Arriva in libreria “la voce del crepaccio” di Matthias Graziani:
conosciamo meglio l’autore
Intervista a cura di: Vincenzo CAPRETTO
Ho il piacere di intervistare Matthias Graziani autore del romanzo investigativo, fresco di stampa, “LA VOCE DEL CREPACCIO”, pubblicato da Ugo Mursia Editore.
Matthias vive a Bolzano, è bilingue, lavora come insegnante e giornalista.
La trilogia fantasy “La stirpe del vento” (2010, Armenia) segna il suo esordio nell’editoria con il quale vende più di diecimila copie. “Sottopelle” (2016, La Corte Editore) è il suo primo thriller, apprezzato anche dal grande maestro del noir Andrea G. Pinketts.
Partecipa poi con un racconto all’antologia “Notti Oscure” (2017, La Corte Editore).
Con “Quel che resta del peccato” (2018, La Corte Editore) tinge di nero la sua Bolzano.
Nel 2020, l’Accademia della Scrittura gli conferisce il primo premio per il racconto: “Vite cambiate”.
Matthias la sua passione per la scrittura come e quando nasce?
Ho iniziato a scrivere quando andavo alle medie, piccole storie, ma procedevano tutte in direzione fantasy, che era la mia passione. Adoravo anche illustrarle, disegnavo in stile manga, fin da subito c’è stata la voglia di condividere con gli altri le storie che raccontavo.
Il pubblico l’ha conosciuta grazie alla trilogia “La stirpe del vento “, che è di genere fantasy. Cosa ha inciso per questo passaggio di genere, dal fantasy al thriller? Ricordiamo il suo primo thriller del 2016 è “Sottopelle” La corte Editore. Dove si sente più a suo agio?
Credo sia stata una naturale mia evoluzione. Forse con l’età (sorride ndr), ho abbandonato il fantasy e mi sono avvicinato ad altri generi. Ricordo l’impatto emotivo piuttosto forte quando, a sedici anni, ho visto al cinema Seven, diretto da David Fincher, con Brad Pitt, Morgan Freeman, Gwyneth Paltrow e Kevin Spacey. Quell’atmosfera cupa e cruente, anche se solo molti anni dopo, ha influenzato il mio primo thriller.
Il lavoro da giornalista è stato di aiuto a creare questa storia? Ha ripreso qualche notizia proprio grazie a questo?
In realtà le mie storie non si basano su articoli che ho scritto, ma sicuramente saper fare ricerche è molto d’aiuto. Nel libro però c’è un passaggio nato attraverso l’ispirazione di un articolo che avevo scritto sulla Valle dei Mochèni, in provincia di Trento, dove gli abitanti di un paese portano avanti tradizioni antiche e vivono ancora oggi come un tempo.
Ci racconti quale è stata la scintilla che ha dato vita all’idea…
La scintilla è nata con l’arrivo dell’autunno, sa l’atmosfera aiuta soprattutto da queste parti (sorride ndr). Sono partito dal cattivo di turno, perché è quasi sempre lui il portante della storia. Volevo un killer brutale, simile a quelli che vedevo negli slasher movie anni ’80, come Micheal Myers, Jason di Venerdì 13, Leatherface, ma volevo anche che fosse legato alla mia terra, all’Alto Adige. Solo in seguito, ho scelto il periodo in cui doveva ambientarsi la storia, ovvero a fine anni ’80 e come naturale conseguenza avevo bisogno di un ragazzo, un po’ come lo ero io in quegli anni, ovvero uno dei protagonista Julian Spitaler, il ragazzo che nel libro sa interpretare le “voci” della montagna e percepisce il pericolo imminente.
Cosa ha voluto dire con la sua storia?
Vorrei solo trasmettere emozioni: di quelle forti, così che possano rimanere impresse anche dopo la lettura. Inoltre, spero di aver fatto arrivare l’atmosfera che si respira nei borghi nelle valli altoatesine, il fascino delle leggende nostrane, la bellezza dei paesaggi – brutali e immensi -, e la cultura autoctona. Ma soprattutto spero di aver trasmesso tanta suspense, adrenalina e perché no con un pizzico di divertimento.
Per i personaggi ha fatto riferimento – magari in parte – a persone reali oppure sono solo frutto della fantasia?
Preferisco lasciarmi ispirare dalla fantasia, magari prendo qualche dettaglio, sia estetico che caratteriale da persone conosciute realmente. Però, tengo a precisare che i personaggi sono completamente a sé stanti, in modo che possano prendere vita strada facendo e seguire poi il proprio destino.
Senza fare troppo spoiler, ci può dire sinteticamente dire chi è “Il Gletschmann”, ripreso anche come sottotitolo nella copertina. Magari qualche caratteristica.
Il Gletschmann fa parte del folclore altoatesino, una specie di uomo selvaggio dei ghiacciai. Io l’ho tradotto come “uomo del crepaccio”, è un killer inarrestabile che viene partorito dalle rocce dolomitiche, che si risveglia all’arrivo della prima neve con sete di morte. Come maschera indossa la pelliccia di una capra, si veste con ciò che trova, non ama la luce del sole e pare muoversi nei boschi come uno spettro, portando con sé giovani donne, facendole sparire per quasi un anno, fino al ciclo successivo.
Ritiene che la verosimiglianza sia importante oppure no visto che si tratta comunque di fiction?
