Il ruolo dell’attestatore ridefinito dal Codice della crisi ma restano validi i Principi di attestazione adottati in vigenza della legge fallimentare.
L’attestazione dei Piani di risanamento, richiesta in caso di adozione degli strumenti di regolazione della crisi di impresa, può essere rilasciata solo dai professionisti indipendenti in possesso di determinati requisiti di professionalità, indipendenza, formazione, esperienza. I principi di attestazione dei Piani di risanamento forniscono un modello comportamentale da seguire attentamente da parte dell’attestatore nel complicato ruolo di giungere a un giudizio sulla veridicità dei dati, fattibilità del piano, raggiungibilità del risanamento.
L’attestazione dei Piani di risanamento è richiesta nei Piani che vengono predisposti nell’ambito degli strumenti di regolazione della crisi disciplinati nel Codice della crisi di impresa (CCII).
L’attività di attestazione dei piani di risanamento trova un utile supporto tecnico operativo nei “Principi di attestazione dei piani di risanamento” approvati dal CNDCEC il 16 dicembre 2020 (in seguito anche “Principi” o “Principi di attestazione”). Le seguenti note illustreranno i tratti del richiamato documento con la dovuta precisazione che il contesto normativo cui si riferiscono i Principi di attestazioni è cambiato, essendo entrato in vigore dal 15 luglio 2022 il CCII. Ciò potrebbe portare a una revisione e aggiornamento dei principi che, tuttavia, rimangono alla data di predisposizione delle seguenti note il documento di prassi professionale di riferimento per l’attestazione.
L’attestazione del Piano di risanamento risponde all’esigenza di tutelare i terzi e i creditori, al fine di consentire loro di prendere decisioni in termini di rinunce e concessioni, contando su una corretta, sufficientemente completa e veritiera base informativa. Il lavoro dell’Attestatore, quindi, precisano i Principi in commento rafforza l’idoneità degli impegni assunti dal debitore mediante il Piano, finalizzati al riequilibrio della situazione economico-finanziaria e al risanamento dell’esposizione debitoria. Il professionista che attesta, o come si usa anche dire nella prassi assevera un Piano, svolge un ruolo estremamente delicato, perciò, dovrà avere determinati requisiti di esperienza, professionalità, indipendenza e specifica formazione. Il CCII ridefinisce la figura dell’attestatore, rispetto a quanto precedentemente previsto dalla legge fallimentare, collocandolo tra i professionisti indipendenti.
L’art. 2 co. 1 lett. o) del CCII definisce professionista indipendente colui che, incaricato dal debitore nell’ambito di uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, soddisfi congiuntamente i seguenti requisiti: Essere iscritto all’albo dei gestori della crisi e insolvenza delle imprese, nonché nel registro dei revisori legali. Essere in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2399 del cod. civ. Non essere legato all’impresa o ad altre parti interessate all’operazione di regolazione della crisi da rapporti di natura personale o professionale; il professionista ed i soggetti con i quali è eventualmente unito in associazione professionale non devono aver prestato negli ultimi 5 anni attività̀ di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore, né essere stati membri degli organi di amministrazione o controllo dell’impresa, né aver posseduto partecipazioni in essa.
Le nuove disposizioni prevedono requisiti più restrittivi per poter attestare un Piano, in quanto viene richiesta anche l’iscrizione all’albo dei gestori della crisi per svolgere un incarico da professionista indipendente, nell’ambito degli strumenti di risoluzione della crisi disciplinati dal CCII, incluso il ruolo di attestatore.
L’iscrizione all’albo dei gestori della crisi avviene attraverso presentazione di apposita istanza telematica, da inviare tramite il portale dedicato del Ministero della giustizia “Albo dei gestori della crisi di impresa” raggiungibile dal sito web: albocrisiimpresa.giustizia.it/crisi-di-impresa.
