Spiderman lontano da casa: quando i blockbuster leggono il presente

Quando d’estate si entra in un cinema a vedere un film Marvel ci si aspetto innanzitutto di divertirsi. Spiderman: far from home mantiene questa promessa. Ma ad una analisi attenta si possono trovare altri livelli di lettura di questo prodotto d’intrattenimento. La trama è classica, le situazioni perfettamente in linea con lo spirito del fumetto e del film: Peter che nasconde la sua identità, che ha una storia d’amore, che deve salvare gli amici e la ragazza, che deve crescere prendendosi le sue responsabilità. Elemento nuovo e notevole è il villain: Mysterio, un supercattivo antico quanto il personaggio di Spiderman dei fumetti, ma che ora ritorna «in risonanza» con il presente.

Come nei fumetti degli anni ’60, Mysterio gioca con la realtà: rappresenta il potere della falsificazione, che vuole distruggere, insieme a Spiderman, la sua reputazione. Non ha superpoteri, ma solo grandi mezzi illusionistici con i quali illude la pubblica opinione e lo stesso supereroe. La novità non irrilevante che introduce il film è l’origine di Mysterio, simile all’origine dell’Avvoltoio, il nemico di Parker nel primo episodio. Entrambi provengono, paradossalmente, dall’operato dei supereroi. Come l’Avvoltoio utilizzava gli armamenti alieni risultanti dal conflitto raccontato nel primo Avengers, così Mysterio usa le tecnologie di Tony Stark.

In generale, la nuova versione di Spiderman sembra pensata dai suoi produttori in rapporto dialettico e anche critico rispetto all’imponente e complessa saga dei Vendicatori. L’uomo-ragno è un eroe di quartiere che torna a casa (homecoming), che rifiuta di entrare nella schiera di supereroi «di alto livello» (solo in Infinity War combatte con loro, venendo sconfitto). La direzione che prende la Marvel con la piccola saga di Spiderman e con il passaggio di testimone Stark-Parker è chiudere la grande saga della numerosa schiera di colorati super-super-eroi e consegnarne l’eredità all’eroe più amato di tutti, cioè il più umano.

Ma oltre a una riflessione sugli stessi supereroi e sul modo di raccontarli, è da sottolineare un’altro tema attuale che riemerge nel personaggio di Mysterio: le fakenews. Il fine di Mysterio non è distruggere il mondo, ma ingannarlo, non è solo uccidere i supereroi, ma sostituirli. È il paladino della società dell’immagine, in cui eroe o nemico è chi lo appare. Le sue «bufale» cui lo stesso pubblico crede per metà film, quelle sulla sua origine da un mondo parallelo o sulla minaccia planetaria degli «Elementari», fantasiose creature interdimensionali create ad arte, fanno leva sulla paura per un potere esterno e sconosciuto e sull’estetica di un eroe da un’altro mondo venuto a salvarci. Si tratta di un tema politico, tanto da domandarsi se la scelta dei paesi visitati da Mysterio non sia casuale (Italia, Regno Unito, Repubblica Ceca, Germania), e se non vi sia un sotteso accenno alla demagogia e al populismo che lì hanno condotto a scelte quali la Brexit o la politica dei «porti chiusi», contro nemici esterni. Si sta forse suonando un campanello di allarme sulle derive demagogiche dell’intera euro-zona?

In generale, anche in un classico popcorn movie, sembra oggi svilupparsi, fra gli autori e fra gli spettatori, una nuova consapevolezza. Sembra ci si possa rendere conto in modo più lucido del valore della realtà autentica e vera, del rischio della sua contraffazione oggi tecnicamente sempre più facile (pensando ai deepfake, ma anche all’utilizzo dei bigdata), del carattere endogeno e strutturale delle nuove (ma non aliene) minacce, dunque della natura dell’eroe e quella dell’impostore, del potere dell’opinione pubblica e della responsabilità che comporta per chi comunica. Non a caso proprio questo mese è uscita la provocatoria serie The Boys, in cui i supereroi appaiono soltanto eroi, ma sono in realtà corrotti e irresponsabili criminali coperti da un sistema eticamente capovolto e confuso. Ricorda qualcosa.

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