Ha dovuto attendere i 75 anni d’età per vedersi consacrare anche dai premi noti al grande pubblico il suo immenso talento. Tra il 2017 e il 2018, Renato Carpentieri porta a casa il Globo d’oro, il Ciak d’oro, il Nastro d’Argento e, soprattutto, il David di Donatello, tutti come “Miglior Attore Protagonista” del film “La tenerezza” di Gianni Amelio. Il riscatto di un grande interprete che gli esperti di marketing non avevano neanche immortalato sulla locandina ufficiale dell’opera, preferendogli i meno centrali nella storia (ma più famosi) Elio Germano e Micaela Ramazzotti.
Piacevolmente sorpresa da questi recenti successi, dunque, ma già all’opera per rendere doveroso omaggio ad un gigante del cinema e del teatro del nostro paese quando ancora nessuno ci stava pensando, è stata Grazia D’Arienzo (laureata specializzata in Scienze dello Spettacolo e della Produzione Multimediale e dottorata in Metodi e Metodologie della Ricerca Archeologica e Storico-artistica con una tesi in Discipline dello Spettacolo) che ha pubblicato per Liguori Editore la monografia “Renato Carpentieri. L’attore, il regista, il dramaturg”. Un percorso approfondito sulla vita artistica di questo prolifico interprete ed autore, dagli anonimi esordi fino ai più odierni successi, che D’Arienzo ha condotto attraverso documenti, visioni e colloqui con il diretto interessato e che, come una prolifica veggente, sono coronati nelle importanti e recenti premiazioni appena prima di dare il lavoro alle stampe.
Con il 2019, quindi, inizia il tour delle presentazioni di questo libro: Napoli e Roma, ma anche l’Università degli Studi di Salerno e varie tappe in Irpinia, ovvero i luoghi del “cuore” dell’autrice.
Ed anche iniziare il percorso che ha condotto alla stesura del libro ha origine nella sfera emozionale: «Sono stata allieva di Renato Carpentieri presso il Centro Universitario Teatrale dell’Ateneo di Salerno negli anni 2008-2010 – ci racconta – Sotto la sua direzione, è nata una compagnia teatrale universitaria che ha prodotto diversi spettacoli. Prima di arrivare a lavorare sui testi di Brecht, Beckett e Cechov, abbiamo imparato a pensare la scena con il corpo, anche grazie alle sessioni di training condotte dall’attrice Valeria Luchetti. È stata un’esperienza fondante, che mi ha permesso di sviluppare un senso critico maggiore rispetto alla visione di una performance e alla concezione della performance tout court. Carpentieri, da pedagogo, fornisce non solo esempi di pratiche attoriali mutuate dagli insegnamenti di Peter Brook, Mejerchol’d e del Living Theatre, ma anche strumenti per analizzare dall’esterno le traiettorie e le dinamiche di una messinscena».
Nasce così la voglia di approfondire la figura di quello che è stato per l’autrice un vero e proprio maestro, e di condividere il risultato: «Dopo il CUT, decisi di dedicare il mio lavoro di tesi Magistrale all’attività multiforme di Carpentieri, all’epoca conosciuto e molto apprezzato dagli addetti ai lavori in ambito teatrale, ma non altrettanto noto al grande pubblico. Ero interessata in particolare a ricostruire gli snodi della sua formazione e della sua carriera. Il suo è un percorso davvero peculiare, perché non lineare e foriero di intersezioni inaspettate, tra militanza politica post-sessantottina, agit-prop, letteratura, teatro e cinema. Il lavoro si è sviluppato a partire da un primo nucleo di ricerche condotte per la tesi, arricchendosi via via dei materiali consultati presso l’archivio privato di Renato a Napoli e completato poi dalle lunghe interviste che mi ha concesso». Un certosino lavoro di recupero di documenti, articoli, fotografie e testimonianze dell’attore, che si è lasciato andare a 360° toccando tutte le più importanti tappe della sua vita artistica: dall’influenza avuta dalla provincia casertana in adolescenza, alla Napoli prima rifiutata e considerata un ostacolo – visto il grande peso della sua tradizione – poi metabolizzata, rinnovata e amata; dagli anni universitari e della fitta agenda politica – dove il teatro è visto unicamente come strumento comunicativo dell’urgenza movimentista – alla scoperta di volerne fare una professione in un’età decisamente “alta”, a 33 anni compiuti.
Grazie a questo testo, scopriamo un Carpentieri ossimorico studente-autodidatta. Un artista che non ha una formazione accademica classica, ma che fa dello studio il punto di partenza cruciale di ogni lavoro:
approfondisce e analizza ogni testo e ogni ruolo. Il libro ne racconta il suo peculiare metodo di lavoro come attore, poliedrico e multi-canale, regista e “dramaturg”. Scelta terminologica importante, che D’Arienzo ci chiarisce: «“Dramaturg” è un termine tedesco, che nella grafia corretta vorrebbe la “d” iniziale maiuscola, e che è in realtà intraducibile nella nostra lingua. Il Dramaturg è una figura che esiste nel sistema teatrale tedesco in diverse varianti. Quello che intendo io quando parlo di “dramaturg” è il dramaturg “artista”, non il dramaturg burocrate. Una figura che faccia, insomma, da raccordo tra il testo e la scena, lavorando al fianco del regista». Il dramaturg non è quindi, banalmente, il “drammaturgo”, ma «un operatore letterario-culturale in senso ampio: può essere “riattivatore” di testi classici o adattatore di testi non concepiti per la scena (romanzi, saggi). Ovviamente un dramaturg può anche essere autore di drammaturgie proprie. Tutti ruoli che Renato ha svolto durante la sua carriera teatrale».
Un testo specialistico redatto da una’addetta ai lavori. Ma non è assolutamente solo per lettori esperti del settore: «Per Renato la notorietà è arrivata con la televisione (in particolare con le fiction “La squadra” e, più di recente, “Solo”) e lo scorso anno il David di Donatello per “La tenerezza”. Tutto il percorso precedente è però sconosciuto ai più, al pari della sua importante attività teatrale, estesa a livello nazionale e non solo in area napoletana. Un appassionato spettatore ma anche un semplice curioso potrebbero, per questo, trovare interessante la prima monografia assoluta dedicata a lui».