L’iscrizione nell’albo è consentita ai seguenti soggetti: a) iscritti agli albi degli avvocati, dottori commercialisti ed esperti contabili, consulenti del lavoro; b) studi professionali associati o società tra
professionisti, sempre che i soci siano in possesso dei requisiti professionali di cui al punto precedente; c) coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società di capitali o società cooperative, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali.
Ai richiamati requisiti professionali si aggiunge uno specifico obbligo formativo, ossia la frequenza di un corso di formazione accreditato, come specificato nella Circ. Min. giu. 19 gennaio 2023 n. 14539, della durata di 40 ore, per i professionisti iscritti agli albi professionali appena richiamati, e della durata di 200 ore per i soggetti non iscritti ai richiamati albi professionali (di cui all’ultimo dei punti precedenti).
La formazione deve essere affiancata da un tirocinio semestrale presso uno o più organismi, curatori fallimentari, commissari giudiziari, professionisti indipendenti, delegati alle operazioni di vendita nelle procedure esecutive immobiliari ovvero nominati a svolgere i compiti e le funzioni di liquidatore.
La formazione, diversamente dal percorso che consente l’iscrizione nell’albo degli esperti indipendenti per la composizione negoziata, va aggiornata con cadenza biennale con corsi di durata non inferiore a 40 ore nell’ambito disciplinare della crisi di impresa e del sovraindebitamento, anche del consumatore, acquisito presso uno degli ordini professionali o presso una università pubblica o provata. Il biennio, dopo il quale si rende necessaria la formazione integrativa, decorre dalla data di iscrizione del professionista nell’albo dei gestori della crisi.
Nella fase di primo popolamento, terminata il 31 marzo 2023, in alternativa alla formazione e al tirocinio professionale, i professionisti potevano far valere precedenti esperienze in qualità di curatori fallimentari, commissari o liquidatori giudiziali nel periodo tra il 17 marzo 2015 e il 15 luglio 2022.
La finalità dei Principi di attestazione è fornire linee guida e uno standard di relazione di attestazione
che indichi al professionista modalità operative, nonché modelli virtuosi di comportamento.
A tale scopo, i Principi propongono modelli di comportamento, condivisi ed accettati, riguardanti le attività che l’Attestatore deve svolgere, sia per verificare la veridicità dei dati, sia relativamente al giudizio di fattibilità del Piano e al fatto che l’impresa può riacquistare l’equilibrio economico- finanziario e patrimoniale. Ciò dovrebbe consentire agli attestatori di ridurre le difficoltà grazie agli approcci metodologici, illustrati dai Principi, da applicare nella conduzione delle verifiche oggetto dell’attività di attestazione.
I Principi di attestazione si riferiscono in primis al professionista chiamato ad attestare il piano, ma anche ad altri destinatari, interessati dal Piano di risanamento. Nella fattispecie: a) Professionisti Attestatori, cui forniscono un quadro di riferimento in analogia con i principi contabili e i principi di revisione ovvero le norme di comportamento emanate dal CNDCEC; b) Debitore, cui forniscono un’indicazione della tipologia di lavori che l’Attestatore deve svolgere e consentire quindi un costruttivo confronto; c) Creditori e terzi, per consentire l’affermarsi di good practices che permettano di applicare correttamente la ratio della legge; d) Advisor e ai professionisti in genere che redigono il piano e ciò in affiancamento ai Principi di redazione dei piani di risanamento; e) Ai terzi (operatori di settore o investitori) interessati a formulare proposte concorrenti, potendo assumere l’attestazione quale base informativa oggettiva, seppur limitata, relativa all’impresa; f) Agli organi giudicanti, perché mediante la fissazione delle regole di riferimento di condotta professionale possano valutare in modo più oggettivo il lavoro degli operatori.
Nella relazione finale l’Attestatore deve menzionare che, nell’esecuzione delle varie attività che conducono alla attestazione, sono stati seguiti i Principi di attestazione.
