La legge 29 dicembre 2022 n. 197 (c.d. Legge di Bilancio 2023), all’art. 1, commi da 186 a 205, prevede una misura volta a favorire la compliance tra Fisco e contribuenti e precisamente una nuova edizione della c.d. “definizione delle controversie tributarie”.
Essa ricalca, in buona sostanza, i tratti essenziali della definizione agevolata delle controversie delineata dalla precedente edizione (DL 119/2018), per cui anche in questo caso i contribuenti potranno chiudere le liti fiscali pendenti con il Fisco con notevole risparmio economico.
La Legge di Bilancio 2023, tra le misure di pacificazione tra Fisco e contribuenti, prevede una nuova edizione della chiusura agevolata delle controversie tributarie già prevista in passato dall’art. 6 del DL 119/2018.
Le caratteristiche peculiari dell’istituto rimangono sostanzialmente immutate rispetto alla precedente edizione ma, come si illustrerà a breve, non mancano interessanti novità.
L’art. 1, commi da 186 a 205, della Legge 29 dicembre 2022 n. 197 prevede la possibilità di definire in modo agevolato le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle Entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, attraverso il pagamento di un importo pari al valore della controversia calcolato ai sensi del comma 2 dell’articolo 12 del Decreto Legislativo 31 dicembre1992, n. 546.
In base a quanto disposto dal comma 192 dell’art. 1 della suddetta Legge, la nuova definizione si applica alle controversie in cui il ricorso in primo grado è stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore della legge 197/2022 (ovvero primo gennaio 2023) e per le quali alla data della presentazione della domanda di adesione il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva.
Sulla base della formulazione della norma in commento, la nuova definizione si applica a “Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle Entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello pendente presso la Corte di cassazione, anche a seguito di rinvio, alla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2 dell’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546”.
In sostanza, dal contenuto letterale della disposizione ut supra riportato, rispetto alla precedente edizione dell’istituto – DL 119/2018, sembrerebbe eliminato qualsiasi riferimento alla natura impositiva dell’atto oggetto di definizione agevolata (nella precedente edizione si faceva riferimento ai soli atti “aventi ad oggetto natura impositiva”), ciò dovrebbe significare che, diversamente da quanto avvenuto in passato con il DL 119/2018, ma analogamente a quanto previsto dall’art. 11 del DL 20/2017, sarà possibile definire le liti nelle quali è controparte l’Agenzia delle Entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli e aventi ad oggetto, non solo gli atti impositivi veri e propri, quali avvisi di accertamento, atti di recupero ecc., ma anche atti di liquidazione, quali, ad esempio, cartelle di pagamento i cui ruoli sono stati formati dalla stessa Agenzia fiscale.
A tale scopo si segnala però che la relazione alla Legge di Bilancio 2023 afferma che la definizione ha ad oggetto atti impositivi, pertanto, al momento, e in attesa di ulteriori chiarimenti da parte delle agenzie fiscali coinvolte, permane, seppur blandamente, il dubbio sulla definitività di tali atti di liquidazione.
Al pari delle altre edizioni dell’istituto il costo della definizione varia in base allo status della controversia. In caso di ricorso pendente NON ancora iscritto a ruolo in primo grado, la controversia può essere definita
con il pagamento del 100% del valore della controversia. In caso di ricorso pendente iscritto a ruolo in primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del 90% del valore della controversia. Tuttavia, in deroga a tale regola, laddove sia intervenuta la soccombenza dell’Agenzia fiscale nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data di entrata in vigore della legge, le controversie possono essere definite con il pagamento: a) del 40% del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado; b) del 15% del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado. In caso di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra contribuente e Agenzia, la definizione prevede il pagamento del tributo senza interessi e sanzioni per la parte di soccombenza e in misura ridotta secondo le regole sopra citate per la parte accolta.
Dagli importi dovuti si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio. la definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione.
Le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo possono essere definite con il pagamento del quindici per cento del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia fiscale nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata alla data di entrata in vigore della legge, e con il pagamento del quaranta per cento negli altri casi. In caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione.
Sono escluse dalla definizione le controversie concernenti anche solo in parte le risorse proprie tradizionali previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle Decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione; le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 16 del Regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.
Il contribuente deve manifestare la sua volontà di procedere alla definizione agevolata rendendo, entro il 30 giugno 2023 per ciascuna autonoma controversia, una distinta domanda di definizione esente dall’imposta di bollo. Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato. Si precisa che per ogni controversia dovrà altresì essere effettuato un distinto versamento.
La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti o della prima rata entro il 30 giugno 2023. È esclusa la compensazione prevista dall’articolo 17 del Decreto Legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda. La definizione perfezionata dal coobbligato giova in favore degli altri coobbligati, inclusi quelli per i quali la controversia non sia più pendente.
I termini della nuova definizione si riferiscono alla presentazione della domanda di adesione all’istituto entro il 30 giugno 2023. È necessaria la presentazione di una domanda per ciascuna autonoma controversia. Pagamento degli importi dovuti o della prima rata deve essere effettuato entro il 30 giugno 2023.
Nel caso in cui gli importi dovuti superano mille euro è ammesso il pagamento rateale in un massimo di venti rate con scadenza trimestrale con decorrenza dal 1° aprile 2023 e da versare, rispettivamente, il 30 giugno 2023, 30 settembre, 20 dicembre e 31 marzo di ciascun anno.
Per espressa previsione contenuta al co. 204 dell’art. 1 della L. 197/2022, resta ferma la possibilità di optare per la definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti in Cassazione prevista dall’art. 5 della legge n.
130/2022. Il contribuente dovrà quindi valutare attentamente quale sia la strada migliore da percorrere ove, naturalmente, sia interessato alla chiusura.
Si può manifestare la sospensione a seguito della presentazione della domanda di definizione le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al Giudice. In tal caso il processo è sospeso fino al 10 luglio 2023. Se entro tale data il contribuente deposita presso organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo è dichiarato estinto.
L’eventuale diniego della definizione deve essere notificato al contribuente entro il 31 luglio 2024 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine. Per i processi dichiarati estinti l’eventuale diniego alla definizione è impugnabile dinanzi all’organo giurisdizionale che ha dichiarato l’estinzione.
Il comma 205 dell’art. 1 della Legge 197/2022, infine, prevede la possibilità per gli enti territoriali di adesione all’istituto.
In particolare, ciascun Ente Territoriale può stabilire entro il 31 marzo 2023, con le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti, l’applicazione delle disposizioni dell’art. 1, commi da 186 a 204, con riferimento alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale.