IL TITOLARE EFFETTIVO TRA RAGIONE SOCIALE E DENOMINAZIONE SOCIALE

Ai sensi dell’ art. 20 del decreto 231/2007 (decreto antiriciclaggio) il titolare effettivo è la persona fisica diversa dal cliente nell’interesse del quale in ultima istanza si istaura il rapporto continuativo, o si rende la prestazione professionale o si esegue l’operazione.

Al fine di agevolare l’individuazione del titolare effettivo da parte dei “Soggetti obbligati” il legislatore Antiriciclaggio ha sancito l’obbligo di comunicazione della titolarità effettiva presso il registro delle imprese della Camera di Commercio territorialmente competente. Tale obbligo è ormai vigente, per effetto della pubblicazione sulla G.U. del Decreto 11 Marzo 2022 n. 55, Regolamento recante disposizioni in materia di comunicazione, accesso e consultazione dei dati e delle informazioni relativi alla titolarità effettiva di imprese dotate di personalità giuridica, di persone giuridiche private, di trust produttivi di effetti giuridici rilevanti ai fini fiscali e di istituti giuridici affini al trust.

Negli ultimi giorni con la pubblicazione sulla G.U. del Decreto 11 Marzo 2022 n. 55, Regolamento recante disposizioni in materia di comunicazione, accesso e consultazione dei dati e delle informazioni relativi alla titolarità effettiva di imprese dotate di personalità giuridica, di persone giuridiche private, di trust produttivi di effetti giuridici rilevanti ai fini fiscali e di istituti giuridici affini al trust, si parla di obbligo di comunicazione della titolarità effettiva presso il registro delle imprese della Camera di Commercio territorialmente competente.

Ai sensi dell’art. 20 del decreto 231/2007 (decreto antiriciclaggio) il titolare effettivo è la persona fisica diversa dal cliente nell’interesse del quale in ultima istanza si istaura il rapporto continuativo, o si rende la prestazione professionale o si esegue l’operazione.

Nel caso in cui il cliente sia una società di capitali costituisce indicazione di proprietà diretta la titolarità di una partecipazione superiore al 25% del capitale del cliente, detenuta da una persona fisica; costituisce indicazione di proprietà indiretta la titolarità di una percentuale di partecipazioni superiore al 25% del capitale del cliente, posseduto per il tramite di società controllate, società fiduciarie o per interposta persona.

Nelle ipotesi in cui l’esame dell’assetto proprietario non consenta di individuare in maniera univoca la persona fisica o le persone fisiche cui è attribuibile la proprietà diretta o indiretta dell’ente, il titolare effettivo coincide con la persona fisica o le persone fisiche cui, in ultima istanza, è attribuibile il controllo del medesimo assetto proprietario in forza del controllo della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria; del controllo di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante in assemblea ordinaria; dell’esistenza di particolari vincoli contrattuali che consentano di esercitare un’influenza dominante.

Qualora l’applicazione di tali criteri non consenta di individuare univocamente uno o più titolari effettivi, il titolare effettivo coincide con la persona fisica o le persone fisiche titolari di poteri di amministrazione o direzione della società.

Nel caso in cui il cliente sia una persona giuridica privata (Associazione, Fondazione o altra Istituzione di carattere privato), sono cumulativamente individuati come titolari effettivi i fondatori, ove in vita; i beneficiari, quando individuati o facilmente individuabili; i titolari di funzioni di direzione e amministrazione.

I soggetti obbligati all’adeguata verifica della clientela devono tenere in maniera documentata i diversi passaggi dell’attività di verifica che hanno effettuato per l’individuazione del titolare effettivo, ed nell’eventualità delle ispezione da parte delle autorità competenti, dovranno motivare le ragioni che li hanno portato ad adottare l’opzione selezionata dimostrando l’adempimento al principio di responsabilizzazione.

Gli amministratori delle imprese dotate di personalità giuridica e il fondatore, ove in vita, oppure i soggetti cui è attribuita la rappresentanza e l’amministrazione delle persone giuridiche private comunicano all’ufficio del registro delle imprese della Camera di Commercio territorialmente competente i dati e le informazioni relativi alla titolarità effettiva, acquisiti ai sensi dell’articolo 22, commi 3 e 4 del decreto 231/2007 (Decreto Antiriciclaggio), per la loro iscrizione e conservazione nella sezione autonoma del registro delle imprese. I primi invii dovranno avvenire a seguito di un apposito provvedimento del Mise, da emanarsi entro 60 giorni che dovrà attestare l’operatività del sistema di comunicazione.

La Ragione Sociale si identifica con il nome delle società di persone, per la quale è un elemento essenziale. È costituita dal nome seguito dall’acronimo della società ovvero Società Semplice (Ss), Società in nome collettivo (S.n.c). o Società in accomandita semplice (S.a.s.). Caratteristica peculiare di tale elemento e che deve necessariamente contenere il nome di uno dei soci illimitatamente responsabili. Questo perché saranno questi ultimi con il proprio patrimonio personale a rispondere alle obbligazioni eseguite in nome e per conto della Società.

La Denominazione Sociale invece si identifica con il nome delle società di capitale, per la quale è un elemento essenziale, e questo tipo di società gode di una piena personalità giuridica differente ed autonoma rispetto a quella dei soci , ecco perché essa non necessita di essere accompagnata dal nome dei soggetti responsabili per essa ad eccezione della Società in accomandati per azione (S.a.p.a), dove all’interno della denominazione deve contenere necessariamente il nome di uno dei soci illimitatamente responsabili. Essa è accompagnata dall’acronimo della società, ovvero Società a responsabilità limitata (S.r.l), Società per Azione (S.p.a), Società in accomandati per azione (S.a.p.a)

La Ragione Sociale o la Denominazione Sociale possono contenere anche un nome di fantasia. Ma cosa succede quando esse contengono l’acronimo di un soggetto estraneo, il cui ruolo non è stato accertato in occasione di contatti con il professionista?

Vediamo un esempio: durante la fase di adeguata verifica della clientela, svolta dal soggetto obbligato nei confronti del potenziale cliente al momento del primo colloquio, il cliente presentandosi non accompagnato, dichiara di essere socio unico , ed l’amministratore unico di una Società di Capitale, con la denominazione sociale di un nome di fantasia, avente oggetto sociale lo svolgimento di lavori di natura edile. In fase di verifica tramite domande specifiche si evince che tale cliente dimostra di non avere adeguata conoscenza della natura dell’oggetto o dello scopo della prestazione professionale richiesta, e che il cliente svolge una professione anni luce lontana dal settore edile, suscitando cosi un palese dubbio che egli possa occultare l’agire con finalità illecite per conto di un soggetto terzo. Da una verifica condotta in maniera diligente ed adeguata, tenendo in considerazione le specifiche caratteristiche dell’attività svolta dal potenziale cliente e dalla struttura dimensionale dell’entità giuridica, tramite l’esibizione del documento di identità, si evince che il cliente allo stato civile risulta essere coniugato e che in realtà la denominazione sociale non è un nome di fantasia come dichiarato in precedenza, ma coincide con l’acronimo del soggetto esterno con il quale il cliente risulta essere coniugato. In tal caso alla richiesta di ulteriori chiarimenti riguardo l’identificazione di tale soggetto, ai fini dell’individuazione del suo ruolo nell’assetto societario, il cliente mostra un atteggiamento riluttante a fornire tali informazioni, dati e documenti riguardando la titolarità effettiva.

Esso può essere senz’altro uno strumento di trasparenza nell’individuazione della proprietà di tutte le entità giuridiche che esercitano l’attività economica, e può favorire un accesso per così dire “a portata di mano” a tali informazioni, contribuendo a combattere l’abuso di entità non trasparenti.