L’Attestatore deve espressamente formulare un giudizio sulla completezza e adeguatezza formale del Piano. Da un punto di vista formale il Piano deve consistere in un documento scritto, datato e sottoscritto o
comunque conforme a quello approvato dall’organo amministrativo, nonché in linea con i contenuti e la forma prevista dai Principi di redazione dei piani di risanamento.
Il piano deve rispondere ai generali requisiti di chiarezza e comparabilità previsti normativamente per l’informativa di bilancio; presentare un grado di dettaglio tale da consentire all’Attestatore le verifiche di coerenza storica (track record) e con la situazione di fatto delle sue grandezze fondamentali.
La relazione di attestazione deve contenere un esplicito giudizio sulla veridicità dei dati aziendali, accertamento strumentale al giudizio di fattibilità del Piano e di attuabilità dell’accordo di ristrutturazione dei debiti o della proposta concordataria. In altri termini i dati contabili su cui poggia il Piano, ossia la Base dati contabile non veritiera rende inattendibile il Piano costruito su di essa e impedisce nella sostanza il giudizio sulla sua fattibilità.
La veridicità non va intesa come verità oggettiva, quanto piuttosto nel senso che il processo di produzione dell’informazione economico-finanziaria si basi su un sistema amministrativo-contabile adeguato, ossia idoneo a contenere il rischio di errori rilevanti, e che i redattori dell’informazione operino le stime in modo corretto, pervenendo a un’informazione attendibile e imparziale.
In particolare, le verifiche dovranno accertare che le situazioni patrimoniali, economiche e finanziarie che rappresentano la Base dati contabile siano attendibili e in grado di fornire un quadro fedele della situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’azienda, entro la quale sarà desumibile la più recente rappresentazione degli elementi del patrimonio aziendale.
La verifica delle componenti di conto economico appare necessaria solo nei casi in cui i dati reddituali consuntivi costituiscano un elemento fondamentale posto alla base delle proiezioni di Piano, certamente necessarie per un piano in continuità.
L’analisi dei dati storici può essere opportuna per la valutazione delle azioni risarcitorie e recuperatorie esperibili indicate nel piano di concordato, ove oggetto di valutazione da parte dell’Attestatore nel caso in cui il piano ne preveda la proposizione ovvero nella valutazione del miglior soddisfacimento dei creditori, rispetto alle alternative praticabili.
Nelle verifiche, l’Attestatore è chiamato ad utilizzare le tecniche di revisione in relazione alla Base dati contabile del Piano, ma la finalità è limitata al giudizio di veridicità e fattibilità del Piano nel suo insieme. In particolare, i principi di revisione utili ai fini dell’attestazione del Piano, riguardano la pianificazione del lavoro; lo svolgimento dei controlli sui saldi contabili; la conclusione dei lavori.
L’applicazione dei soprarichiamati principi avviene considerando la tipologia di lavoro dell’Attestatore e la ridotta disponibilità di tempo generalmente disponibile. Le limitazioni di tempo e la non immediata reperibilità degli elementi informativi necessari, possono essere indicate nella relazione. In coerenza con i principi di revisione, i Principi precisano altresì che l’Attestatore può svolgere controlli a campione.
Nelle attività, generalmente condotte all’inizio, l’Attestatore deve verificare che il Piano, nonché l’ulteriore documentazione, consentano una chiara descrizione delle caratteristiche dell’azienda, anche richiedendo le seguenti informazioni: a) la forma giuridica dell’impresa, eventuali trasformazioni ed altre operazioni societarie straordinarie verificatesi negli ultimi anni; b) la compagine societaria attuale e gli avvicendamenti più significativi avvenuti nel corso degli ultimi anni; c) la configurazione del gruppo al quale la società, eventualmente, appartiene e i principali rapporti tra le società del gruppo; d) l’organizzazione attuale e quella più recente, qualora significativamente diversa, con particolare riferimento agli organi amministrativi e di controllo, alla Direzione aziendale ecc.; e) le sedi nelle quali viene svolta l’attività; f) i fatti rilevanti che possono aver condizionato la vita dell’impresa, in particolare negli ultimi anni; g) I bilanci degli ultimi esercizi e, se esistenti, delle controllate e controllante.
