Il mondo dell’imprenditoria del meridione vive un periodo di grande fermento a fronte dell’imponente opera di progettazione predisposta dal PNRR a favore della ripresa dell’economia e con un occhio di riguardo alle iniziative imprenditoriali ubicate al sud Italia; il 2022 è anche l’ultimo anno per usufruire del già consolidato beneficio fiscale del credito d’imposta R&S rafforzato per le regioni del Mezzogiorno.
Il fronte della ricerca e sviluppo nel 2022 vede ancora presente la misura rafforzata del correlato beneficio fiscale per le regioni del Mezzogiorno, introdotto originariamente con l’allora Decreto Rilancio. A seguito dell’inaugurazione del PNRR, un argomento ampiamente dibattuto è stata la cumulabilità degli incentivi previsti dal Recovery plan con le altre agevolazioni, comprese quelle attinenti al piano Transizione 4.0, (Credito Ricerca e sviluppo, Formazione 4.0 e Investimenti in beni strumentali 4.0); questione risolta positivamente con l’emanazione della Circolare n. 33 del 31 dicembre 2021 del Dipartimento della Ragioneria dello Stato.
Con la Legge di Bilancio 2022 il credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo viene prorogato fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2031, mantenendo, fino al termine del 2022, l’attuale misura (20% fino a 4 milioni di euro) per poi ridursi al 10% nel limite massimo di 5 milioni di euro; e sempre per tutto il 2022 rimane anche il potenziamento delle aliquote per gli investimenti in R&S effettuati nel Mezzogiorno.
Tale beneficio fiscale rafforzato è stato originariamente introdotto con il Decreto Rilancio (DL n.34/2020) che all’art.244 aveva incrementato, per il periodo d’imposta 2020, la misura del credito per investimenti in attività di R&S direttamente afferenti a strutture produttive localizzate nelle seguenti regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia (regioni del Mezzogiorno); Lazio, Marche e Umbria (regioni del centro-Italia colpite dagli eventi sismici del 2016 e 2017).
L’art. 244, D.L. 34/2020 “Credito di imposta per le attività di ricerca e sviluppo nelle aree del Mezzogiorno” dispone che:
1. Al fine di incentivare più efficacemente l’avanzamento tecnologico dei processi produttivi e gli investimenti in ricerca e sviluppo delle imprese operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, la misura del credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo di cui all’articolo 1, comma 200, dell’della legge 27 dicembre 2019, n. 160, inclusi i progetti di ricerca e sviluppo in materia di COVID-19, direttamente afferenti a strutture produttive ubicate nelle suddette regioni, è aumentata dal 12 al 25 per cento per le grandi imprese che occupano almeno duecentocinquanta persone, il cui fatturato annuo è almeno pari a 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio è almeno pari a 43 milioni di euro, dal 12 al 35 per cento per le medie imprese, che occupano almeno cinquanta persone e realizzano un fatturato annuo di almeno 10 milioni di euro, e dal 12 al 45 per cento per le piccole imprese che occupano meno di cinquanta persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003.
2. La maggiorazione dell’aliquota del credito d’imposta prevista dal comma 1 si applica nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e in particolare dall’articolo 25 del medesimo regolamento in materia di “Aiuti ai progetti di ricerca e sviluppo”.
3. Agli oneri derivanti dal presente articolo, stimati in 48,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo sviluppo e coesione di cui all’articolo 1, comma 6, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.
I commi 185–187, articolo 1, L. 178/2020 prorogano fino al 2022 il credito d’imposta R&S potenziato limitando tuttavia l’ambito territoriale alle sole regioni del Mezzogiorno ed escludendo, per i periodi d’imposta 2021 e 2022, la maggiorazione a favore delle regioni sismi del centro-Italia.
L’art.1 commi 185 della L.n. 178/2020 dispone che al fine di incentivare più efficacemente l’avanzamento tecnologico dei processi produttivi e gli investimenti in ricerca e sviluppo delle imprese operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, il credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, compresi i progetti di ricerca e sviluppo in materia di COVID-19, direttamente afferenti a strutture produttive ubicate nelle suddette regioni, spetta, per gli anni 2021 e 2022, alle seguenti categorie di imprese, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003: nella misura del 25 per cento per le grandi imprese, che occupano almeno duecentocinquanta persone e il cui fatturato annuo è almeno pari a 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio è almeno pari a 43 milioni di euro; nella misura del 35 per cento per le medie imprese, che occupano almeno cinquanta persone e realizzano un fatturato annuo di almeno 10 milioni di euro, e nella misura del 45 per cento per le piccole imprese, che occupano meno di cinquanta persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro.
