L’intervista della scorsa settimana di Bruno Vespa alla vittima di violenza domestica Lucia Panigalli è stata probabilmente una delle più tristi, imbarazzanti e disdicevoli pagine non solo della lunga carriera giornalistica del salottista televisivo più famoso d’Italia, ma della storia recente del giornalismo italiano stesso. I toni utilizzati dal presentatore di Porta a Porta hanno provocato vergogna e imbarazzo non solo alla malcapitata ospite della trasmissione, umiliata prima dal suo “uomo” e poi in diretta nazionale, ma anche all’audience televisiva tutta, che si è riversata sul web lanciando virulenti strali nei confronti dell’uomo immagine della fascia di seconda serata del servizio pubblico televisivo nazionale.
Va riproposto, a titolo esemplificativo, qualche disgustoso assaggio del campionario di umiliazioni verbali offerto da Bruno Vespa alla sua ospite, che invece di essere confortata ha assistito al vergognoso sminuimento della sua condizione da parte del presentatore televisivo: “Se avesse voluto ucciderla l’avrebbe fatto”; “Signora, 18 mesi sono un bel flirtino”; “almeno lei una scorta ce l’ha, a differenza di altre donne” sono solo alcune delle frasi allucinanti che il conduttore ha riservato alla signora Panigalli, che fra l’imbarazzato e il risentito provava a spiegare come i ripetuti tentativi di aggressione a scopo omicida da parte del compagno la facessero sentire (pensate un po’!) in pericolo di vita. Invece Vespa, non pago della sua crudeltà (involontaria?), continuava a sminuire, rintuzzare, infierire contro la sua ospite, utilizzando un frasario spesso caro agli estremisti più retrogradi e violenti che spesso avvelenano non solo il dibattito pubblico, ma la convivenza sociale stessa.
A carico del giornalista sembrerebbe sia stato aperto un provvedimento disciplinare. Bene, diciamo noi, ma non è abbastanza: Vespa non è nuovo a episodi di questo genere e a esempi di esercizio di giornalismo tipici dei regimi più estremi (non ultimo il caso dell’intervista-sponsorizzazione senza contraddittorio a Capitan Salvini), senza considerare il fatto che il suo storico salotto è da sempre esempio di cortigianeria ai potenti e alfiere del più becero zerbinismo giornalistico. Una condotta professionale come quella di Bruno Vespa non solo è retrograda e disdicevole, ma non fa che disinnamorare del giornalismo i giovani e gettare fango su un mestiere che, specie in Italia, negli ultimi tempi sta attraversando una vistosa crisi, anche e soprattutto per rappresentanti come questi.