Quanto accaduto mercoledì a San Donato Milanese è una storia che ha dell’assurdo, in senso chiaramente negativo. Uno scuolabus, com’è noto, è stato sequestrato dal proprio autista con a bordo cinquantuno bambini, che sono stati immobilizzati; il mezzo è stato poi dato alle fiamme dal perpetratore.
Il primo risvolto mediatico della vicenda, che ha risuonato in tutta Italia, è quello relativo alla cittadinanza di chi ha compiuto il gesto: eppure sarebbe sbagliato ridurre a questo la storia. Ousseynou Sy, di origine senegalese ma francese di nascita e cittadino italiano dal 2004. Il movente, a suo dire, è stato ideologico ma non religioso: Sy si professa ateo e simpatizzante del panafricanismo, e con il suo improbabile gesto voleva sensibilizzare i “fratelli africani” a non migrare in Italia, auspicando una reazione dura da parte delle destre europee. Il gesto è pertanto quello di un folle con una concezione molto personale, e di certo incoerente, della società. Folle che aveva già dimostrato in passato i propri squilibri con le denunce per guida in stato d’ebbrezza e abusi su minori.
È una storia personale pesante, ma che poco ha a che fare con la cittadinanza dell’individuo e il background culturale. Sy era effettivamente integrato, sposato e poi divorziato da un’italiana; il suo gesto si sovrappone a quello di molti altri, italiani anche nel sangue, che avrebbero potuto compierlo. La sua storia si interseca con quella del piccolo Ramy, il ragazzino nato in Italia ma di passaporto egiziano, che ha salvato i suoi compagni dalla follia dell’autista telefonando al padre di nascosto e contribuendo all’intervento dei Carabinieri.
La vicenda di San Donato, quindi, non ha una matrice islamica, etnica o di scontro tra culture. Si tratta di una vicenda che vede semplicemente due persone di fatto italiane – una per legge, un’altra no – in un contesto assai spiacevole. Da una parte un pazzo, dall’altra un bambino eroe. E sarebbe bello vederla solo così, senza specificare la provenienza a scopo propagandistico e d’odio. A meno che, s’intende, non si decida di premiare il piccolo Ramy con la cittadinanza italiana prima del sopraggiungere dei diciott’anni: i giornali racconterebbero, una volta tanto, una bella storia a lieto fine.