“Uniamoci tutti nella preghiera per l’immediato rilascio delle liceali rapite in Nigeria”, scrive Papa Francesco in un suo tweet. Il riferimento è al gruppo di oltre 200 studentesse rapite in Nigeria dai terroristi di Boko Haram, organizzazione terroristica jihadista diffusa nel nordest del Paese, che minaccia di vendere le giovani per pochi soldi. In un ultimo video diffuso, i rapitori dicono di essere pronti a liberare le ragazze solo in cambio del rilascio di prigionieri appartenenti al gruppo estremista. Il rapimento delle studentesse è avvenuto nella notte tra lunedì 14 e martedì 15 aprile a Chibok. Le giovani erano a scuola per sostenere un esame annuale che dà accesso a un diploma comune a molti Paesi dell’Africa anglofona, il Waec (West African Examinations Council). Testimoni raccontano di aver visto uomini armati arrivare a bordo di moto e camion, che avrebbero poi costretto le studentesse a salire a bordo degli autoveicoli. Alcune di loro sono riuscite a saltare giù dai veicoli in corsa e a fare ritorno a casa, altre sono scappate nei giorni successivi. Mercoledì 16 aprile Chris Olukolade, il portavoce dell’esercito nigeriano aveva detto che tutte le ragazze tranne otto erano al sicuro, versione smentita dalla preside della scuola, Asabe Kwambura, che ha specificato come solo 14 delle ragazze erano al sicuro. L’esercito nigeriano aveva poi confermato la cifra il giovedì. Il 21 aprile i genitori delle studentesse hanno smentito a loro volta la notizia, sostenendo che ci sono ancora ben 234 ragazze rapite. “Noi donne continueremo a protestare. Dobbiamo mantenere il nostro messaggio e la pressione sulle autorità militari e politiche affinché facciano tutto ciò che è in loro potere per garantire che queste ragazze siano rilasciate”, queste le parole di Bala Usman Hadiza, madre di una delle giovani e organizzatrice di una protesta per fare “pressione” sulle autorità e ottenere la liberazione delle studentesse. Anche Michelle Obama, che nei giorni scorsi ha definito “atroce ed enorme” la vicenda, ieri ha detto di rivedere le sue figlie nei volti delle ragazze rapite: “Voglio che sappiate che Barack sta facendo di tutto per sostenere gli sforzi del governo nigeriano di ritrovare le ragazze e portarle a casa”. L’esercito nigeriano, il più numeroso dell’Africa, ma anche uno dei più corrotti, finora si è mostrato inefficiente nel risolvere la questione, anzi, il Presidente della Nigeria, Jonathan ha cercato invano di minimizzare quanto accaduto. Secondo Amnesty International, che cita “testimonianze schiaccianti”, l’esercito era stato avvertito di un possibile attacco di Boko Haram contro il liceo, almeno quattro ore prima dell’effettivo blitz, ma non ha preso alcuna misura per impedirlo. Nei giorni scorsi c’è stato l’invio di una squadra di esperti americani giunti in Nigeria per collaborare con il governo nella ricerca delle studentesse. In un’intervista al Corriere della Sera, lo scrittore nigeriano Biyi Bandele, definisce Boko Haram “un’organizzazione ottusa, senza scopi politici che cavalca la frattura che divide il Nord a prevalenza musulmana e più povero dal sud cristiano e animista, dove si concentra il business del petrolio. Uccide persone il nome dell’Islam. Ci sono evidenze di sue infiltrazioni nelle istituzioni, di legami con potenti personalità del governo. In questo il presidente Jonathan ha ragione. Ogni volta che gli uomini dell’intelligence li localizza, prima che si possa andare a prenderli scompaiono come se ricevessero delle soffiate. E’ un’organizzazione con molti soldi”. Rispetto invece alla campagna mondiale #BringBackOurGirls (ovvero riportate a casa le nostre ragazze), che vuole sensibilizzare attraverso i social network le persone di tutto il mondo a porre la loro attenzione sulla vicenda, ha detto: “E’ una campagna meravigliosa con cui io simpatizzo. Ma riportare a casa le ragazze non è semplice: se l’esercito perlustra la foresta le trova, e ingaggia una battaglia con i rapitori si mette in pericolo la vira delle giovani. Se le autorità si basano su informazioni di intelligence per localizzarli, loro sanno subito del blitz e scompaiono tra la popolazione locale. Non ho simpatia per questo governo, ma si trovano in una situazione impossibile”. Il mondo rimane col fiato sospeso per il destino di queste giovani, che hanno solo esercitato un loro diritto: quello di andare a scuola; sebbene per noi occidentali questo sia un fatto scontato, in altri Paesi non lo è.
Silvia Di Pasquale