quella dell’art. 62 del CCII. La novità è data dalla possibilità di applicare la disciplina originariamente prevista solo per le banche e gli intermediari finanziari a tutti i creditori.
La convenzione di moratoria in estrema sintesi consente all’imprenditore di concludere con i suoi creditori una convenzione diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi; ha come oggetto solo le scadenze dei crediti, la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive e conservative e ogni altra misura che non comporti rinuncia al credito; gode della peculiarità per cui l’accordo così concluso, in deroga agli articoli 1372 e 1411 del cod. civ., è efficace anche nei confronti dei creditori non aderenti che
appartengano alla medesima categoria, a condizione che gli aderenti costituiscano almeno il 75% di tutti gli appartenenti alla stessa.
L’accordo ha efficacia qualora tutti i creditori appartenenti alla categoria siano stati informati dell’avvio delle trattative o siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore nonché sulla convenzione e i suoi effetti; i crediti dei creditori aderenti appartenenti alla categoria rappresentino il 75% di tutti i creditori appartenenti alla categoria, fermo restando che un creditore può essere titolare di crediti inseriti in più di una categoria; i creditori della medesima categoria non aderenti, cui vengono estesi gli effetti della convenzione, subiscano un pregiudizio proporzionato e coerente con le ipotesi di soluzione della crisi o dell’insolvenza in concreto perseguite; un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, c. 3, lett. d), abbia attestato la veridicità dei dati aziendali, l’idoneità della convenzione a disciplinare provvisoriamente gli effetti della crisi, e la ricorrenza delle condizioni di cui alla lettera c).
Il contenuto dell’accordo, come anticipato, che può essere esteso ai non aderenti, tuttavia non può comportare la rinuncia totale o parziale al credito; non possono essere imposti l’esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l’erogazione di nuovi finanziamenti, con la precisazione che non è considerata nuova prestazione la prosecuzione della concessione del godimento di beni oggetto di contratti di locazione finanziaria già stipulati.
Le richiamate limitazioni non si applicano ai creditori aderenti, in quanto l’autonomia negoziale può prevedere altre prestazioni, quindi, eventuali patti contrari a tali limiti, non possono essere estesi solamente ai non aderenti.
Tra le condizioni necessarie, devono essere attestate da un soggetto terzo ai sensi del richiamato art. 67 l.f., quelle per cui la convenzione sia idonea a disciplinare provvisoriamente gli effetti della crisi; e allo stesso tempo; i creditori della medesima categoria non aderenti, cui vengono estesi gli effetti della convenzione, subiscano un pregiudizio proporzionato e coerente con le ipotesi di soluzione della crisi o dell’insolvenza in concreto perseguite, come indicato dall’art. 182-octies, c. 2, lett. c) e d), l.f.
La relazione finale dell’esperto deve motivare la sostenibilità e l’efficacia della soluzione e dunque, nel caso in cui la moratoria consenta di disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi, senza rimuoverne le cause, l’esperto deve indicare quale sia l’ulteriore percorso concordato con i creditori che hanno partecipato alla trattativa per addivenire alla soluzione definitiva.
In relazione alla parte procedurale, sono previste disposizioni volte a garantire la possibilità di partecipazione per tutti i creditori interessati alle trattative, ai quali deve comunque essere comunicata la convenzione raggiunta unitamente all’attestazione del professionista in modo che possano tempestivamente, nei 30 giorni, proporre opposizione avanti al tribunale che decide in camera di consiglio con decreto reclamabile avanti alla corte d’appello.
Le soluzioni provvisorie, sia in caso di convenzione di moratoria sia in caso di accordo con uno o più creditori di cui al paragrafo precedente, potrebbe prestarsi a un utilizzo abusivo.
L’impresa infatti potrebbe passare attraverso una procedura provvisoria, ex art. 11 c. 1, lett. a) e b), per poi chiedere il concordato preventivo; ciò consentirebbe di godere delle misure premiali di cui all’art. 14 del DL 118/2021 che mancherebbero invece in ipotesi di accesso al concordato preventivo senza previo accordo ex art. 14 c. 1 lett. a) e b); uno spazio temporale, garantito dal passaggio attraverso la CNC, per la predisposizione della domanda di concordato ben maggiore di quello ottenibile con la domanda prevista dall’art. 161 c. 6 l.f.
Il terzo istituto previsto dall’art. 11 c. 1 lett. c) del DL 118/2021 consiste nell’accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto che produce gli effetti di cui all’articolo 67, c. 3 lett. d) l.f. e, dunque, garantisce l’esenzione dalla revocatoria degli atti, dei pagamenti e delle garanzie posti in essere in esecuzione dello stesso. Trattasi sostanzialmente di una semplificazione del piano attestato che prende atto che un piano per essere credibile deve essere affiancato da accordi con uno o più creditori e quindi correttamente la norma si focalizza su questi, piuttosto che sul piano.
Il piano, come documento autonomo, potrebbe anche non esserci perché il contenuto del contratto di per sé può indicare l’attività giuridica e operativa che ci si impegna a porre in essere e, dunque, il risultato concreto perseguito.
L’art. 11 c. 1 lett. c) del DL 118/2021 non riporta, diversamente da quanto previsto dall’art. 67 l.f., la necessità che il contratto sia idoneo a consentire il risanamento della posizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria. Tuttavia, essendo a valle di un iter di composizione finalizzata al risanamento, la sottoscrizione del contratto da parte dell’esperto, nonché l’esonero dall’attestazione del professionista qualificato, comporta necessariamente che la sottoscrizione dell’esperto attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del risanamento.
La formulazione normativa presenta una criticità data dal fatto che viene richiesta la sottoscrizione dei creditori; ciò potrebbe far pensare alla necessaria sottoscrizione da parte di tutti i creditori, visto che la disposizione precedente dell’art. 11 c. 1 lett. a) del DL 118/2021 fa espressamente riferimento alla conclusione di accordi con uno o più creditori.
Tuttavia aderire a tale interpretazione restrittiva, richiederebbe un accordo plebiscitario dei creditori, rendendo estremamente difficile l’accesso all’istituto. Pertanto, si ritiene utile valorizzare le indicazioni normative per cui alle trattative non necessariamente partecipano tutti i creditori e, quindi, l’accordo non potrà essere inteso come un accordo totalitario.