La Base dati contabile deve essere oggetto di attenta valutazione anche sotto il profilo del rischio di errori significativi. I rischi nell’attività di verifica della veridicità dei dati aziendali possono essere suddivisi in tre categorie: rischio inerente al controllo control risk (la possibile inefficacia dei sistemi di controllo interno); rischio intrinseco inherent risk (Rischio che, a prescindere dall’affidabilità (ed efficacia) dei sistemi di controllo interno, i valori rappresentati nella situazione patrimoniale, economica e finanziaria oggetto di analisi presentino significative alterazioni a loro volta dovute a situazioni oggettive oppure a scelte soggettive della Direzione aziendale. Fattori rilevanti nella valutazione del rischio intrinseco presenti nelle situazioni contabili dell’impresa sono: la natura dei prodotti e dei servizi venduti; la natura dell’attività e delle operazioni commerciali; il funzionamento del sistema informativo; l’accesso generale alle funzioni di elaborazione, agli archivi di dati ed ai programmi).
La valutazione dei rischi si fonda sulla loro significatività, ciò implica l’esercizio di un giudizio professionale e può fare riferimento per la Base dati contabile oggetto di analisi ad una percentuale o ad un valore di riferimento prescelto (cfr. ISA 320 § A3). In particolare, i Principi precisano che i saldi patrimoniali ed economici significativi della Base dati contabile devono essere verificati con riguardo alle seguenti categorie di asserzioni (Principio di Revisione 500).
Le categorie di asserzioni cui sottoporre i saldi significativi della Base dati contabile riguardano: l’esistenza, i diritti ed obblighi, la manifestazione, la completezza, la valutazione, la misurazione, la presentazione e l’informativa.
Nelle attestazioni di concordato preventivo ed in quelle degli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa, assume particolare rilevanza la verifica del corretto grado di prelazione assegnato alle passività nell’ambito del Piano.
L’Attestatore non deve verificare la correttezza dei criteri di individuazione delle eventuali classi. La suddivisione in classi rappresenta la proposta ai creditori sulla quale l’Attestatore non è chiamato ad esprimersi e la correttezza dei criteri di individuazione delle eventuali classi rientra nei compiti del Tribunale, cui compete il giudizio sulla fattibilità giuridica della proposta.
Una specifica attenzione, raccomandano i Principi, è necessaria in relazione alle poste patrimoniali della Base dati contabile. I dati da verificare non necessariamente sono tutti quelli contenuti o comunque da inserire nei bilanci, bensì quelli rilevanti per la formazione del Piano.
In relazione alle immobilizzazioni e rimanenze, l’Attestatore deve verificare l’esistenza di diritto e di fatto nella misura in cui tali elementi siano coinvolti nell’esecuzione del Piano, verificandone l’effettiva appartenenza all’azienda (obiettivo di revisione “diritti ed obblighi”), utilizzando le tecniche di revisione del c.d. “Balance Sheet Audit”.
Per crediti, l’Attestatore deve essere in grado di stimare la correttezza degli importi realizzabili e dei tempi di incasso indicati dall’azienda, utilizzando l’analisi del trend storico e l’ageing dei crediti (soprattutto quelli commerciali).
Per i debiti deve valutare la sussistenza di eventuali legittime cause di prelazione e, in caso di disaccordo con i creditori, deve altresì assumere una posizione sulla quantificazione e qualificazione ove essenziale ai fini della fattibilità del Piano, evidenziando nella propria relazione gli effetti di situazioni particolarmente rilevanti. Nelle valutazioni può ricorrere alle tecniche previste dai principi di revisione, tra le quali la richiesta di conferme da terzi o circolarizzazioni.
