Giovanna Botteri è stata insignita del Premio Ischia internazionale di giornalismo per il 2020. Il celebre riconoscimento, conferito dal 1980 e organizzato dall’alto patronato della Presidenza della Repubblica, ha visto la Botteri vedersi riconoscere quale “giornalista dell’anno” per il suo racconto dal cuore della pandemia di COVID-19.
Già poco prima del lockdown, quando si cercava di capire l’entità del nuovo coronavirus e che effetto avrebbe avuto sul mondo, tutti noi ci siamo quest’anno abituati a seguire le notizie puntuali e precise di Giovanna Botteri in diretta da Pechino. Nell’ambito dell’informazione italiana, la corrispondente RAI è stata un vero e proprio orologio con il compito di scandire ogni minimo dettaglio, ogni nuovo particolare che fiatasse d’improvviso dalle bocche serrate del regime cinese.
Attraverso Giovanna Botteri abbiamo avuto un racconto costantemente di prima mano, alla pari e talvolta migliore della concorrenza internazionale, e chissà che anche questo non abbia aiutato l’Italia a prendere per prima, in Europa, le decisioni più difficili di quei mesi.
Un premio meritato, e che ha costituito di recente l’occasione per ricordare la vecchia amica e collega Ilaria Alpi, uccisa assieme all’operatore Miran Hrovatin in Somalia nel 1994. Ospite di A Ruota Libera con Francesca Fialdini, la Botteri ha affermato, visibilmente commossa: «Siamo partite contemporaneamente, lei per la Somalia io per la Bosnia. Quando l’ho saputo è stato devastante, ho attraversato tutta la ex Jugoslavia in macchina per ritornare in Italia e saperne di più».
Giovanna Botteri, oggi inviata RAI a Pechino, ha ricoperto in passato lo stesso ruolo da New York occupandosi altresì di eventi storici. Dal crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, all’inizio della guerra d’indipendenza croata, ma soprattutto – dal 1992 al 1996 – l’intero susseguirsi della guerra in Bosnia, il massacro di Srebrenica e l’assedio di Sarajevo – dove, proprio con Miran Hrovatin, filmò l’incendio della Biblioteca Nazionale. Figlia lei stessa di madre montenegrina, coprì per RAI anche la successiva guerra in Kosovo.
Ma non solo: la sua esperienza di inviata speciale si estende fino all’Africa e all’Iran, per tornare in Italia per il G8 di Genova e poi fornire racconti di prima mano dall’Afghanistan e dall’Iraq post 11 settembre.
Giovanna Botteri, pur essendo figlia d’arte – il padre fu direttore RAI per il Friuli-Venezia Giulia – ha dietro di sé una carriera solida e che parla da sola rispetto ai suoi successi e al merito rispetto al Premio Ischia di quest’anno. Solo qualche “giornalista” di seconda categoria ebbe il coraggio di criticarla, durante il lockdown, per il “look trasandato” che la Botteri esibì durante alcune dirette da Pechino. Forse non considerando quanto poco sia rilevante, ma anche ignorando le difficoltà di un inviato speciale dal posto che, in quel momento, era il più blindato della terra. E tralasciando completamente il coraggio nel continuare a farlo.