Il comma 186, dispone che la maggiorazione dell’aliquota del credito d’imposta prevista dal comma 185 si applica nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e, in particolare, dall’articolo 25 del medesimo regolamento, in materia di aiuti a progetti di ricerca e sviluppo.
Il comma 187, invece stabilisce che il Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2021-2027, è ridotto di 52 milioni di euro per l’anno 2022, di 104 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e di 52 milioni di euro per l’anno 2025.
Il credito R&S per il Mezzogiorno segue pertanto le disposizioni del credito d’imposta previsto a livello nazionale per le attività di ricerca e sviluppo così come rinnovate dalla Legge 160/2019 e quindi in linea con la cosiddetta ricerca e sviluppo 4.0: transizione ecologica, innovazione tecnologica 4.0, e altre attività innovative.
I costi ammissibili devono riguardare anche in tal caso le seguenti voci di spesa: personale (ricercatori, tecnici e altro personale ausiliario impiegati nei progetti); strumentazioni e attrezzature; costi relativi a immobili e terreni; costi per la ricerca contrattuale, conoscenze e brevetti acquisiti o ottenuti in licenza, nonché costi per i servizi di consulenza e servizi equivalenti; spese generali supplementari e altri costi di esercizio (materiali e forniture).
Le attività di R&S direttamente afferenti a strutture produttive localizzate nelle regioni del Mezzogiorno dunque godono, per i periodi d’imposta 2020, 2021 e 2022, delle seguenti aliquote maggiorate del 25% per le grandi imprese, che occupano almeno 250 persone, il cui fatturato annuo è almeno pari a 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio è almeno pari a 43 milioni di euro; del 35% per le medie imprese, che occupano almeno 50 persone e realizzano un fatturato annuo di almeno 10 milioni di euro; del 45% per le piccole imprese, che occupano meno di 50 persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro.
Il credito R&S nel Mezzogiorno presenta una duplice natura che si dipana tra aiuto di stato e misura di carattere generale; in particolare la quota di credito d’imposta quantificata con le aliquote nazionali è classificata come misura di carattere generale; la quota di credito d’imposta maggiorata al Sud (e nelle regioni sismi centro-Italia limitatamente al 2020) è classificata come aiuto di Stato.
Per aiuto di Stato si intende qualsiasi trasferimento di risorse pubbliche a favore di alcune imprese o produzioni che, attribuendo un vantaggio economico selettivo, falsa o minaccia di falsare la concorrenza. La materia degli aiuti di stato è disciplinata dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea agli articoli 107 e 108.
In virtù di quanto esposto, una piccola impresa che ad esempio effettui attività di R&S nel Mezzogiorno andrà a beneficiare di un credito d’imposta del 45% frazionato nel seguente modo: il 20% risulta misura a carattere generale, e il 25% risulta aiuto di Stato.
La duplice natura del credito R&S nel Mezzogiorno acquista rilevanza anche per quanto concerne le regole di cumulo con altre misure; in particolare la quota qualificabile come misura a carattere generale e che vede l’applicazione delle aliquote nazionali, è cumulabile con altre misure nei limiti del costo sostenuto, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, ai sensi del comma 204, articolo 1, L. 160/2019; la quota incrementale di credito d’imposta R&S qualificabile come aiuto di Stato è cumulabile nei limiti delle intensità massime previste dal Regolamento UE 651/2014 di cui all’art 25.
In sede di compilazione del modello di pagamento F24, i suddetti codici tributo saranno esposti come di consueto nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a credito compensati”, ovvero, nei casi in cui il contribuente debba procedere al riversamento del credito, nella colonna “importi a debito versati”. Il campo “anno di riferimento” verrà compilato inserendo l’anno di maturazione del credito, nel formato “AAAA”.
Come ormai noto, Next Generation EU è il progetto di rilancio economico dedicato agli stati membri e che ha canalizzato notevoli risorse verso paesi come l’Italia la quale, pur caratterizzata da livelli di reddito pro capite in linea con la media UE, ha recentemente sofferto di una condizione di bassa crescita economica ed elevata disoccupazione. Il meccanismo di allocazione delle risorse tra Stati Membri ha infatti preso a parametro non solo elementi strutturali come la popolazione, bensì anche variabili contingenti come la perdita di prodotto interno lordo legato alla pandemia.