I Principi chiariscono che la valutazione della solvibilità dei debitori dovrà essere verificata esclusivamente per le posizioni più significative, qualora dal recupero dei crediti siano previsti introiti essenziali per l’attuabilità del Piano.
Nel caso il Piano preveda la liquidazione pura, con immediata cessazione dell’attività e dismissione disaggregata delle componenti aziendali, l’Attestatore deve verificare che gli elementi patrimoniali attivi siano valutati ai presumibili valori di realizzo per stralcio e quelli passivi ai presunti valori di estinzione. Nell’ipotesi il complesso aziendale sia ceduto in blocco, l’Attestatore compie le sue verifiche adottando i principi che la dottrina aziendalistica ha predisposto per la valutazione del capitale economico.
Una analisi attenta riguarda anche le passività potenziali da stratificare in base alla loro probabilità di accadimento. L’Attestatore è, inoltre, chiamato a controllare la reale sussistenza dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore, la corretta contabilizzazione e rappresentazione degli stessi.
In relazione alle verifiche sulla correttezza della Base dati contabile, l’Attestatore deve appurare i criteri di valutazione utilizzati per elaborare la stessa, quale punto di partenza per la redazione del Piano, giudicandone la coerenza con le finalità del Piano. La correttezza della Base dati contabile non va intesa in senso astratto ma con riferimento al Piano, sicché eventuali discontinuità nei criteri valutativi o nella determinazione delle poste, ove la rappresentazione sia reputata corretta in relazione alle finalità del Piano, non inficiano il giudizio di veridicità.
I Principi prevedono che l’Attestatore verifichi l’individuazione delle cause della crisi al fine di appurare se e in quale misura le ipotesi di intervento previste siano ragionevolmente in grado di rimuovere le criticità che hanno provocato la crisi stessa.
Nei piani in continuità, deve essere valutata oltre alle cause anche la gravità della crisi. La crisi d’impresa si manifesta con squilibri economico, finanziari e patrimoniali tali da compromettere l’assetto gestionale ed organizzativo fino a impedire la prosecuzione dell’attività. Nei piani liquidatori, l’individuazione delle cause di crisi può essere svolta in maniera più sintetica, non vi è necessità di verificare la rimozione delle cause di crisi.
La valutazione del Piano e l’indicazione delle cause di crisi formulate vanno verificate alla luce dei fattori critici di successo per il contesto competitivo in cui opera l’impresa, al fine di verificare che lo strumento prescelto per la risoluzione della crisi sia il risultato di un’approfondita analisi effettuata sia a livello del settore, sia a livello delle caratteristiche specifiche dell’impresa.
Il Piano dovrebbe contenere un’adeguata disamina dei principali indicatori economici e finanziari che consentono di individuare le cause dell’insorgenza del declino e della crisi e il loro livello di gravità. La comprensione dello stato di crisi e, soprattutto, delle cause che lo hanno prodotto, deve tener conto di informazioni qualitative e quantitative.
L’analisi quantitativa consente di stabilire quando la capacità dell’impresa di generare nel tempo flussi di cassa positivi abbia iniziato ad arrestarsi, con contestuale disequilibrio della struttura patrimoniale e finanziaria. Le informazioni, di carattere economico-finanziario, reperite nei bilanci, unite ad un’analisi di tipo qualitativo sulla struttura e sull’organizzazione aziendale, hanno un peso determinante nella valutazione dello stato di crisi.
L’esame degli indici di bilancio di redditività, liquidità, efficienza e solidità, permette di evidenziare gli effetti della crisi su fenomeni di natura reddituale, finanziaria (insufficiente generazione di cassa) e patrimoniale.
La verifica della fattibilità del Piano parte dall’analisi delle ipotesi poste a fondamento della strategia di risanamento. L’Attestatore verifica che tra le ipotesi sia presente, se significativa, la stima della evoluzione della domanda di mercato per i principali prodotti/servizi dell’azienda e dei relativi prezzi di riferimento.
