Referendum in Ungheria

Tutta ha inizio il 22 settembre 2015 quando i ministri dell’interno dell’Unione europea adottano la decisione del Consiglio che obbliga gli stati membri ad accogliere tra tutti 120 mila richiedenti asilo in Italia e in Grecia.

La decisione è stata adottata da una maggioranza qualificata (non ottenendo l’unanimità) in quanto Romania, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria (non partecipa al piano di ridistribuzione quindi non riceverà migranti) hanno votato contro. Per quanto riguarda la Polonia inizialmente era contraria alla fine si espresse a favore mentre la Finlandia si è astenuta dalla votazione. La ripartizione dei rifugiati fra gli Stati membri sarà obbligatoria e non più volontaria come per la prima misura (in relazione a 40mila rifugiati) che era stata adottata definitivamente il 14 settembre scorso. La quota di migranti che ogni paese dovrà ospitare è proporzionale alla popolazione, al pil, al tasso di disoccupazione e al numero di rifugiati già ospitati. I governi nazionali potranno chiedere una deroga per l’accoglienza dei profughi assegnati. Ma questa deroga potrà durare al massimo un anno, dovrà essere motivata da circostanze eccezionali, come un afflusso massiccio e improvviso di migranti o un disastro naturale, e non potrà riguardare più del 30% della quota prevista per il paese in questione. Arriviamo ai giorni nostri e al referendum del 2 ottobre 2016 dove il governo del primo ministro Orban incoraggia i cittadini ungheresi a votare no alla domanda Volete che l’Unione europea imponga l’insediamento forzato di cittadini non ungheresi sul territorio nazionale senza il consenso del parlamento nazionale? L’invito rivolto dal ministro agli ungheresi di bocciare (attraverso il referendum) le quote di richiedenti asilo proposte dall’Unione europea è stato accolto dal 98% dei votanti. Nonostante la combattiva e dura campagna del governo, l’affluenza è stata inferiore rispetto alle aspettative pertanto non avendo raggiunto il 50% il voto non può essere ritenuto valido. Ma Orban nonostante la sconfitta sostiene che l’Unione non può far finta di nulla prendendo in considerazione la volontà di circa oltre 3 milioni di elettori. Per Orban i migranti vanno fermati nei loro Paesi, o ai confini dell’Unione europea. Secondo il governo ungherese andrebbe rafforzata la difesa comune delle frontiere, costruendo recinzioni e respingendo in mare i barconi dei migranti che fuggono dalle guerre, dalle persecuzioni e dalla fame. Per questo un anno fa l’Ungheria ha fatto costruire un muro di filo spinato, alto quattro metri e lungo 180 chilometri al confine con la Serbia, per bloccare i migranti che risalivano i Balcani tentando di entrare nell’Unione. E sempre nella totale chiusura ai rifugiati, il Parlamento ungherese, nel 2015, ha introdotto nuove norme sul diritto d’asilo e il rimpatrio forzato che a giudizio dell’Unhcr, di Amnesty International e da ultimo anche secondo una sentenza del Consiglio di stato italiano, calpestano i diritti dei migranti. Si prospetta un periodo di lotta tra l’Ungheria e l’Unione europea per risolvere al meglio la condizione dei richiedenti asilo ma soprattutto nel rispetto del popolo ungherese.

Noemi Deroma

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