Una scultrice interpreta, si ispira ad una poetessa; la tradizione del sud, la Sicilia siracusana delle tragedie greche si misura con la Milano del Novecento del Ventennio e i paesaggi manzoniani; la solidità sensibile di Roberta con la fragilità ribelle di Antonia. Un incontro al femminile è all’origine di questa personale.
Le creature di Roberta, ispirate alle poesie della Pozzi, sono discrete e velate, rivelatrici del pudore siculo, quello stile “Tutto perbene” per dirla con un’opera magnifica di Luigi Pirandello, dove basta un alito di vento, però, per far uscire il fuoco della passione da sotto il velo.
La scultrice non è nuova a lavorare in empatia con un testo letterario, come nella mostra intitolata “Pagine di diario” nel cui catalogo ad ogni scultura aveva abbinato un testo letterario, di poesia o di prosa a seconda delle opere. In quel caso però erano nate prima le sculture, e poi a queste erano stati associati dei testi che l’artista riteneva fossero vicini all’emozione delle sculture. In questo lavoro, invece, il processo è stato opposto.
Il titolo della mostra, “Un’esile scia di silenzio” è la citazione di un verso della poesia “Novembre” dove Antonia scrive. Al di là della scelta emozionale ed estetica, Roberta trova in questi versi la condensazione del suo intento con questa mostra. Sembra strano per una mostra di opere principalmente in pietra l’idea di esile. Quest’affermazione sembra piuttosto il segno dell’umiltà e dell’impermanenza che l’artista sceglie per suggellare il proprio lavoro. La personale è un omaggio alla Pozzi e a quello che lei ci ha lasciato, la sua eredità. La scultura per Roberta, d’altra parte, è fatta di silenzio, sia per quel che riguarda il processo creativo, nella solitudine del suo studio nella campagna romana; sia per il silenzio che circonda le sculture e che l’ha sempre affascinata. Le sculture sono la scia di silenzio dell’artista, la sua eredità, come dice la Pozzi “ciò che rimarrà di me”. E un posto così suggestivo ed intimo come l’oratorio della Passione della Chiesa di Sant’Ambrogio a Milano sembra il luogo ideale per un dialogo tra i versi della Pozzi e le sculture della Conigliaro, in una conversazione appena sussurrata.
Le opere sono per lo più in pietra, qualcuna in terracotta ed una sola in rete metallica ma questa si discosta dalle altre come una sorta di installazione, una donna a dimensione naturale seduta su una sedia a leggere, una poesia appunto della Pozzi, la stessa poetessa o una lettrice, o forse la scultrice. Le altre opere sono più piccole, fino ad un massimo di 70 centimetri. In tutto si tratta di 15 opere (di cui 13 inedite) con l’intento specifico di una mostra intima, in un luogo la cui scelta è stata fondamentale. Il percorso si muove tra figure dalle linee estremamente pulite, semplificate, meno ancorate alla tradizione rispetto ai lavori precedenti, che fissandosi nella pietra si fanno paradossalmente più dinamiche e leggere in rapporto alle donne di terracotta che per tanto tempo Roberta ha plasmato. C’è una grande classicità in queste composizioni nel senso più alto del termine. A ben riflettere se l’arte risponde al gusto, l’immersione nella natura si rinnova nel piacere eternamente uguale, sia il mare con le sue rocce e la luce calda del sud o siano i paesaggi rupestri e le montagne del nord. Per questo il percorso espositivo milanese è allo stesso tempo nel segno della tradizione e di una grande modernità. Se si visitano di seguito con lo sguardo le opere senza lasciare lo spazio alla sosta, alla riflessione meditata, l’impressione che se ne ricava è di struggente malinconia, sospesa e composta che tende a distendersi in una ricerca di quiete. C’è un profondo accordo con i versi di Antonia Pozzi con i quali Roberta non cerca sovrapposizione, né si piega alla didascalia o pretende di esserne interprete. Cambia i titoli delle opere rispetto alle composizioni, ne coglie l’essenza e ce la restituisce nel suo vissuto unico di donna di oggi, senza alcuna filologia stucchevole; per distendere la parola nell’immagine metafisica di una forza e trasparenza interiore che distilla l’inquietudine contorta e qualche volta un po’ di maniera di Antonia Pozzi.
Roberta Conigliaro Scultrice, siracusana, si trasferisce a Roma, per motivi di studio nel 1989. Si laurea in Psicologia.
Parallelamente comincia a lavorare l’argilla. Inizia così a creare le prime sculture. In seguito passa alla lavorazione della pietra. Frequenta dei corsi di scultura su marmo a Carrara imparando sia la tecnica manuale che con le macchine.
Oltre al marmo comincia a cimentarsi con altre tipi di pietre quali il travertino, la pietra leccese e soprattutto la pietra saponaria. Ultimamente ha realizzato alcuni lavori mediante l’utilizzo della rete metallica.
Dal 2002 comincia ad esporre i propri lavori partecipando anche a varie fiere e concorsi, sia in Italia che all’estero. Tra le sue mostre: “La scuola dei Generi”, galleria Cà d’Oro Roma; “Riparte 2002”, International Art Fair Roma; mostra personale, galleria “l’arco e la fonte”, Siracusa; “Profondo rosa” 2006 e 2007 (catalogo Giorgio Mondatori editore); fiera Art Verona; fiera di Innsbruck ’08 “Periplo 2006”, Palazzo del Governo di Siracusa; Tour “euart 2009”, Miami, Boston, Dubai; fiera Berlinerliste ’09, Berlino; mostra personale, studio Vera, palazzo Doria Pamphili, Roma; mostra personale “sud”, galleria quadrifoglio, Siracusa; fiera Affordable art fair 2012, Milano.
Le sue opere sono in permanenza presso la galleria iSculpture di San Gimignano e la galleria Emmediarte di Milano.
www.roberta-conigliaro.it
Milano, Antico Oratorio delle Passione di Sant’Ambrogio
Piazza Sant’Ambrogio – a sinistra della Basilica
12 novembre 2013, ore 18.00
Inaugurazione della Personale
Un’esile scia di silenzio
di Roberta Conigliaro
Letture a cura di Antonio Zanoletti, attore
Accompagnamento con la fisarmonica di Maurizio Dosi