Laddove il Piano abbia un contenuto liquidatorio o si basi comunque su significative dismissioni di parti del patrimonio esistente (partecipazioni, immobili, rami d’azienda ecc.), è opportuno che l’Attestatore verifichi
che nel Piano sia menzionata la manifestazione di interesse di potenziali acquirenti o, quantomeno, l’indicazione del tipo di acquirenti ai quali rivolgersi.
Nella valutazione della strategia di risanamento si deve tenere conto della discontinuità rispetto a fattori che hanno determinato la situazione di crisi e che sia rivolta a superarli.
I Principi fanno l’esempio di un intervento di tipo solo finanziario, tramite ricorso a nuova finanza, senza modifiche dell’assetto produttivo, organizzativo, commerciale e competitivo. La richiamata strategia, generalmente, non consente il risanamento, in quanto situazioni di crisi finanziaria sono di solito l’espressione finale di deterioramenti del rapporto tra costi e ricavi operativi ed è a livello di quest’ultimi che l’Attestatore deve principalmente valutare l’adeguatezza della strategia di risanamento. Pertanto, la verifica della strategia di risanamento, dovrebbe considerare i fattori che si prevede determinino miglioramenti delle marginalità operative.
Il programma strategico deve essere tradotto in un programma di intervento che evidenzi sinteticamente le azioni previste e i tempi di realizzo delle stesse. L’action plan rappresenta lo sviluppo a breve della strategia identificata con la pianificazione di medio/lungo periodo ed è utile, in quanto da esplicita evidenza alla correlazione tra singoli obiettivi previsti, modalità operative per raggiungerli e strategia generale di intervento. Pertanto, il Piano deve contenere una adeguata descrizione del programma di intervento (action plan), partendo dalla situazione iniziale e fino al momento in cui si potranno considerare raggiunti gli obiettivi del Piano.
La verifica sulle ipotesi economico-finanziarie attiene alla loro coerenza e compatibilità con le ipotesi strategiche formulate. Lo sviluppo economico-finanziario del Piano rappresenta l’esplicitazione in termini di flussi economici e finanziari delle strategie che l’impresa intende realizzare. Vi è, dunque, un nesso causale diretto tra strategie e risultati economico-finanziari evidenziati nel Piano. La verifica della ragionevolezza dei dati prospettici è supportata dal principio ISAE 3400 The Examination of Prospective Financial Information emesso dall’IFAC9, che suddivide i dati previsionali in base al grado di oggettività e di incertezza degli elementi prospettici, distinguendoli tra forecasts e projections.
In relazione ad eventi futuri la cui realizzazione è per natura incerta, l’ISAE 3400 richiede il raggiungimento di un elevato livello di convincimento in merito alla probabilità che tali eventi accadano per esprimere un parere sulla realizzabilità delle previsioni. I Principi precisano, tuttavia, che nella normalità dei casi l’Attestatore potrà, invece, esprimere unicamente un giudizio di fattibilità del Piano in base alla ragionevolezza delle ipotesi in esso contenute. Il controllo può essere meno intenso in relazione a ipotesi probabili, come per esempio cessione di un cespite di cui si ha già il contratto preliminare, costo del personale, energia elettrica etc. In maniera simile sono caratterizzate da probabilità elevate le ipotesi fondate su serie storiche aziendali.
Tuttavia, vi sono altre previsioni che, per il grado di incertezza, rientrano nell’ambito delle assunzioni ipotetiche, la cui presenza è frequente nei piani di risanamento per la discontinuità operativa e strategica che spesso caratterizza i risanamenti aziendali. Tra queste, è possibile includere le previsioni su ricavi conseguenti a un futuro riposizionamento del prodotto o del marchio aziendale, ovvero i risparmi di costo generati dalla riorganizzazione dei processi produttivi. La verifica di tali previsione è cruciale per la tenuta del Piano nelle sue componenti (patrimoniale, economica e finanziaria), anche con l’utilizzo di adeguati test di sensitività.