L’obiettivo generale del programma è di promuovere una robusta ripresa dell’economia europea all’insegna della transizione ecologica, della digitalizzazione, della competitività, della formazione e dell’inclusione sociale, territoriale e di genere.
Il Piano si articola complessivamente in sedici Componenti, raggruppate in sei Missioni.
La Missione 1 riguarda la digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo sostiene la transizione digitale del Paese, nella modernizzazione della pubblica amministrazione, nelle infrastrutture di comunicazione e nel sistema produttivo. Ha l’obiettivo di garantire la copertura di tutto il territorio con reti a banda ultra larga, migliorare la competitività delle filiere industriali e agevolare l’internazionalizzazione delle imprese. Investe inoltre sul rilancio di due settori che caratterizzano l’Italia: il turismo e la cultura.
La missione n. 1 del PNRR “digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura” si propone di favorire il rilancio della competitività e della produttività del tessuto imprenditoriale italiano, attraverso investimenti volti a migliorare la digitalizzazione secondo tre direttrici fondamentali come la digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella Pubblica Amministrazione; la digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo; il turismo e cultura 4.0.
La Componente 2 della Missione 1 si pone l’obiettivo di rafforzare la competitività del sistema produttivo incrementando i livelli di digitalizzazione, innovazione tecnologica e internazionalizzazione attraverso una serie di interventi tra loro complementari ed in primo luogo d’incentivazione fiscale.
Ruolo di primo piano in Italia viene pertanto giocato dal nuovo piano per la Transizione 4.0 che, come ben sappiamo, fornisce forti incentivi a tutta la filiera impegnata in investimenti nelle tecnologie all’avanguardia così come in ricerca, sviluppo e innovazione, e incrementando contestualmente il coinvolgimento del tessuto imprenditoriale collocato al Sud.
Il PNRR fornisce quindi nuova linfa alle tre tipologie di crediti di imposta destinati alle imprese che investono in: a) beni capitali; b) ricerca, sviluppo e innovazione; e c) attività di formazione alla digitalizzazione e di sviluppo delle relative competenze. Nel novero delle citate misure rientra quindi anche il credito per investimenti in attività di R&S&I&D di cui all’articolo 1, commi 198 e ss., L. 160/2019.
In merito alla cumulabilità, l’UE pone in linea con quanto disciplinato dal legislatore della L178/2020 ovvero auspicando la possibilità di cumulo a condizione che non si superi il complessivo costo sostenuto, posizione espressa nell’ art.9 del Regolamento UE 241 del 12 febbraio 2021, istitutivo della misura del PNRR.
Tuttavia, la recente posizione italiana del MEF sembrava porsi in netto contrasto con le disposizioni comunitarie, andando a vietare, ad una prima interpretazione, il cumulo delle misure agevolative in senso assoluto, a prescindere dal superamento del limite del costo. Tale posizione veniva espressa nella Circolare del 14 ottobre 2021, n. 21.
Ora, questa condizione di incertezza interpretativa ha successivamente trovato la luce con Circolare del 31.12.21 n.33 del Dipartimento della Ragioneria dello Stato, quale nota di chiarimento alla Circolare del 14.12.21 n.21. In tale documento di prassi viene infatti precisata la differenza tra il concetto del doppio finanziamento e quello del cumulo e viene confermato che le misure finanziate all’interno del PNRR possono essere cumulate con altre agevolazioni.
In particolare, con cumulo delle risorse, si intende la “possibilità di stabilire una sinergia tra diverse forme di sostegno pubblico di un intervento”, per coprire diverse parti di un investimento. Alle imprese è quindi consentito cumulare fonti finanziarie diverse all’interno di un unico progetto, a patto che il sostegno non copra lo stesso costo. In caso di superamento del costo totale dell’operazione, si rientra nella fattispecie del doppio finanziamento, in quanto parte delle spese sostenute sarebbero finanziate due volte.
La sovra citata differenza viene ripresa dal Regolamento UE 2021/241 istitutivo del Recovery Fund anche nel Considerando 62 dove viene sottolineata la necessità di una coerenza e complementarietà tra le azioni intraprese dal citato regolamento e gli altri programmi dell’Unione in corso, il tutto al fine di evitare anche forme di doppio finanziamento della stessa spesa nell’ambito del dispositivo e di altri programmi dell’Unione.