All’indomani dalla strage di Tunisi (18 marzo 2015) sono numerosi gli interrogativi che emergono sulla dinamica dell’attentato al museo Bardo. In un primo momento l’obiettivo dell’attacco sembrava potesse essere il Parlamento tunisino, che si trova proprio accanto al museo, in seguito dopo essere respinti dalle forze di sicurezza i terroristi avrebbero “puntato” in direzione del museo. Una versione dei fatti che però viene respinta dai terroristi e nello specifico un azione rivendicata dall’ISIS, dove sostengono che l’obiettivo principale e vero bersaglio fosse proprio il museo e in particolari i suoi turisti. L’attentato al Museo Bardo ha ucciso oltre venti persone (tra cui quattro italiani, spagnoli e francesi) ma contemporaneamente ha colpito la nascente democrazia araba e la sua fragile economia fondata e basata sul turismo. I terroristi dello Stato Islamico nel colpire il simbolo della Tunisia hanno voluto colpire l’unico Paese in cui la rivoluzione araba aveva portato ad eleggere liberamente il suo Parlamento e a formare un governo di unità nazionale in cui laici e islamisti sono riusciti a confrontarsi. Erano le 12:00 circa quando un gruppo di uomini muniti di cinture esplosive e di armi “molto avanzate”, tenta di irrompere prima nel Parlamento tunisino (dove si stava discutendo un’importante legge sulle misure da adottare per sconfiggere il terrorismo) poi viene bloccato e il commando spara contro alcuni pullman (pieni di turisti di ogni parte del mondo) parcheggiati e si dirigono verso l’adiacente museo nazionale del Bardo, prendendo in ostaggio diverse persone. I terroristi si dice fossero in 5 (di cui tre sono ancora in fuga) mentre due invece sono “freddati” nel blitz delle forze dell’ordine; sono state 3 ore di attesa, ansia e soprattutto paura per quelle persone che in una giornata di vacanza hanno assistito e perso alcuni dei loro cari. Le autorità tunisine hanno inoltre ammesso qualche responsabilità dal punto di vista della poca e quindi di conseguenza mancata sicurezza presente nel Museo. E’ chiaro che il bersaglio fosse proprio quel simbolo così importante per la città di Tunisi perché successivamente a distanza dell’attentato sono susseguite altre minacce verso i turisti; i turisti che spesso come in questo caso non sono persone benestanti ma “gente comune” con lavori modesti che con i risparmi di una vita si prendono una vacanza in quei luoghi dove credi e pensi che il male (in questo caso il terrorismo) non esista o che comunque sia lontano da li. Una giornata che poteva essere una bella visita ad un museo ricco di opere meravigliose ma che si è tramutato in un luogo di sangue e di immenso dolore.
Noemi Deroma