Rilevanza centrale ha la conoscenza del settore e dei mercati di riferimento e la comprovata capacità di programmazione della azienda, rilevabile mediante il grado di raggiungimento degli obiettivi riportati in precedenti strumenti previsionali (budget, business plan). Il giudizio dell’Attestatore non potrà, invece, formarsi su dati prospettici fondati unicamente su ipotesi soggettive della Direzione aziendale.
L’arco temporale oggetto di considerazione deve attestarsi a data non anteriore al momento in cui, in base al Piano, è previsto che siano soddisfatti i creditori, ovvero, nel caso di continuità aziendale siano ripristinate le normali condizioni di finanziamento ovvero nel caso di prosecuzione di contratti pubblici, siano ripristinate condizioni che consentano un regolare adempimento degli stessi.
In relazione ad alcuni debiti, tra cui quelli verso i dipendenti per il TFR giacente presso il datore di lavoro, nonché verso gli agenti per il fondo di risoluzione del rapporto, nei concordati in continuità, rimangono in genere esposti anche oltre il termine previsto per l’adempimento della proposta. La capacità di adempimento delle relative passività è, pertanto, connessa al più generale giudizio di fattibilità del Piano. I Principi, quindi, prevedono che, in caso di continuità, l’orizzonte temporale di osservazione vada esteso, ove possibile, oltre al momento di soddisfacimento dei creditori, sino a quello in cui può considerarsi ripristinato l’equilibrio finanziario dell’impresa.
L’analisi di sensitività consente di verificare gli effetti di eventuali modifiche nelle ipotesi alla base del Piano. Le analisi di sensitività si estrinsecano nello stimare come si modifichino i valori del Piano al verificarsi di variazioni nelle ipotesi di fondo (what-if analysis), al fine di comprendere se il Piano conservi o meno la propria tenuta prospettica sotto il profilo della sostenibilità economico-finanziaria. L’analisi assume rilevanza anche sotto il profilo della bancabilità con particolare riferimento al rispetto dei covenants di solito presenti negli accordi di ristrutturazione.
Il Piano, specificano i Principi, dovrebbe prevedere un sistema di rappresentazione di KPI (Key Performance Indicator), di tipo quantitativo e qualitativo, da tenere come riferimento per esaminare lo stato di esecuzione del Piano e di parametri individuati come riferimento per il risanamento, con indicazione dei limiti e degli obiettivi rispetto ai quali effettuare la misurazione delle prestazioni raggiunte.
In particolare, l’Attestatore deve prestare attenzione al caso in cui il livello della variabile possa scendere al di sotto del punto di rottura, inteso come la soglia sotto la quale le assunzioni del Piano andrebbero completamente riviste e si renderebbe necessario adottare iniziative correttive nel caso di scostamento tra gli obiettivi pianificati e quelli raggiunti.
Il giudizio di fattibilità si sostanzia in una valutazione prognostica circa la realizzabilità dei risultati attesi riportati nel Piano in ragione dei dati e delle informazioni disponibili al momento del rilascio dell’attestazione. In particolare, l’Attestatore verifica che il Piano sia atto a soddisfare i creditori esprimendo il suo giudizio circa la disponibilità di flussi finanziari liberi al servizio del debito.
In ipotesi di continuità l’Attestatore verifica che entro l’ultimo periodo amministrativo compreso nel piano i flussi economici e finanziari evidenzino il raggiungimento di un equilibrio economico e finanziario sostenibile. A tale fine verifica le previsioni di flussi di cassa operativi positivi, valutando se siano realizzabili e se siano tali da permettere nel tempo il sostenimento del debito finanziario (sia come finanziamenti già esistenti, sia come “nuova finanza”) e l’effettuazione degli investimenti a regime occorrenti.