Politici su Twitter

twitter_logo_jef_120321_wblogMettiamocelo in testa: il “cinguettio”, ovvero il messaggio in 140 caratteri inviato attraverso la propria pagina Twitter, è diventato una cosa seria. Oggi persino un capo di stato o di governo può scegliere di esprimersi in maniera sintetica e diretta con il mondo esterno, senza mediazione di nessun tipo, utilizzando il suddetto social network, che quanto a popolarità è secondo solo a Facebook. Il nostro Presidente del Consiglio Enrico Letta ad oggi ha 274.404 follower, ovvero persone che lo seguono. Un numero piuttosto basso se paragonato a quello di altri politici europei virtualmente attivi. Il Presidente francese François Hollande ne ha oltre 580mila e finora ha mandato 4331 tweet, di questi però solo uno è datato 2014. Il penultimo risale addirittura al 18 maggio del 2012, quattro giorni dopo la data d’inizio del suo mandato. Per quanto riguarda la cancelliera tedesca Angela Merkel, è piuttosto difficile rinvenire un suo profilo Twitter ufficiale, perché nessuno di quelli presenti è autenticato dalla virgoletta bianca su sfondo blu, che distingue, nella maggior parte dei casi, quelli veri da quelli falsi. Non ha questi problemi il Primo Ministro e leader dei Conservatori David Cameron. Il politico inglese ha infatti ben due profili ufficiali, che hanno rispettivamente 2.539.138 e 566.582 follower. Supera Letta anche Mariano Rajoy, capo dell’esecutivo spagnolo, che arriva quasi a 480mila seguaci. Spostandoci negli States ovviamente è Barak Obama il politico in grado di sbaragliare tutta la concorrenza mondiale. Il Presidente americano ha oltre 40 milioni di follower ed è attivissimo nel “cinguettio”, avendo inviato ad oggi più di 10mila messaggi istantanei. Il suo profilo è un vero e proprio strumento di propaganda nel quale vengono condivise frasi, statistiche, provvedimenti di successo, foto simpatiche, sue frasi virgolettate. Passerà alla storia lo scatto postato subito dopo l’ufficialità della rielezione nel novembre del 2012 e diventata in poche ore la fotografia più condivisa nella storia del social network. Lo scatto risalirebbe al 15 agosto precedente, durante un comizio in Iowa. La foto accompagnata dallo slogan “Four more years”, altri quattro anni, era stata preceduta da un altro tweet di Obama: “Voi lo avete reso possibile. Grazie”. E poi ancora “La vittoria ci appartiene, ecco come abbiamo fatto campagna ed ecco chi siamo”. Per quanto riguarda Israele, il Primo Ministro Benjamin Netanyahu si arresta ai 206.695 follower e a 820 tweet inviati. Il leader del Likud è stato molto attivo in questi giorni “cinguettando” svariati messaggi di cordoglio per la morte di Ariel Sharon, come: “Lo Stato di Israele inchina il capo davanti alla scomparsa dell’ex primo ministro Ariel Sharon”, oppure “Ariel Sharon ha avuto un ruolo centrale nella lotta per la sicurezza dello Stato di Israele per tutti i suoi anni”. Anche il Presidente iraniano Hassan Rouhani è un assiduo twittatore. Anzi, i suoi “cinguettii” hanno svolto più di una volta una chiara funzione politica. A settembre, in occasione della festività ebraica del Rosh Hashanà, il Capodanno ebraico, Rohani augurò “a tutti gli ebrei, ebrei iraniani in particolare, un beato Rosh Hashanà”. Un gesto altamente simbolico, considerando il fatto che fra Iran e Israele non scorre buon sangue. In quelle ore non mancarono neanche gli auguri del ministro degli Esteri iraniano Zarif. Anche l’Ayatollah iraniano Seyed Ali Khamenei è presente su Twitter con 38.505 seguaci sul suo profilo in lingua inglese e 1.163 su quello in lingua farsi. Sebbene l’establishment iraniano sia sempre stato diffidente nei confronti dei social media, ormai appare evidente che censurarli non sia la soluzione migliore, a meno che non si metta in atto un sistema di controllo totale del web, come purtroppo la Cina insegna. Ma attenzione, anche i “cinguettii” hanno il loro lato fortemente negativo, perché la pioggia libera di insulti da parte degli utenti del social network non risparmia nessuno e può diventare inarrestabile. A questa c’è un unico rimedio: la cancellazione o disattivazione dei commenti. Tuttavia, basta un gesto di siffatta natura per essere accusati di antidemocraticità. Ed ecco, che il politico è in gabbia.

 

Silvia Di Pasquale

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares