Finalmente è morto il vecchio sadico che si è macchiato dell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Meglio, questo è il modo in cui è stata trasmessa e recepita la notizia. Ripercorriamo un momento lo svolgimento dei fatti: Roma, maggio 1944. La città è stata dichiarata “aperta”, ovvero, una città ceduta, per accordo esplicito o tacito tra le parti belligeranti, alle forze nemiche senza combattimenti con lo scopo di evitarne la distruzione. Status che viene attribuito tenendo conto del particolare interesse storico o culturale della città, oppure in virtù del consistente numero di civili presenti nella popolazione. Il quadro è chiaro, l’esercito tedesco occupa la città, gli americani sono ancora impantanati sulla Linea Gustav e per la città campeggiano volantini che invitano alla collaborazione della popolazione civile, ricordando alla stessa che vige la legge marziale, in quanto, per chi non se ne fosse accorto, c’è una guerra in corso.
E’ una situazione di guerra, dunque, ed oggi, un tempo pacifico – almeno sulla carta- ci dimentichiamo che in quei momenti in cui la vita di ognuno è appesa a un filo sottile, ogni uomo diventa incredibilmente simile e sembrano venire meno le differenze, se non fosse per la divisa o l’uniforme indossata. Il fatto che Roma venisse a trovarsi nelle immediate retrovie del fronte ingenerò la convinzione che la città fosse pienamente teatro di guerra. È in questo contesto che i quadri comunisti della Resistenza romana giunsero alla determinazione di reagire con le armi e di attaccare militarmente l’occupante con un’azione che avesse un forte valore simbolico: venne infatti scelto come data il 23 marzo, anniversario della fondazione dei fasci di combattimento.
Il 23 marzo 1944 ebbe luogo una azione di guerra partigiana contro l’11a compagnia del III battaglione del Polizeiregiment “Bozen” in via Rasella, per iniziativa di partigiani dei GAP Gruppi di Azione Patriottica delle brigate Garibaldi, che ufficialmente dipendevano dalla Giunta militare che era emanazione del Comitato di Liberazione Nazionale. Quanto all’appartenenza del Polizeiregiment “Bozen” alle SS, esistono versioni discordanti, in quanto la denominazione, pur solo formale, del reparto in SS-Polizeiregimenter avvenne solo il 16 aprile 1944, 24 giorni dopo l’attentato. Tale reparto fu segnalato come bersaglio da Giorgio Amendola, poiché lo vedeva “passare ogni pomeriggio” “in pieno assetto di guerra”, lasciando poi al comando partigiano “assoluta libertà d’iniziativa”[4], non per eventuali responsabilità dei soldati che vi appartenevano. La certezza è che il Battaglione non era composto da soldati anziani o “riservisti”, come sostenuto fuorviantemente dalla propaganda filofascista, né tantomeno che fossero disarmati o malarmati. Il battaglione era in pieno assetto di guerra, preceduto e seguito da due motocarrozzette armate di mitragliere pesanti.
L’operazione fu portata a termine da 12 partigiani.[5] Fu utilizzata una bomba a miccia ad alto potenziale; collocata in un carrettino per la spazzatura urbana, confezionata con 18 kg di esplosivo misto a spezzoni di ferro e dopo l’esplosione furono lanciate alcune bombe a mano. Vennero uccisi 32 militari dell’11a Compagnia del III Battaglione del Polizeiregiment Bozen e un altro soldato morì il giorno successivo (altri nove sarebbero deceduti in seguito). L’esplosione uccise anche due civili italiani, Antonio Chiaretti, partigiano della formazione Bandiera Rossa, ed il tredicenne Piero Zuccheretti. Ovviamente non si fa cenno alcuno, in nessun testo di storia, che la Storia viene scritta dai vincitori, e che la rappresaglia è un atto consentito dalla Convenzione de L’Aja. Inoltre ci dimentichiamo che in Francia, il rapporto era addirittura di 50 ad 1, ma loro hanno vinto la guerra e noi no. Comunque sia, è facile essere leoni oggi, e schierarsi dalla parte dei “giusti”, con le spalle coperte da settanta anni di indottrinamento storico. Provate voi, ad essere un soldato in quei giorni. Perché “la guerra è una vecchia commedia, una scomoda sedia… un nemico che alla fine tu non sai riconoscere”. Noi oggi non possiamo comprenderlo, se non con uno sforzo mentale. Dimentichiamo che durante un conflitto (durante QUEL conflitto sopratutto) non esistono schieramenti totalmente “buoni” o totalmente “cattivi”.
Detto questo, sciocchi i manifestanti nazisquick, con i loro crampi al braccio e sciocchi i rasta sinistrorsi che ci sono cascati in pieno.
E’ così facile prendere a calci una bara.
Giampaolo Giudice