Credo che mantenere la sospensione dell’incredulità sia importante. Ogni lettore si approccia a una storia sapendo già che è una fiction o che è stata rielaborata e riadattata. La bravura dell’autore sta nel “convincere” il lettore che quello che legge potrebbe essere vero, facendogli abbandonare lo scetticismo inziale e trascinandolo nel mondo immaginario della storia. Quindi sì, la credibilità deve esserci sempre, adattata al genere chiaramente.
Cosa vorrebbe che le persone dicessero del suo romanzo?
È importante che un lettore si senta coinvolto e trascinato nella lettura, che ami i personaggi e che la trama possa rimanere impressa una volta terminata la lettura.
Con una famiglia alle spalle, come fa a conciliare il tutto? Lavoro moglie, figli, scrittura…
In effetti non lo so! L’importante è stare sempre “addosso” al libro, anche se si tratta solo di rileggere o correggere qualche passaggio. Non posso più permettermi, come un tempo di restare sveglio fino alle quattro del mattino, scrivendo pagine e pagine, ora devo sfruttare ogni momento disponibile. A volte metto le cuffiette ascoltando musica d’atmosfera per non sentire le mie meravigliose bambine bisticciare (sorride ndr)
Un pregio e un difetto dei protagonisti?
Julian è molto insicuro ma ha coraggio da vendere. Karl Kastner (la guardia forestale ndr) è molto capace, forte di tanta esperienza, ma è anche troppo sicuro di sé e testardo. Lara Boschi (il commissario ndr) è schietta e fin troppo sincera, non si fa problemi, come è giusto che sia, a dichiararsi lesbica. Può immaginarsi le conseguenze, in quel periodo era ancora un vero tabù rispetto alla moda di oggi di fare coming out…
Quale autore ha influenzato o influenza ancora la sua scrittura?
Ce ne sono tantissimi, anche se credo di avere uno stile tutto mio, almeno stando a quello che dicono i lettori. Amo Stephen King, Joe Lansdale, Cormac Mccarthy, Bernard Cornwell, Don Winslow, George Martin.
Perché dovremmo leggere “La voce del crepaccio”? Cosa ha di più rispetto a un altro thriller?
Perché non è soltanto un giallo. È un romanzo di crescita e un’avventura a cavallo tra le valli più sperdute dell’Alto Adige.
Come mai in Italia abbiamo più scrittori che lettori seconde lei?
Credo sia un modo di dire, perché di lettori ce ne sono molti di più rispetto agli autori. Certamente siamo un popolo che legge poco e l’editoria, per un malsano meccanismo, si vede costretta a pubblicare continuamente per riuscire a rientrare nei costi. Di sicuro, comunque, noi genitori dobbiamo educare i nostri figli a leggere sempre qualcosa.
Può anticiparci se ha in progetto un altro libro?
Ho cominciato a buttare giù delle idee per un seguito a questo romanzo.
Vorrei porle una domanda che rompe un po’ gli schemi dell’intervista giornalista-autore. Lei vive a Bolzano. Consiglierebbe di venirla a visitare? Perché? Cosa ci troveremmo di fronte?
Assolutamente sì. È una regione incredibile, abbiamo una cultura che è diventata un insieme tra alpino e mediterraneo: c’è la cultura tirolese e austroungarica, c’è la cultura italiana e ladina. Abbiamo le Dolomiti, patrimonio dell’Unesco. Si mangia benissimo e si sta bene in qualsiasi stagione. Certo, a meno che non s’incontri il Gletschmann (ride ndr).
TRAMA:
«La voce del crepaccio» è il terzo thriller scritto da Matthias Graziani, noto scrittore altoatesino quarantatreenne, già acclamato dalla critica per «Sottopelle»: il suo primo romanzo investigativo. In quest’ultimo – «La voce del crepaccio» – in uscita il 17 ottobre, si respira un’atmosfera prettamente nordica e carica di suspense. Ambientato nel novembre del 1998 a Feldberg, in Alto Adige, dove divampa un’ondata di terrore: il mostro, il leggendario Gletschmann, alias l’uomo del crepaccio, è tornato e con lui anche un’inspiegabile scia di sangue.
Un ragazzo, Julian Spitaler, visto con sospetto dagli abitanti del Paese, sa interpretare le “voci” della montagna e percepisce il pericolo imminente. Il commissario, Lara Boschi, è stata inviata lì nella valle per indagare sul primo omicidio: quello del giovane Mirko Ties, mentre la sua fidanzata, Miss Südtirol è stata rapita. Ma in quell’area non è solo lo spauracchio del “mostro” a destare preoccupazione: anche i manipoli di sbandati che si muovono liberamente e un losco individuo, Frieda, che, indisturbato, commercia in metadone e in bambini che sottrae alle famiglie per rivenderli al mercato nero di Bled, una città slovena ai piedi delle Alpi Giulie. Le vicende si intrecciano l’una con l’altra, ma i protagonisti sono sempre gli stessi: Julian, personaggio chiave per il suo legame arcano con la montagna e la vecchia guardia forestale Karl Kastner, pluridecorato eroe della Seconda Guerra Mondiale. Un romanzo investigativo avvincente, dai personaggi profondamente caratterizzati e dall’intreccio minuziosamente descritto, con scene a grande impatto emotivo. Sullo sfondo, trionfa la maestosità delle Dolomiti e una compenetrazione mitologica tra uomo e natura, come solo in Alto Adige accade.