Il successo elettorale di Matteo Renzi e del PD in questa tornata elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo e di alcuni enti locali è sorprendente: intorno al 40% di preferenze con un netto distacco dalle altre forze in campo, in particolare il M5S (21,1%) e FI (16,8%). Si ha l’impressione che neanche i vincitori si aspettassero un risultato così lusinghiero. In queste ore sono tante le analisi sui riflessi del voto per la politica interna e tutte sembrano convergere su un punto: il Governo – ed in particolare il suo “azionista principale” cioè il PD – esce rafforzato dalle urne. La maggioranza degli italiani dunque ha detto sì a Renzi e al suo programma di riforme. Perché? Dal punto di vista della comunicazione verbale e non-verbale Il Presidente del Consiglio incarna quegli ideali di vitalismo e di efficienza che sono tanto in voga nella società che corre. È sul piano dell’agire e del continuo richiamo all’azione che Renzi meglio dei suoi avversari (anche di quelli interni al partito) è stato in grado di intercettare una delle corde profonde del nostro tempo. I tweet scritti durante gli incontri istituzionali e inviati ai follower prima delle conferenze stampa sono il segnale del suo tempismo perfetto, dell’efficienza a tutti i costi magari a discapito dell’efficacia, della sua affidabilità. Una leadership così “propositiva” ha giocato un ruolo fondamentale per la vittoria a maggior ragione se inserita nella lunga notte della crisi economica e sociale. La contestazione grillina non ha avuto il seguito sperato e annunciato forse perché gli italiani hanno più urgenza di soluzioni che di denunce. Naturalmente anche i famosi 80 euro in busta paga a 10 milioni di lavoratori hanno inciso a favore del Governo, poiché tra l’altro hanno migliorato l’immagine del PD presso il ceto medio. Almeno in queste elezioni l’ambizione di conquistare un blocco sociale tradizionalmente orientato a destra sembra essersi realizzata. Secondo alcuni osservatori il Partito Democratico sarebbe addirittura diventato la nuova DC sia per dimensione che per base sociale di riferimento. Sfugge a quest’analisi la specificità dello stile renziano fatto di giovanilistico vigore e risultati da inanellare uno dietro l’altro. La giornalista Barbara Spinelli, neoeletta al Parlamento europeo con L’Altra Europa con Tsipras, ha sottolineato come i democratici del trionfo non siano più di sinistra mentre la sua lista, nata dalla riunificazione di Rifondazione Comunista e SEL, rappresenti non solo e non tanto un’opzione radicale, ma l’unica sinistra in senso stretto. La Spinelli ha aperto al dialogo con i pentastellati come d’altronde ha fatto anche Renzi. Chi riuscirà a creare un dialogo con la “rabbia degli esclusi” ancora ben presente in Italia?