I soggetti obbligati non possono e non devono fare affidamento pieno ed esclusivo ai dati e alle informazioni presenti nella sezione autonoma del registro delle imprese, dato che tali dati nascono pur sempre da una mera comunicazione.

Proprio in questo attuale contesto che per i soggetti obbligati (tra cui i professionisti) risulta essere ancora più importante l’adempimento, in maniera corretta e scrupolosa, dell’obbligo di adeguata verifica della clientela ex art. 17 del decreto legislativo 231/2007 (Decreto Antiriciclaggio). Tale adempimento richiede l’acquisizione di informazioni in quantità sempre più crescenti, sul conto del cliente, sulla natura dell’operazione e le finalità del rapporto. Questa indagine conoscitiva svolta dal soggetto obbligato, al momento del primo colloquio, deve essere svolta con l’obbiettivo di costruire una solida base per la creazione di un modello di sviluppo basato sulla conoscenza approfondita e sulla fiducia del cliente, non perdendo di vista la salvaguardia dei suoi interessi ma soprattutto l’intenzione di creare un efficiente sistema interno di prevenzione dal rischio antiriciclaggio.

Un’ adeguata verifica della clientela, svolta in maniera corretta e diligente da parte del soggetto obbligato, attraverso un’attività di profilig del cliente, permette di individuare il grado di esposizione al rischio, ai potenziali fenomeni di riciclaggio e finanziamento al terrorismo, al quale sarà commisurata l’estensione della verifica e la relativa frequenza dei controlli.

Da questo si evince come nell’ambito degli obblighi in materia di antiriciclaggio, l’adeguata verifica svolge una vera e propria funzione di natura preventiva, rendendolo un vero e proprio pilatro centrale dell’intera disciplina a cui il soggetto obbligato non può sottrarsi.

In particolare meritano attenzione quelle circostanze (come riportate nell’esempio di cui sopra) dove oltre ai fattori e ai criteri di valutazione del rischio indicati direttamente dal legislatore e dai provvedimenti delle autorità di settore, i soggetti obbligati alla adeguata verifica sono tenuti ad individuare altri indicatori, che in base al loro giudizio, siano significativi ai fini dell’individuazione dei titolari effettivi e del conseguente rischio connesso alla fattispecie d’interesse.

Presidio centrale contro l’esposizione al rischio di non conformità alle norme, e alle possibili sanzioni di natura legale, finanziaria e reputazionale, a cui un soggetto obbligato è esposto nell’ esercizio della sua attività, è rappresentato senz’altro dalla Complince interna che in termini pratici può essere tradotto come un sistema aziendale di presidi organizzativi e operativi che la singola azienda o studio professionale pone in essere per evitare disallineamenti rispetto alle regole.

Esempi di best practices possono essere rappresentate dall’analisi e valutazione dell’impatto su processi e procedure aziendali, formulazioni di piani interni per l’antiriciclaggio e verifiche ex post dell’efficacia delle misure adottate, svolgimento di attività di reporting verso gli organi interni e alle autorità competenti, progettazione di interventi formativi e diffusione della cultura del compliance.

Dall’analisi sopra condotta risulta uno scenario in cui i soggetti obbligati devono essere sempre di più attenti, nella scelta di presidi e di sistemi di valutazione unici e personalizzati, partendo dalle specifiche caratteristiche che differenziano l’attività svolta e dal sistema dimensionale delle entità giuridiche tenendo in considerazione le disposizioni emanate dalle Autorità di vigilanza di settore. Certamente, ciò che si richiede non configura una conoscenza integrale di ciascuna controparte contrattuale, tuttavia è necessario compiere una verifica adeguata del livello di rischio di ciascun cliente, applicando i principi di diligenza e ragionevolezza, ed è proprio in tale contesto che anche l’attività di compliance aziendale svolta a tutela della propria azienda dovrà essere svolta con gli stessi citati criteri da parte degli incaricati dei controlli interni e degli ispettori che dovessero effettuare eventuali verifiche di vigilanza.

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