Lo sport ai tempi del Covid-19

La prima tessera del domino cade a fine Febbraio, il 23 per l’esattezza, con la chiusura totale dei comuni con focolai attivi a seguito del decreto-legge n. 6 e, di conseguenza, con la sospensione di tutti gli eventi e le manifestazioni sugli stessi comuni. È già nell’aria, gli operatori sportivi e gli atleti del resto di Italia cominciano già a chiedersi se la stessa misura toccherà anche a loro. Ed eccoci che pochi giorni dopo già la pallavolo rinvia in tutta Italia la giornata a cavallo tra Febbraio e Marzo di tutti i campionati agonistici, così come altri sport. Gli allenamenti continuano per qualche giorno ma le perplessità crescono, così come anche le domande. Ed eccoci al 9 Marzo: Coni riunito con i presidenti delle Federazioni sportive decidono di sospendere tutti gli sport di squadra e le relative competizioni di ogni grado fino al 3 Aprile, nemmeno a porte chiuse. Il giorno dopo chiudono anche tutti i circoli sportivi del territorio nazionale, vengono così sospese anche le attività sportive individuali.
A cavallo tra Marzo e Aprile, a cascata una dopo l’altra, molte federazioni sportive annullano i campionati, anche della massima serie. Resta in piedi, per ovvie ragioni economiche, solo il calcio che prende tempo ancora oggi, alla fine di Aprile, per trovare uno spiraglio, un modo per far ripartire i campionati.
Stessa sorte ma con date leggermente diverse tocca a tutti gli sport a livello mondiale, dalla Formula 1 alla Moto GP, dal tennis al football americano, dal calcio al cricket. Anche le Olimpiadi di Tokyo sono cadute vittima del Covid-19. A resistere, in modo assolutamente incosciente, è la Bielorussia, che ha normalmente proseguito il campionato di calcio nonostante l’ultimatum dell’Organizzazione Mondiale della Sanità arrivato alla metà di Aprile. Campionato che va normalmente avanti, così come proseguono le competizioni internazionali di tennis tavolo ed il prestagione del baseball in Corea del Sud.

Tornando con l’obiettivo sul nostro Paese c’è da sapere che lo sport, secondo stime CONI, partecipa all’1,7% del PIL italiano, circa 30 miliardi di Euro. Se viene considerato anche l’indotto e tutto ciò che gravita intorno alle attività sportive la cifra raddoppia: 60 miliardi.
Va da sé che con le cifre astronomiche che girano nel calcio la maggior parte del circolante è lì. Ma nelle categorie minori, in quelle giovanili ed in tutti gli altri sport ci sono persone che vivono con lo sport che praticano o che fanno praticare: pensiamo ai tecnici, ai maestri e agli insegnanti delle discipline, ai centri sportivi, alle palestre, agli sportivi professionisti che non hanno la fortuna di lavorare in sport con remunerazioni fantascientifiche.
Il Decreto Cura Italia ha stanziato dei fondi per sostentare alcune di queste realtà, ma oltre ad avere dei canoni di accettazione della domanda fin troppo restrittivi, molto probabilmente i fondi stanziati non saranno sufficienti.
La domanda che ci poniamo è: perché la seria A di calcio, dove molto atleti sono stati messi a metà stipendio (la metà di 1 milione di Euro sono pur sempre 500mila Euro…..!) ed hanno senz’altro modo di poter tirare avanti senza soffrire più di tanto, è ancora in bilico e ci si sta impiccando perché riprenda al più presto mentre centri sportivi e tutti gli altri sport, realtà dove chi ci lavora porta a fatica uno stipendio a casa con spostamenti per le gare spessissimo nemmeno rimborsati, sono abbandonati al fatalismo di quel che accadrà?

Uno Stato con un’economia già traballante è stato investito da un meteorite socio-economico, e dare la priorità a chi i soldi ne ha già più che a sufficienza è come voler costruire una piramide partendo dal blocco che sta in punta. Alla base della piramide ci sono persone che portano a casa compensi di 7-800 euro. E la priorità andrebbe data proprio a queste persone. È in questa fascia che ci sono i professionisti dello sport che lavorano per compensi dilettantistici. È questa la fetta della torta dello sport italiano che deve avere il supporto dello Stato per poter ripartire e per poterlo fare in sicurezza senza aggravare casse ormai vuote. Lo sport prevede categorie divise per bravura, come è giusto che sia, ma dare priorità diverse non crea solo sport di serie A e sport di serie B, ma anche persone di serie A e persone di serie B. Ma è proprio nelle piccole palestre di società con 40-50 atleti, nel piccolo centro sportivo di periferia dove nascono atleti che poi saranno futuri campioni. È qui la colonna portante, la colonna vertebrale dello sport italiano, è questo il livello che poi dà vita alle massime categorie, alle squadre ed agli atleti che a tutti piace seguire ed ammirare. Ed è proprio che qui che lo Stato, come una cassa toracica, dovrebbe proteggere e sostentare per una ripartenza sicura e veloce.

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